Voci da mondi diversi. Giappone
Ed.
Inari, trad. A. Ozumi, Euro 18,00
Era il 2015 quando Itō Shiori aveva accettato un invito a cena da parte di Noriyuki Yamaguchi, giornalista televisivo molto noto e biografo dell’allora primo ministro Shinzo Abe, per discutere con lui di una possibile proposta di lavoro. Lui l’aveva fatta bere, lei si era risvegliata in una stanza d’albergo- lui l’aveva violentata. Forse Itō Shiori sarebbe dovuta andare subito a fare la denuncia, invece era andata in un ambulatorio ginecologico per farsi dare la pillola del giorno dopo. Passeranno cinque giorni prima che vada dalla polizia- ed è la penosa trafila per essere ascoltata e per ottenere giustizia che Ito Shiori racconta in “Black Box”.
Nella
prima parte del libro Itō Shiori ci parla di sé e della sua vita ‘prima’- ne
viene fuori il ritratto di una ragazza brillante e ambiziosa, piena di
iniziative, con esperienze di viaggi e soggiorni di studio e lavoro all’estero.
Non è certamente una sprovveduta quella che si è recata all’appuntamento con
Yamaguchi. E, ricostruendo i fatti, le appare chiaro che il giornalista debba
averle fatto assumere la ‘droga dello stupro’ o, più semplicemente, abbia messo
un sonnifero nel suo bicchiere. Solo quello può spiegare la sua perdita di
coscienza comprovata dalla videocamera all’ingresso dell’albergo che la
mostrano trascinata verso l’ascensore da Yagamuchi.
Non ci sono leggi recenti in Giappone che riguardino gli stupri, la parola stessa viene evitata con eufemismi, nella sua denuncia Itō Shiori si scontra con reazioni di cui purtroppo conosciamo molto bene i meccanismi- uguali anche da noi. Leggiamo delle domande umilianti a cui deve rispondere, del sospetto accusatorio che lei fosse consenziente, della difficoltà ad intentare una causa per mancanza di testimoni, della paura di ritorsioni che la spingono a chiedere ospitalità ad una amica, della vergogna, non sua, ma della sorella e dei genitori che le chiedono di non dire il suo cognome.
E invece per Itō Shiori questa diventa una
battaglia da combattere per tutte le donne, perché sua sorella non debba
passare attraverso quello che sta soffrendo lei, il suo libro è come una
bandiera da sventolare perché la parola di un uomo smetta di essere più valida
di quella di una donna, perché vengano aperti centri di supporto dove le donne
possano rivolgersi subito ‘dopo’ e ricevere cure fisiche e psicologiche
adeguate. Perché Itō Shiori parla molto di questo, di come sia stato un trauma
profondo, impossibile da dimenticare, di come le abbia instillato la paura di
essere avvicinata da un uomo- nelle ricerche da lei fatte non sono pochi i casi
delle ragazze che si sono suicidate. Ed è significativo che, in una graduatoria
del numero di denunce per stupro, al primo posto sia la Svezia e all’ultimo sia
il Giappone con un ridicolo 1%. Non vuol dire che ci sono più uomini pervertiti
in Svezia e meno in Giappone. In Giappone si tace, in Svezia la polizia dà
seguito alle denunce.
In Giappone il mandato di arresto per Yamaguchi fu ritirato all’ultimo momento e il suo caso tolto dal capo della polizia che si occupava delle indagini- chi c’era di così potente alle spalle di Yamaguchi? Ad essere sinceri pensavo che una cosa del genere non potesse accadere nell’onorevole Giappone.
Non è un romanzo, ma è un libro
sconvolgente che sia le donne sia gli uomini dovrebbero leggere- peccato che
non saranno certo i ‘possibili’ stupratori’ a leggerlo.
Nel 2017 Itō Shiori è diventata ‘il volto’
del movimento Me Too, contro le
molestie sessuali e le violenze sulle donne.
Nel 2019 Itō Shiori ha vinto la causa contro
Yamaguchi.
Nel 2020 il governo giapponese ha annunciato
una serie di riforme per ridurre le violenze sessuali nel paese.
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