mercoledì 14 maggio 2014

Matt Beynon Rees, "Morte a Gaza" ed. 2008

                                                     Voci da mondi diversi. Medio oriente
                                                     cento sfumature di giallo
                                                     il libro ritrovato 

Matt Beynon Rees, “Morte a Gaza”
Ed. Cairo, trad. Massimiliano Galli, pagg. 316, Euro 17,00
Titolo originale: A Grave in Gaza


    “Che cosa ne sapete delle Brigate Saladino? Che cosa ne sapete della vita a Rafah? Questo è il luogo più dimenticato della Palestina. Qui tutto è peggio che da qualsiasi altra parte. Più martiri durante l’intifada che in qualsiasi altro posto. Più invasioni degli israeliani. Non avete idea della vita che si fa qui, o di come mio fratello lavorasse per la gente”.

     Attenzione, prego: è apparso un nuovo straordinario personaggio sulla scena del romanzo di indagine poliziesca, di nome Omar Yussef. E dobbiamo subito correggere due errori, o inesattezze, nell’affermazione appena fatta. Perché “Morte a Gaza” è il secondo libro della serie che ha per protagonista Omar Yussef e quindi il personaggio non è nuovo, ma è semplicemente sfuggito alla nostra attenzione, e lo scrittore-giornalista Matt Beynon Rees non segue da vicino i canoni del genere, offrendo anzi un’interessante variazione: il capo della polizia appare nel romanzo, ma il palestinese Omar Yussef, protagonista indiscusso, è insegnante di storia e preside di una scuola ONU in un campo di rifugiati vicino a Betlemme. Che poi la dodicenne nipote preferita gli crei un sito internet in cui, a sua insaputa, Omar si presenta come “l’agente O., dispensatore segreto di giustizia per la Palestina” che affronta “le iniquità con buon umore e un alto senso di decenza e onore”, è un tocco di umorismo tipico dello scrittore gallese, inviato della rivista “Time” a Gerusalemme.
       Dal titolo comprendiamo che il romanzo è ambientato nella striscia di Gaza, terra tormentata e senza pace, in passato, quando gli israeliani vi si stabilirono come coloni spossessando i palestinesi, e nel presente del dopo-il-2004, quando Sharon decise il ritiro dei coloni. “Questo posto è in guerra.”, dice uno dei personaggi. “Non con gli israeliani, ormai gli unici che li combattono sono gli integralisti. Siamo in guerra con noi stessi.” Si stanno ammazzando a vicenda, i palestinesi, divisi tra le due fazioni (Fatah e Hamas, mai nominate nel romanzo) che sostengono il colonnello Al-Fara (candidato presidenziale appoggiato dalla CIA) o il generale Husseini che vuole scalzarlo nelle grazie degli americani. E quello che importa, per avere il favore degli americani, è impedire gli attacchi terroristici, non toccare Israele. Ma perché è stato arrestato Eyad Masharawi, insegnante per l’ONU in un campo profughi e professore universitario? Possibile che sia solo perché ha denunciato la compra-vendita di lauree universitarie? Il suo arresto, che precede di poco l’arrivo di Omar Yussef e del collega svedese Wallender per un’ispezione alle scuole ONU dei campi profughi di Gaza, coincide con l’omicidio di un agente della polizia militare di cui viene accusato un membro delle Brigate Saladino.

Omar Yussef prova lo stesso nostro sconcerto davanti alla diversità delle forze in campo: Polizia Militare, Sicurezza Preventiva, Brigate Saladino di Gaza e le rivali Brigate Saladino di Rafah sul confine egiziano- il capo della polizia suggerisce ironicamente di fargli uno schemino per aiutarlo a ricordare, dicendogli che a Gaza nulla è ciò che sembra, a Gaza non esistono crimini isolati, ognuno è collegato a molti altri. E comunque finirà tutto molto male per molte persone, tra arresti, agguati, sequestri di persona, missili anticarro. Non prima che Omar Yussef- o Abu Ramiz, come viene chiamato, secondo l’uso arabo di appellarsi ad un uomo in quanto ‘padre’ del proprio figlio- abbia visitato le prigioni, sia stato informato sul metodo della tortura ‘manicure Husseini’, sia entrato nella casa ospitale della moglie di Musharawi e in quelle sfarzose del rettore universitario e dello stesso Husseini, abbia raggiunto il confine dell’Egitto sotto cui si scavano tunnel per il contrabbando di armi. Di un nuovo prototipo di missile, in particolare, migliore dei razzi Qassam.   

     Il cielo azzurro torna soltanto alla fine di tutta la vicenda, quando vengono rimessi nella tomba i resti del soldato inglese morto in Palestina in una guerra lontana e viene interrato il suo discendente che un gioco della sorte ha portato a morire nello stesso posto. Fino ad ora aveva soffiato il khamsin, quasi un pianto di polvere di una divinità, una tempesta di sabbia che aveva accecato il nostro mite Omar Yussef dai capelli bianchi, gli aveva riempito gli occhi di lacrime, “l’aveva soffocato finché era stato costretto a smettere di piangere”. E’ forse inutile piangere sulla nostra disgraziata umanità?

    Quando si dice che un romanzo supera i limiti del genere e ci aiuta a comprendere la realtà storica- è il caso di questo romanzo: leggetelo.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

Matt Beynon Rees

Nessun commento:

Posta un commento