Credit Christine Lee |
La mia
mail raggiunge Pitchaya Sudbanthad mentre è a Bangkok. Gli scrivo che lo
invidio, ma si è fidato a viaggiare? Mi risponde che Bangkok è Covid-free. Lo invidio
ancora di più. Le sue risposte alle mie domande sul suo affascinante romanzo “Sotto
la pioggia” smorzano la mia nostalgia per la città il cui nome significa ‘la
città degli angeli’.
Il
mio romanzo è cresciuto in maniera orchestrale. Ero alla ricerca di un libro e
penso che ogni filone sarebbe potuto diventare un libro a sé, ma ho finito per
continuare con le diverse parti. E queste hanno poi finito per collegarsi in un
tutto unico. Sembrava che ogni narrativa avesse una vita sua propria, ma con le
scelte che facevo, l’assemblaggio e i ritocchi, ho saputo fare sì che parti
molto diverse in apparenza si muovessero l’una con o contro l’altra.
In un
cero senso mi sentivo come un compositore anche se sapevo molto poco di musica.
Una volta che ho fatto una prima bozza, ho ‘riascoltato’ tutto l’insieme, ho
apportato modifiche o aggiunto quello che serviva. In seguito ho lavorato con
il mio editor, che mi ha aiutato a creare più continuità dove non mi ero
accorto ce ne fosse bisogno.
Alcune parti di quello che avevo scritto non sono state incluse nella stesura definitiva, ma penso che sia meglio così. C’è una storia più ampia che spero i lettori possano avvertire nel mio romanzo, anche se non l’ho descritta del tutto.
Chi le si
è presentato per primo in mente, tra i personaggi?
Il
primo filone narrativo a cui ho pensato è stato quello della donna che gestisce
il ristorante Thai in Giappone. Pensavo alla mia esperienza di vivere lontano
dalla Thailandia quando era difficile trovare cibo thailandese e gli
ingredienti dovevano veramente arrivare nelle valigie degli amici e dei
parenti. Dopo aver scritto l’inizio di quel filone, ho iniziato a pensare al
personaggio della sorella della donna, e poi la casa e i suoi proprietari si sono
presentati alla mia mente, seguiti dal dottore missionario e dal musicista di
jazz. Era come se avessi creato un palcoscenico in un teatro e i personaggi andassero
e venissero.
Penso che,
nel suo insieme, il romanzo sia un’elegia ad una città: è Bangkok la vera
protagonista?
Bangkok è una città così grande e complessa. Non c’è una sola Bangkok. È una città che può essere il paradiso per alcuni e l’inferno per altri. È un antico scenario di templi e stupa oppure è un altro scenario di treni monorotaia e insegne pubblicitarie digitali ovunque. È sempre stato un posto che attrae gente da ogni luogo, e per loro Bangkok è qualcosa di diverso da quello che è per chi ci è nato. Definitivamente è un tipo di città se si hanno soldi e un altro se non se ne hanno. È una città che, come tutte le città, è in movimento costante di auto-costruzione e auto-distruzione.
In quel senso, la città è come un personaggio con molti conflitti e contraddizioni, ma non penso che si possa capire Bangkok, o Krungthep, come è chiamata dai thailandesi, come se fosse un personaggio principale. Non c’è romanzo grande abbastanza per quello. Quello che spero di essere stato capace di fare è rappresentare vite immaginarie che si intersecano in Bangkok attraverso il tempo e lo spazio, e creare perciò il senso di una città come una creatura dalle molte facce e anime, nel passato, ora, e forse nel futuro.
Ho letto
che vive per lo più negli Stati Uniti. Le manca la sua città? Che cosa le manca
di più? sente ancora di appartenere a Bangkok?
Ogni volta che sono lontano, mi manca tutto di Bangkok. Quando sono qui, mi lamento di continuo del caldo, del traffico e delle zanzare. È un privilegio fortunato poter andare avanti e indietro con quello che a volte chiamo un punto di vista straniero-indigeno. Perché posso parlare, leggere e scrivere in thailandese quando sono con la mia famiglia a Bangkok, posso prendere parte alla vita quotidiana della città, ma posso anche vederla con una sorta di distanza giornalistica. C’è sempre una negoziazione di identità ovunque io sia, che penso sia piuttosto normale in una società molto globalizzata.
Chiama spesso
Bangkok con il suo vero nome, Krungthep, e dopo dà un nuovo nome alla città del
futuro che sprofonda, Krung Nak. Mi sono chiesta se significasse ‘città dei
fantasmi’, perché questo è quello che è diventata- fantasmi di edifici,
fantasmi di persone, fantasmi del passato: una città di angeli e fantasmi.
Un nak
è una creatura mitica, un serpente che dimora in un mondo acquatico. Si
potrebbe dire che il mondo in cui vive è un paradiso affondato, che può darsi
benissimo sia quello che diventerà Bangkok.
