mercoledì 12 ottobre 2016

Margery Allingham, “Il premio del traditore” ed. 2016

                                 Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA


Margery Allingham, “Il premio del traditore”
Ed. Bollati Boringhieri, trad. M. Morpurgo, pagg. 270, Euro 14,03

       Siamo abituati a considerare Agatha Christie come la maestra indiscussa del giallo. Eppure c’è un’altra scrittrice, di una quindicina di anni più giovane di lei, che è altrettanto famosa in Gran Bretagna per lo stesso genere di libri, e il suo protagonista, Albert Campion, gode di una notorietà pari a quella di Poirot. Si tratta di Margery Allingham, nata a Londra, figlia di madre e padre scrittori, autrice di un numero prodigioso di romanzi- cosa tanto più stupefacente in quanto gran parte di questi furono scritti in anni molto bui, durante la seconda guerra mondiale.
   La trama del romanzo “Il premio del traditore”, scritto nel 1940 e appena pubblicato dalla casa editrice Bollati Boringhieri, ha proprio a che fare con la guerra. Il personaggio principale è Albert Campion, il detective gentleman (indossa abiti fatti su misura da una nota sartoria con il suo nome ricamato all’interno) che appare in una serie che è stata anche adattata per la televisione dalla BBC.  Campion si risveglia in un letto d’ospedale, all’inizio del romanzo. E non ricorda nulla. Né che cosa gli sia successo e tanto meno il suo nome. Sente parlare nel corridoio. Sente dire di un poliziotto ucciso: lui ha ucciso un poliziotto? Decide di scappare. Ma come, se ha addosso solo il camice dell’ospedale? Anche se la sua memoria è tabula rasa, c’è un’altra memoria attitudinaria che funziona ancora benissimo, come si vede nell’inventiva e la prontezza con cui riesce ad uscire, a rubare (almeno, lui pensa di averla rubata) una automobile e dirigersi fuori città.


    Come Albert Campion venga raggiunto da amici che lo conducono proprio dove doveva andare- lo leggerete voi perché il libro è ricco di sorprese e suspense, avvolto nella nebbia dell’amnesia di Campion. Il quale cerca di afferrare pezzetti della realtà senza sapere affatto se la sua ricostruzione del puzzle sia giusta o gli incastri siano casuali. Ad esempio: la ragazza che è venuta in suo soccorso, che è così amabile e che si chiama Amanda- è sua moglie? Viene fuori che è la sua fidanzata ma che intende lasciarlo. Sembra anche che sappia un sacco di cose su di lui e su quello che dovrebbe fare. Ecco: che cosa deve fare Albert Campion? Anche se non ricorda, sente che c’è una scadenza di vitale importanza, qualcosa che deve fare entro una certa data- il 15, forse, visto che questo numero pare riapparire in parecchie occasioni?- altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. In più c’è la faccenda dell’uomo che viaggiava sull’automobile insieme a Campion e Amanda, la sera della sua fuga dall’ospedale, che è stato ritrovato morto, ucciso subito dopo che lo avevano lasciato all’ingresso della sua casa.

    Non aspettatevi i ritmi vertiginosi dei thriller mozzafiato dei nostri tempi. Il romanzo della Allingham gioca con bravura eccezionale sul far procedere l’azione all’insaputa del protagonista che avanza alla cieca, basandosi sull’intuito, senza mai sapere chi egli conosca delle persone che incontra e da chi debba guardarsi. E per fortuna ha a fianco un personaggio che è un mix del fedele maggiordomo e del ‘doppio’ del detective e che ci ricorda (come tanti altri dettagli) i romanzi di Dickens. Della trama non posso dire altro, se non che, per quanto improbabile sia sembrata all’epoca, si scoprì in seguito che nelle alte sfere si era pensato proprio a qualcosa del genere, anche se nulla era stato fatto. C’è un’altra cosa che, però, vorrei sottolineare, perché mette in mostra la sottigliezza psicologica della Allingham.
M. Allingham nel 1940
L’amnesia di Campion, per quanto disastrosa, ha un risvolto positivo. Lui non sa più chi è e si comporta in maniera diversa- glielo rivelano gli sguardi sorpresi di Amanda. E’ come se, privato della corazza del suo ‘io’ ufficiale, Albert potesse portare alla luce un altro ‘io’ più tenero, dalla sensibilità insospettata.

     Un classico da riscoprire.

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