lunedì 31 ottobre 2016

Sylvain Tesson, “Beresina. In sidecar con Napoleone” ed. 2016

                                                     Voci da mondi diversi. Francia
                  la Storia nel romanzo
                  FRESCO DI LETTURA

Sylvain Tesson, “Beresina. In sidecar con Napoleone”
Ed. Sellerio, trad. Roberta Ferrara, pagg. 188, Euro 15,00

      “L’idea di fare un viaggio nasce sempre durante il viaggio precedente”, sono le parole di esordio del nuovo libro di Sylvain Tesson di cui abbiamo già apprezzato lo stile dal taglio secco, giornalistico e venato di umorismo, in “Nelle foreste siberiane”. Un umorismo che affiora subito, nella frase seguente che spiega l’altra, una vera boutade, “L’immaginazione trasporta il viaggiatore lontano dal ginepraio in cui è andato a cacciarsi.” A Sylvain Tesson piacciono le situazione estreme- lo abbiamo capito. Il titolo, “Beresina. In sidecar con Napoleone”, è già un programma. Tra il 25 e il 29 novembre del 1812, in ritirata da Mosca, la Grande Armata di Napoleone, ridotta a solo 100.000 uomini, attraversava il fiume Beresina su ponti costruiti in sostituzione di quello distrutto dai russi. L’esercito francese fu raggiunto dai russi comandati dal generale Kutuzov- fu una strage. Il dizionario francese, alla voce ‘Beresina”, riporta l’espressione ‘è una beresina’ che indica una situazione disastrosa.

Sylvain Tesson si muove sulle tracce della Grande Armata insieme a due amici francesi e a due russi. Partono da Mosca in sidecar (una Ural, famosa marca sovietica) duecento anni dopo la disfatta. Partono il 2 di dicembre, non è la data esatta ma è l’anniversario dell’incoronazione e anche della vittoria di Austerlitz. E poi sventolano il ben noto bicorno napoleonico. “Mancavano i fantasmi. Ma quelli aspettavano sul ciglio della strada.”
     In tutta la letteratura di viaggio, quello di Tesson è uno dei più memorabili che abbia letto. Perché è un viaggio sulla falsariga di un altro del passato (seguendo le varie tappe si torna spesso le pagine a riguardare le due mappe che segnano l’itinerario della Grande Armata e quello di Tesson), perché per onestà Tesson e i suoi amici cercano le stesse situazioni- certo, non sono né a piedi né a cavallo, ma un sidecar è una piccola bara di ghiaccio e quello che è al posto di guida, anche se attrezzato con tuta termica e casco, corre il rischio di abbandonarsi al sonno indotto dall’ipotermia.
Ci sono poi le disavventure lungo il percorso, i guasti al motore, le tappe in cui si tracanna vodka per riscaldarsi, come di certo fecero quei poveracci che si trascinavano seguendo una scia di cadaveri. Tesson ha trovato la maniera più adeguata per riportare in vita la Storia, per rendere omaggio agli uomini che sono morti per l’ideale del piccolo córso che aveva indugiato quindici giorni di troppo in una Mosca deserta sottovalutando il peggior rivale, il Generale Inverno che non aveva mai conosciuto. Due memorialisti di Napoleone vengono citati di continuo, il sergente Bourgogne e Caulaincourt che era stato ambasciatore presso lo zar e che avrebbe accompagnato Napoleone fino a Parigi, dopo aver deciso di affrettare il ritorno abbandonando i brandelli dell’Armata al comando di Murat. E i loro ricordi, le loro citazioni, servono di contrappunto a riflessioni sul cambiamento dei tempi, dei valori, dei comportamenti. Bourgogne parla dell’onore e del coraggio che li sostenevano in quella lotta con la morte e Tesson si chiede, ‘a 200 anni di distanza, come suonano strane queste parole! Sopravvivono ancora, in questo mondo che traversiamo alla luce degli abbaglianti?’. Quando poi i cinque viaggiatori di oggi giungono alla Beresina, avvertono una emozione fortissima, un misto di rispetto e tristezza, quel sentimento che si prova in un luogo sacro. E provano a definire di che cosa si tratti- un luogo sacro è un luogo ‘fecondato dalle lacrime della Storia’, ‘un paesaggio benedetto dalle lacrime e dal sangue’. E’ come se un’onda salisse dal terreno, come ‘l’irradiamento fossile di un evento’. Un luogo sacro può essere contemplato solo in silenzio perché è popolato di fantasmi.

   L’insolito pellegrinaggio procede nutrendosi di ricordi atroci- follia da gelo, cannibalismo, mattanza di cavalli, atti di eroismo estremo- che sono alleviati dalla comicità di momenti in cui i nostri cinque possono permettersi di ridere. Finché arrivano- con qualche ritardo e qualche altro intoppo- a Parigi: ultima tappa, Les Invalides con la tomba di Napoleone, l’uomo che, con tutti i suoi errori e le sue mancanze, aveva premiato il merito, aveva scardinato le vecchie regole della guerra, aveva entusiasmato gli animi diventando una leggenda.
   Si può leggere in tante maniere, il libro di Sylvain Tesson. Come un libro di Storia (spruzzato di vodka), come un viaggio avventuroso su un mitico sidecar (sempre spruzzato di vodka), come un invito a riflettere su quanto il presente si sia impoverito nonostante l’abbondanza dei beni di consumo. 
In ogni modo, è un libro da leggere (magari bevendo un bicchierino di vodka).



    

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