lunedì 5 maggio 2014

Amos Oz, "Tra amici" ed. 2012

                                                    Voci da mondi diversi. Medio Oriente
                                                    audiolibro
                                                    fresco di lettura

Amos Oz, “Tra amici”
Letto da Paola Pitagora
Ed. emons-feltrinelli, durata 4h o3, versione integrale, Euro 15,90 (1 CD mp3), download 9,54

      Pregiudizi. E’ per un pregiudizio che non ho letto “Tra amici” di Amos Oz- scrittore che amo molto- quando il libro è stato pubblicato, nel 2012. Perché veniva presentato come un libro di racconti e, tutti lo sanno, io odio i racconti. Mi piacciono le storie di ampio respiro, quelle in cui segui i personaggi nel tempo e non vorresti mai abbandonarli. So benissimo che è più difficile scrivere un racconto, chiudere una storia in un tempo breve, che un lungo romanzo. Sarei pronta a tenere una lezione sull’arte del racconto. Dico che, naturalmente, faccio delle eccezioni (sul momento non ricordo mai quali). E però evito i libri di racconti.
     Mi è capitato tra le mani l’audiolibro di “Tra amici” di Amos Oz. L’ho ascoltato due volte, pensando a che cosa mi sarei persa. Perché è un libro molto bello. Ma non sono racconti. O forse lo sono nel senso che l’indice riporta i titoli diversi delle storie che, però, non sono pienamente concluse alla fine. Perché ogni storia è uno spot di luce su un personaggio che è circondato da altri personaggi, e quello che è il protagonista in una storia diventa poi comparsa in un’altra, qualcosa ci viene accennato di uno in un racconto che parla di qualcun altro e l’accenno si sviluppa in maniera piena in un altro racconto ancora. Sono tante microstorie per tessere la macrostoria di un kibbutz in Israele negli anni '50, sfatando anche, con lievità, il mito del giardino dell’Eden, della convivenza serena.
Anche il titolo del libro viene smentito da uno dei personaggi che dice, ad un certo punto, che tutti sono compagni ma ben pochi sono veri amici, nel kibbutz. E una certa qual infelicità serpeggia in ogni storia, nella prima in cui il giardiniere Zvi è il bollettino quotidiano di tutte le brutte notizie del mondo (“ma perché ti vuoi caricare sulle spalle tutto il male del mondo?”, gli chiede una donna che è un poco innamorata di lui), nella seconda in cui un uomo lascia la moglie per un’altra che non è affatto felice con lui e finisce per diventare amica della ex moglie, nella terza dove la figlia diciassettenne di un uomo che è rimasto vedovo e ha perso il figlio maschio in guerra diventa l’amante dell’insegnante David che era stato amico del padre. L’affascinante David- le donne si mettono in coda davanti alla sua porta, dice un pettegolo. Tutti sanno che David ha avuto parecchi figli da donne diverse. Sapremo dopo, en passant, che la ragazza lo ha lasciato, così come lo impareremo a conoscere sotto un altro aspetto, perché David è un bravo insegnante che si preoccupa dei suoi studenti anche fuori della scuola. Si preoccupa per Moshe, a cui viene dato un permesso speciale per andare a trovare il padre in ospedale. Sono più le ore che Moshe passa sull’autobus che quelle che riesce a stare a fianco del padre che ha l’Alzheimer- una storia che stringe il cuore. Così come quella del bambino che non vuole più stare nella stanza comune dei bambini a dormire, ha cinque anni, si succhia il pollice, lo prendono in giro, gli squartano il pupazzo preferito- il padre è tenero con lui, lo terrebbe a casa, la madre è durissima, sul fondo le discussioni sul metodo stesso di far crescere i bambini come figli di tutti.
E’ il comunismo versione israeliana- un personaggio dice che i kibbutzim adorano Marx e che ci vorranno forse venti anni prima che le regole si allentino un poco, prima che si sia meno fanatici. Un ragazzo riceve la proposta di andare a studiare in Italia da parte di uno zio che vive là, ma non è libero di decidere da solo: gli permetteranno di accettare e di partire? È giusto nei confronti degli altri? Non devono considerarsi mobilitati tutti quelli che appartengono alla generazione della Shoah o a quella seguente? E il ragazzo scalpita, vorrebbe farsi una sua vita, andare via, lontano, come ha fatto lo zio.

   Ho detto che ho ascoltato il libro due volte. Perché volevo annodare il filo di seta che lega le storie, volevo cogliere i cenni dell’una dentro l’altra, volevo incastrare le tessere del puzzle e avere davanti il quadro completo. E poi, la voce di Paola Pitagora mi incantava, arricchiva la 'lettura' di un libro molto bello, scritto da uno dei più grandi scrittori israeliani.

                                                         

Nessun commento:

Posta un commento