martedì 30 settembre 2014

Roberto Riccardi, "Venga pure la fine" ed. 2013

                                                          Casa Nostra. Qui Italia
guerra dei Balcani
cento sfumature di giallo


Roberto Riccardi, “Venga pure la fine”
Ed. e/o, pagg. 231, Euro 16,50


    La frase arriva secca come una fucilata. Le parole risuonano nell’aria e vi ristagnano insieme all’odore marcio della sconfitta.
  Non c’è altro da aggiungere. I preparativi sono condotti in fretta, la popolazione è allertata. Poi vengono le proteste, le minacce, la paura. Infine la colonna dei mezzi varca i cancelli col suo carico di donne, vecchi e bambini. Srebrenica adesso è un paese di maschi.
   Gli adulti- fra loro anche ragazzi di quattordici anni- restano tutti insieme ad aspettare il destino. Non sarà benigno, è la sola certezza che hanno.

     Bosnia-Erzegovina, 1995. Un gruppetto di resistenti braccati dai serbi in un bosco. Una scena di violenza: una donna- è bella, è musulmana- viene stuprata dal colonnello Dragojević che poi le spara un colpo in testa.
    “Un altro tempo, un altro luogo. Neanche troppo lontano”, Alba in Piemonte. Il tenente dei carabinieri Rocco Liguori riceve l’ordine di recarsi all’Aja dove è stato istituito un tribunale internazionale per i crimini di guerra. E’ successo qualcosa per cui la sua presenza è necessaria. Milan Dragojević, ‘uno dei peggiori bastardi mai apparsi sulla terra’, il macellaio di Gračanica incriminato per la strage di Srebrenica, giace in coma nell’ospedale psichiatrico in cui era ricoverato per depressione. Pare abbia inghiottito una massiccia dose di farmaci- ma si tratta veramente di un suicidio? Liguori conosce bene Dragojević: nel 1995, giovanissimo e destinato a fare carriera, aveva avuto un ruolo determinante nella cattura del fantomatico Dragojević. Di più. In seguito aveva accettato un accordo insolito con il criminale prigioniero: avrebbe risposto alle sue lettere- era quello che Dragojević aveva chiesto esplicitamente. E suo malgrado si era sviluppata in lui una sorta di dipendenza da quello scambio di missive in cui esponevano la loro opinione sui libri e sugli argomenti di discussione che questi proponevano- la ciclicità immutabile della Storia, la natura del crimine e la sottile linea che separa il criminale occulto da quello manifesto. Circa due anni prima, tuttavia, senza un motivo preciso, Rocco aveva interrotto quella corrispondenza. Poteva essere stata la causa scatenante della depressione di Dragojević?
   “Venga pure la fine” è un bel libro che mescola la Storia della sanguinosa guerra dei Balcani con una singolare caccia all’assassino- è un criminale di guerra- e ad un’altrettanto singolare indagine di tipo poliziesco per appurare se Dragojević abbia voluto uccidersi o se invece qualcun altro abbia fatto il tentativo, per vendetta o per chiudergli la bocca per sempre o per anticipare il verdetto di una giustizia incerta. La trama del libro e i quesiti che pone sono, però, più di questa breve sintesi. La guerra è un terreno minato, l’etica di guerra fa a pugni con il senso morale che dovrebbe essere innato nell’uomo, il confrontarsi quotidiano con la morte porta a dimenticare i limiti, fino a dove ci si possa spingere per obbedienza, fino a dove si possa arrivare per fare giustizia. Dragojević è un criminale, questo è certo. Chi altro c’è, però, dietro di lui? chi lo ha mandato avanti ad eseguire la parte sporca della ‘pulizia etnica’? c’è qualcuno senza colpe, in guerra? perfino la Croce Rossa che riveste il manto dell’equità- è giusto fornire medicine per salvare la vita dei criminali?

   In un alternarsi di passato e presente il racconto procede veloce, con un linguaggio che ha, allo stesso tempo, del quotidiano e del raffinato, che, in poche parole, riesce a tracciare un quadro della Storia in Bosnia e, contemporaneamente, della storia di Rocco Liguori per cui quel viaggio ‘nel cuore di tenebra’ è un percorso di crescita. Incontrerà molte persone, Rocco, nel viaggio in cui scopre anche la bellezza selvaggia del luogo- il simpatico autista per metà italiano e per metà inglese che lo chiama marshallo e gli organizza incontri amorosi, il capitano del corpo d’élite del Regno Unito, l’affascinante Jacqueline della Croce Rossa, ragazze e ragazzi bosniaci con cui va a bere pivo e a mangiare ćevapčići (birra e hamburger) parlando di Ivo Andrić- e ritroverà, a sorpresa, alcune di queste all’Aja, troppo vicino a Dragojević. “La Bosnia fra i miei pensieri, nelle pieghe dell’anima”, ricorderà più tardi, quando pensa di essersi lasciato la guerra alle spalle ed è chiamato invece all’Aja. La morte semina morte- è un caso che, mentre Dragojević forse sta morendo, altri due criminali di guerra abbiano incontrato una morte dall’apparenza accidentale? Tutti con complesso di colpa ritardato?
   Sotto la veste di romanzo di genere Roberto Riccardi ha scritto un libro bello e di grande significato ed è proprio un caso che la sua pubblicazione coincida con la notizia (1 novembre 2013) del ritrovamento della più grande tomba di massa in Bosnia, a Tomasica- più di trecento corpi, uomini e donne appartenenti all’etnia bosniaco-croata uccisi nel 1992.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


  

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