domenica 28 settembre 2014

Edmund de Waal, "Un'eredità di avorio e ambra" ed. 2011

                                                        il libro ritrovato



Edmund de Waal, “Un’eredità d’avorio e ambra”
Ed. Bollati Boringhieri, trad. Carlo Prosperi, pagg. 388, Euro 18,00

     Netsuke: è una piccola scultura di manifattura giapponese in avorio, o ambra, o legno pregiato. E’ un oggetto da collezione, anche se all’origine, nel XV secolo, aveva la funzione di tenere fissato alla cintura del kimono il cordoncino da cui pendeva un portamonete, o un porta medicine.
Edmund de Waal, l’autore di “Un’eredità di avorio e ambra”, si è ritrovato ad essere il proprietario di 264 netsuke alla morte dello zio Iggie. Lui, meglio di chiunque in quanto ceramista, è in grado di apprezzarne la bellezza squisita, la perfezione artistica e il valore. Valore non solo in quanto oggetti preziosi ma anche- e ad un certo punto soprattutto- in quanto oggetti che hanno condiviso la storia della sua famiglia per quasi un secolo e mezzo.
Sono i netsuke che spingono Edmund de Waal sul sentiero del passato, e non potrebbe essere diversamente, essendo loro stessi voci silenti di un passato ancora più lontano nel tempo e nello spazio. Tutto nasce, forse, da una prima domanda: come sono arrivati questi oggetti in mano al loro primo proprietario, Charles Ephrussi, cugino del bisnonno dello scrittore, Viktor Ephrussi? La storia inizia a Parigi, dunque, negli anni ‘70 dell’800, dove Charles Ephrussi è arrivato da Odessa dove, a sua volta, suo padre e suo zio erano arrivati da Berdicev, la cittadina ucraina che diede i natali a Joseph Conrad e a Vassilij Grossman. Erano commercianti di grano, gli Ephrussi, divenuti poi banchieri. Enormemente ricchi, ebrei non praticanti che frequentavano- ovunque vivessero, Odessa, Parigi, Vienna, San Pietroburgo- la migliore società, citati, o presi a modello, nella Recherche di Proust e nei romanzi di Joseph Roth.
  
Odessa
Nella prefazione lo scrittore dice di non volersi lasciare invischiare nelle dinamiche della saga d’altri tempi e scrivere un’elegia della perdita “in salsa mitteleuropea”. E infatti non lo fa. Tuttavia, alla fine, si ritrova a dubitare, “non so più se questo libro parli della mia famiglia, della memoria, di me, o se sia ancora un libro su certi oggettini giapponesi”. Il libro è tutto questo, in realtà. I netsuke sono il filo conduttore che conduce lo scrittore da Parigi a Vienna e poi in Cecoslovacchia, in Inghilterra, a Tokyo e a Odessa per finire a Londra, attuale dimora dei netsuke nella casa dello stesso Edmund de Waal. Sono i netsuke a dettare lo stile, accurato, raffinato, minuzioso senza essere pedante. E, con la stessa precisione con cui si distinguono le fattezze del minuscolo monaco che si nasconde sotto una campana o quelle della tigre o della lepre con gli occhi d’ambra che dà il titolo originale al romanzo, balzano fuori dalle pagine personaggi e ambienti, ‘ritrovati’ dallo scrittore nelle fotografie, nelle lettere, nelle testimonianze di altri. Charles, il dandy parigino, Viktor che non era nato per fare il banchiere ma aveva preso il posto del fratello (fuggito con l’amante del padre), sua moglie Emmy dai molti amanti, la studiosa Elisabeth (nonna dello scrittore), lo zio Iggie che avrebbe riportato i netsuke in Giappone (dove aveva trovato il compagno della sua vita), la poltrona gialla di Charles (citata da Jules Laforgue) e il mobile-vetrina con i netsuke, gli abiti e le pettinature. Ma anche la Storia con l’imperatore Franz Josef e Hitler, la prima e la seconda guerra mondiale, la notte dei cristalli e l’angoscioso dilemma se partire o restare. Finché la decisione si era imposta da sola, quando gli Ephrussi ormai erano stati spossessati di tutto.   

     Non è un romanzo sulla perdita, quello di de Waal. Piuttosto sulla scomparsa di un mondo- che è poi anche una perdita. E tuttavia quello che si è gloriosamente salvato, quello che ci è giunto attraverso le peripezie di una famiglia (che sono quelle del popolo ebraico), la straordinaria collezione di netsuke, ci parla di altro, di una ferrea volontà di sopravvivere e di ricominciare. Di tramandare e di non dimenticare.

     Questo è un libro prezioso, tanto quanto i netsuke. Questo libro è un netsuke.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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