lunedì 1 settembre 2014

Elizabeth von Arnim, "Vera" ed. 2006

                                                         il libro ritrovato


Elizabeth von Arnim, “Vera”
Ed. Bollati Boringhieri, trad. Mia Peluso, pagg. 242, Euro 17,00


    Si chiamino Ingeborg, come la protagonista de “La moglie del pastore”, o Rose-Marie (“Lettere di una donna indipendente”), Anna Rose o Anna Felicita (“Cristoforo e Colombo”), Fanny (“Mr. Skeffington”), Lucy (nel romanzo appena uscito, “Vera”), siano sposate o no, giovani o di mezza età, sono sempre deliziose le protagoniste dei romanzi di Elizabeth von Arnim. Hanno delle qualità di freschezza, di intelligenza curiosa, di integrità e di profonda innocenza che le rendono uniche; sono figure di donne che vivono nel loro tempo- l’inizio del ‘900- e tuttavia sono al di fuori di qualunque tempo, con quello sguardo così limpido che va dritto al cuore delle cose, trapassando le barriere delle convenzioni o degli stereotipi. Sono indimenticabili.
   Il titolo dell’ultimo romanzo pubblicato da Bollati Boringhieri (e ci piace sottolineare che fu dato alle stampe per la prima volta nel 1921) è “Vera”, e tuttavia Vera è già morta quando il libro inizia e la vicenda è quella della giovane Lucy: nomi simbolici entrambi? Quando Everard Wemyss  incontra Lucy, lui ha appena perso la moglie Vera e a lei è appena morto il padre. E il carattere dei due personaggi è già tutto nel loro primo scambio di parole, nella loro diversa reazione al lutto. Tristezza forzata quella di Wemyss, seccato da un isolamento imposto dalle convenzioni sociali e desideroso di sfogarsi con qualcuno nell’egocentrica convinzione di essere l’uomo più disgraziato della terra- che sciocca era stata Vera, a scivolare sul parquet e a cadere fuori dalla finestra! E che infami i sospetti messi in giro da una delle cameriere: perché mai Vera avrebbe dovuto suicidarsi? Tocca a Lucy, luminosa come il suo nome, consolarlo, lei che è muta davanti alla perdita di un padre molto amato.
Che poi Lucy si innamori di Wemyss e lui di lei, è scontato. Niente di più naturale per la ventiduenne che sembra una bambina subire il fascino dell’uomo più anziano- che sollievo che ci sia qualcuno che si prenda cura di lei al posto di suo padre, e Wemyss è persino meglio di suo padre che la faceva sempre sentire poco intelligente e poco colta. Niente di più ovvio anche per Wemyss, che trova qualcuno da dominare con una tirannia camuffata da dolcezza e da affetto mielato.
    Sembra un minuetto il romanzo della von Arnim, ma quello che ci può essere di lezioso nella danza di questi personaggi viene annullato da una sorridente ironia, da un umorismo gentile come quello della Jane Austen. E’ come una leggera commedia in tre tempi: il corteggiamento, il viaggio di nozze che è quasi una fuga, il ritorno a casa. L’insinuarsi di Wemyss nella vita quotidiana di Lucy, la scoperta del sesso (accennata con discrezione squisita dalla scrittrice) e una strana sonnolenza continua, le prime sorprese al ritorno. E qui la commedia prende i colori del dramma, perché Wemyss porta la giovane sposa nella casa che è stata di Vera, quella in cui Vera è morta. Elizabeth von Arnim è troppo brava per non averci sottilmente preparato al cambiamento dell’uomo, le avvisaglie c’erano già: quando era che Lucy aveva iniziato a temere i suoi umori, a capire che non si poteva contraddirlo, ad annoiarsi un poco davanti ai suoi bamboleggiamenti? Ma Lucy è fragile, Lucy si ammala e si lascia imprigionare, ed allora Vera diventa la vera eroina del romanzo a cui dà il titolo, la donna che ha combattuto con tutte le sue armi contro i soprusi, fino ad un gesto estremo che noi comprendiamo appieno e Lucy forse solo in parte.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos





                                                                                            

1 commento:

  1. Romanzo meraviglioso e agghiacciante: ti coinvolge in una spirale tremenda, che nella freschezza e nell'ingenuità della protagonista trova il terreno per condurre all'annientamento di sè. Una prosa talmente potente, che ti fa rivivere, come se tu fossi Lucy, la disperazione di sentirsi a poco a poco condurre, inesorabilmente, verso l'abisso ...

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