Qualunque sia il futuro, Bangkok, o Krungthep, è un posto che cambia
velocemente. Perciò è anche una città inquietante. Il passato rimane, anche
mentre la città evolve. Là dove si erge una nuova torre condominiale, si può
ancora vedere una piccola casa costruita secondo il rito per gli spiriti della
terra. L’antico e il futuro, il concreto e l’intangibile, lo spirituale e lo
scientifico- coesistono tutti nello stesso fluire di vite e di eventi.
Ci sono modelli ricorrenti, sia per gli
individui sia per la società nel suo insieme. Si fanno gli stessi errori,
continuano le stesse disfunzioni, ma continuano anche a lungo l’amore e altre
meraviglie.
Ho visto fotografie delle alluvioni del 1977 e del 2011. Il destino della città mi ha fatto pensare a quello di Venezia. Stanno lavorando per impedire questo destino che sarebbe una perdita enorme per l’umanità, oltre ad essere una tragedia per gli abitanti?
Ero
là nel 2011 per aiutare i miei genitori a costruire un muro di sacchi di sabbia
per la loro casa. Siamo stati fortunati nel non essere stati molto colpiti
dall’inondazione, sarebbe potuta facilmente diventare molto peggio.
Rabbrividisco ancora ogni volta che vedo l’acqua alzarsi nelle strade dopo un
temporale.
Non sono certo di che cosa si stia progettando
di fare adesso a Bangkok, ma è una città che condivide una sorte con molte
altre nel mondo minacciate dalla crisi climatica in atto. Non penso che siano
in tanti a rendersi conto della profondità e della portata della perdita
potenziale che deriverà dalle emissioni di carbonio da attribuirsi
principalmente ad un’irresponsabile industria di combustibili fossili.
Come
città, Bangkok è ancora piena di fumi di scarico, polvere e fumo. Così tanti
rifiuti vengono prodotti mentre la città cresce. Per essere un popolo che crede
nella nozione del karma, pochissimi thailandesi pensano alle conseguenze del
nostro modo di vita attuale. L’accumulo di capitale da parte di pochi ha la
precedenza sulla salute e il benessere di molti e dell’ambiente. Bangkok è stata
a lungo un luogo di estrazioni di valore dove l’avidità umana ha operato contro
la natura nel mondo fisico che condividiamo in modo da supportare aspettative
non realistiche e insostenibili di un’astratta crescita economica. Quello deve
cambiare prima che sia troppo tardi per tutti noi.
Il ricordo di Ayutthaya, la bella capitale antica, è sempre presente, come angelo custode di Bangkok. Significa che, qualunque cosa accada- e speriamo che non accada-, Bangkok manterrà la sua gloria per sempre, come Ayutthaya?
Ayutthaya
declinò e fu saccheggiata dall’esercito birmano. La gloria che possedeva ora
sopravvive soltanto in forma di rovine carbonizzate. Spero proprio che Bangkok
possa evitare l’eredità di quel tratto di storia, almeno a breve termine. Alla
fine tutte le città diventano i resti di quello che erano. Quando ho visitato
Ayutthaya e altre grandi città di una volta, come Sukothai, ho camminato tra le
rovine cercando di sentire quello che avevano provato gli abitanti del passato,
al tempo quando la città era il luogo della loro vita quotidiana e tutto poteva
sembrargli come se sarebbe durato per sempre. Il cambiamento è la forza
maggiore e più inevitabile nell’universo conosciuto.
Le pagine
più dolorose del libro sono quelle delle insurrezioni del 1973 e 1976, con il
massacro degli studenti e dei manifestanti. Lo scorso ottobre c’è stata una
nuova insurrezione: è vicina la fine della monarchia, in Thailandia? Non c’è il
rischio di una dittatura militare?
La maggior parte delle persone che visitano la
Thailandia spesso non vedono al di là della facciata esterna di belle spiagge e
cibo delizioso, ma se guardano meglio, vedranno facilmente le gerarchie e le ingiustizie che portano a insurrezioni
ogni qualche anno.
Penso che molti in Thailandia vogliano che il paese emerga da un ciclo vizioso di disuguaglianza e disfunzione politica che sono state a lungo il suo maggiore ostacolo. Credo che i giovani adesso, come i loro predecessori, siano ansiosi di definire il loro futuro in una vera democrazia. C’è sempre stato un tiro alla fune fra ideali e priorità diversi di molte classi e generazioni mentre il paese passa attraverso cambiamenti, con lo sfondo di ancora maggiori cambiamenti sociali nel mondo. Si incominciano a sentire gli effetti della crisi climatica globale che si aggiunge alla complessità del quadro. Non so che cosa accadrà.
Di certo sarà
consapevole dell’aspettativa intorno al suo prossimo romanzo. Non deve essere
facile dopo un debutto così notevole. Sta già lavorando ad un altro romanzo?
In genere non parlo molto di quello a cui sto
lavorando. Posso solo dire che sono in una fase di esplorazione e sperimentazione.
Spero che i risultati saranno degni dell’attenzione e del tempo dei miei
lettori.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it
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