lunedì 3 ottobre 2016

Joyce Carol Oates, “Ragazza nera, ragazza bianca” ed. 2014

                                  Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
           il libro dimenticato

Joyce Carol Oates, “Ragazza nera, ragazza bianca”
Ed. Mondadori, trad. D. Vezzoli, pagg. 315, Euro 20,00    2014

   11 aprile 1975. E’ di quella notte che Genna Meade vuole parlare. La notte in cui morì la sua compagna di stanza al college, Minette Swift, quindici anni prima. “Minette non morì di morte naturale e non morì di una morte facile”.
    Lo Schuyler College è prestigioso, Minette Swift, la ‘ragazza nera’ del titolo, è ammessa con una borsa di studio, Genna Meade- be’, Genna Meade è addirittura la bisnipote della fondatrice di cui  porta il nome, una donna formidabile che credeva nell’uguaglianza. Avevano diciotto anni, Genna e Minette, quando avevano iniziato il college. Minette ne aveva compiuto diciannove proprio l’11 aprile e Genna li avrebbe compiuti due giorni dopo. Quasi ‘gemelle’, come amava pensare Genna che si era sentita attratta subito dalla compagna nera. Perché poi? Questa è l’arte di Joyce Carol Oates, di dire senza dire, spingendoci, pagina dopo pagina, a riflettere. Minette Swift è odiosa, sembra che l’unica a non accorgersene sia Genna che farebbe di tutto per ingraziarsela. Anzi, fa di tutto per ingraziarsela- le cede la parte migliore della stanza, le rimette in sesto il grosso libro di letteratura che è finito nel fango, le regala una borsa di pelle molto bella che sua madre aveva regalato a lei. Sempre in attesa di un ringraziamento o un sorriso che però non viene mai. Minette è chiusa, ostile, respingente, beffarda. Sembra si senta superiore a tutte. E si sente anche discriminata. Lei, una nera, in un college così selettivo. E Genna sempre pronta a scusarla, ad aiutarla, sperando in un invito a casa di Minette, o almeno di essere presentata ai suoi genitori, a quel suo padre così aitante che è un ministro della Chiesa e che fa pensare a Martin Luther King.

    La famiglia di Genna, invece: i genitori si fanno chiamare per nome, erano stati entrambi degli hippy, quando Genna e il fratello erano bambini la gente più strana girava per casa loro, la madre aveva degli amanti, assumeva droghe, il padre è soprannominato Mad Max, è l’avvocato difensore degli oppositori alla guerra del Vietnam, indagato dall’Fbi, coinvolto in pratiche un po’ losche (finirà in prigione). Nessuno telefona mai a Genna. Minette parla ogni giorno al telefono con i genitori. L’ammirazione di Genna per Minette sa di invidia e non si accorge che Minette, sotto l’aria di superiorità, soffre- Minette ingrassa, Minette mangia sempre. E poi ci sono, uno dopo l’altro, gli episodi di persecuzione di cui Minette è vittima. Eppure… ‘a volte le verità sono bugie e le bugie sono verità’, scrive Genna. Genna ha dei sospetti sul colpevole, e noi pure.


     “Ho scritto un libro ombra”, dice Genna quando racconta i fatti, quindici anni dopo. Quando non si è mai sposata, si sente in colpa per la morte di Minette, è l’unica ad andare a trovare il padre in prigione e si sente colpevole anche per questo, per l’arresto di suo padre. Il libro che doveva essere un’indagine sul passato della non amicizia di due ragazze che finisce nella morte di una, è diventato un libro sulla famiglia di Genna, sui problemi della generazione ribelle dei figli dei fiori, sul razzismo negato. E noi lettori, pur ammirando lo stile della Oates, restiamo un poco delusi perché ci aspettavamo qualcosa di più profondo sulla discriminazione razziale. E invece abbiamo letto di come si possa essere manipolati per mezzo di questa.


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