domenica 18 gennaio 2015

Sonali Deraniyagala, “Onda” ed. 2014

                                               Voci da mondi diversi. Asia    
                                                      FRESCO DI LETTURA



Sonali Deraniyagala, “Onda”
Ed. Neri Pozza, trad. Chiara Brovelli, pagg. 208, Euro 17,00
Titolo originale: Wave

      La spuma si tramutò in onde, onde che sciabordavano sul crinale dove finiva la spiaggia. No, non era normale. Il mare non si spingeva mai fin lì. E quelle onde non tornavano indietro, non si dissolvevano. Si stavano facendo più vicine, marroni e grigie. Marroni o grigie. Superarono veloci le conifere, dirette verso la nostra camera. Tutte quelle onde, tutta quell’acqua agitata che ci veniva addosso. Di colpo furiosa, minacciosa. “Steve, devi venire. Subito!”

    Mattina del 26 dicembre 2014. L’onda gigantesca causata da un terremoto di magnitudo 9.3 al largo dell’isola di Sumatra si abbatte sulla costa dello Sri Lanka, si addentra nell’entroterra, spazza via case, alberi, automobili, esseri umani, prima di rientrare nel mare con un enorme risucchio. Il numero totale delle vittime dello tsunami si aggira sui 300.000, 50.000 nello Sri Lanka. Entrambi i genitori, il marito e i due figli di Sonali Deraniyagala sono tra queste.

    Il libro inizia proprio con l’onda, con Sonali che chiacchiera con un’amica sulla soglia della camera dell’albergo dove stanno passando una breve vacanza, quando l’amica fissa oltre la sua spalla e dice, “Oh, mio Dio, il mare sta entrando”. Sonali si gira, vede la cresta bianca dell’onda, non si allarma subito. Però non si erano mai visti i frangenti dalla loro stanza. Chiama il marito, perché venga a vedere. Lui indugia. Lei lo sollecita, pensa solo che si tratti di uno spettacolo da ammirare. Quando Steve la raggiunge, basta un’occhiata e poi, senza una parola, Sonali afferra un bambino per mano e scappa. Non si ferma neppure a bussare alla porta della stanza dei genitori per avvertirli. Dopo, ne avvertirà il rimorso. Se c’è spazio per un qualunque rimorso dentro di lei. Insieme a tutti i ‘se’. Dopo, in un lutto che dura ormai da dieci anni, quando i ricordi si affollano, si negano, bussano implacabili alla sua mente. Dopo, quando rivivrà la scena, come in una pellicola che si continua a riavvolgere, tornando dall’inizio. La fuga, la jeep che li prende a bordo, l’acqua che li raggiunge, la jeep che si rovescia, Sonali travolta dall’acqua marrone, non pensa a nulla, neppure ai bambini che non stringono più la sua mano. Ma forse è morta, forse il peso che sente sul petto significa che è morta. No, se vede un ramo a cui agganciarsi, allora non è morta. Lo afferra, l’onda non la trascinerà in mare aperto. Dopo, quando, impietrita dal dolore, muta per l’incredulità, aspetta seduta su una panca. Steve si sarà salvato. E anche Vikram e Malli, i suoi bambini di 5 e 7 anni. E i suoi genitori. Non è possibile siano morti in cinque e lei sia l’unica sopravvissuta. E’ possibile. E’ successo.

   Come si sopravvive a una tragedia del genere? Sonali ci racconta del buio in cui è sprofondata, dell’apatia prima, del desiderio di annientarsi dopo, stordendosi con l’alcol, pensando al suicidio. Dal non poter affrontare il ricordo del passato felice alla voglia di rivivere ogni giorno di quel passato. Dal non poter vedere la casa dei genitori a Colombo, e tanto meno la sua e di Steve a Londra, al ritornare sui suoi passi per ritrovare quelli che ha amato. Dal pensare, ‘e se non fossimo tornati in Sri Lanka per Natale? Eravamo appena stati là per nove mesi’, ‘e se non fossimo andati in vacanza a Yala, sulla costa?’, dal sentirsi colpevole di tutto, soprattutto di essere viva, ad accettare il destino e la pienezza del ricordo.

  
dieci anni dopo, in memoria
“Onda” non è un libro lacrimevole di un autocompiacimento nella sofferenza. E’ un’elegia per la morte dei propri cari simile per intento a quelle dei grandi poeti del passato, il memento duraturo di una delle maggiori catastrofi naturali dell’era moderna. Molto bello. Da leggere.


la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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