lunedì 19 gennaio 2015

Robert Littell, “Il giovane Philby” ed. 2012

                                          Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
       spy-story
       il libro ritrovato

Robert Littell, “Il giovane Philby”
Ed. Fanucci, trad. Olivia Crosio, pagg. 227, Euro 16,00
Titolo originale: Young Philby

   “Nessuno ha parlato di tradimento del comunismo da parte di Stalin” interloquì Dietrich, accalorandosi. “C’è una bella differenza tra distorcere e tradire. ‘Distorcere’ indica un cambiamento di rotta tattico, navigare secondo il vento, adattarsi alla realtà in evoluzione per raggiungere l’obiettivo strategico, che è la dittatura del proletariato.”…….”Stalin è il comunismo, cara. Qualunque cammino scelga, sta’ sicura che è quello giusto”.

       Sono passati alla storia come “the Cambridge Five” i cinque compagni di studi universitari- a Cambridge, naturalmente- che, dopo aver simpatizzato con l’ideologia comunista, furono reclutati negli anni ‘30 dai servizi segreti sovietici. Nel suo nuovo romanzo, “Il giovane Philby”, Robert Littell ci racconta la vita e la carriera di spia doppiogiochista di quello che fu il più famoso dei Cambridge Five, quello che, per le informazioni passate all’URSS per ben ventisette anni, causò maggiori danni al Regno Unito e all’Alleanza Atlantica: Harold Adrian Russell Philby, soprannominato Kim come il ragazzino inglese protagonista del romanzo di Kipling che, rimasto orfano in India, diventa una spia. A buona ragione, perché anche Philby era nato nel 1912 in India dove suo padre (personaggio stravagante, studioso delle culture orientali, consigliere del re saudita al-Sa’ud, convertito all’islam) era diplomatico.
Kim/Philby
      Robert Littell ha la capacità straordinaria di far percepire al lettore tutta l’ambiguità, tutte le complesse sfaccettature del mondo dello spionaggio. Già ne “L’oligarca” ci aveva affascinato con quel protagonista dalle molteplici coperture che aveva persino dimenticato quale fosse il suo vero io, tra le tante personalità che gli erano state cucite addosso. Persino nel bellissimo “Epigramma a Stalin” che, a rigore, non era un romanzo di spionaggio, l’atmosfera era comunque quella dei bisbigli, dei sospetti, delle delazioni, della paura. A Littell interessa l’uomo Philby, quello che era quando fu reclutato poco più che ventenne e quello che è diventato, fino a quando, nel 1963, fu costretto a rifugiarsi a Mosca dove diventò istruttore del KGB e morì nel 1988. A Littell interessa capire che cosa abbia spinto Philby e gli altri quattro di Cambridge (tutti giovani appartenenti a famiglie facoltose e alto borghesi) a sposare la causa del comunismo- ribellione giovanile? eterno contrasto tra genitori e figli?-, a rischiare la vita per un ideale (in Spagna, durante la guerra civile, Philby fu l’unico a sopravvivere ad una granata che aveva colpito l’auto su cui viaggiava insieme a tre giornalisti e- somma ironia- ricevette una medaglia da Franco), a continuare a credere in quell’ideale quando questo sembra essere tradito o distorto da chi lo rappresenta. C’è altro ancora che rende così interessante la personalità di Philby: dal 1941 lavorò nel servizio del controspionaggio inglese dell’ MI6. I disturbi gastrici e il vizio del bere dell’uomo Philby erano dovuti allo stress della doppia personalità della spia Philby, alias Kim?
     Il romanzo di Littell non è a ‘una voce sola’. Se lo fosse, il risultato sarebbe piatto e biografico, il racconto di un narratore onnisciente. Il prologo è ambientato nella famigerata prigione moscovita Lubjanka dove Teodor Màly, l’agente dei servizi segreti sovietici che reclutava e controllava le spie all’estero negli anni ‘30, viene sottoposto ad interrogatorio: è accusato di aver operato come spia per i tedeschi.
Sotto tortura Màly finirà per confessare ed è condannato a morte. Benvenuti nel mondo delle spie sovietiche, dove essere richiamati a Mosca ha un significato tremendamente minaccioso, dove confessare qualunque cosa di cui si sia accusati può- forse- almeno accorciare la sofferenza. L’atmosfera del libro è già lì, in queste pagine, e non lasciatevi ingannare dalla leggerezza di quanto segue, dei giorni viennesi di Philby raccontati da Litzi Friedman, l’attivista comunista che Philby sposerà per aiutarla ad uscire dall’Austria dopo i disordini causati dal pesante intervento del governo Dolfuss contro i movimenti socialisti e comunisti. E, tra l’altro, l’incertezza sulle inclinazioni sessuali del protagonista (più di uno dei Cambridge Five era dichiaratamente omosessuale) non fa che aumentare l’aria di ambiguità che lo circonda.
Litzi Friedman

Dopo Litzi Friedman salgono altri personaggi sul palcoscenico del romanzo per parlarci della carriera di Kim Philby e della sua vita avventurosa- un’attrice francese che fu sua amante, suo padre, Guy Burgess (uno dei Cinque), persino il compagno Stalin si occupa di Kim.

Riusciamo, in definitiva, a capire chi fosse Philby? Il libro- un avvincente romanzo di spionaggio “vero”- si chiude con le parole, “il mistero di Philby rimane irrisolto”.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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