sabato 31 gennaio 2015

Nancy Horan, “Mio amato Frank”

                                               Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                biografia romanzata
il libro ritrovato

Nancy Horan, “Mio amato Frank”
Ed. Einaudi, trad. Carla Palmieri, pagg. 436, Euro 16,80

Titolo originale, Loving Frank


    Frank si sfilò un guanto, si chinò, e con la punta dell’indice tracciò tre linee nella neve. A Mamah sembravano raggi di sole disegnati da un bambino.
    -E’ un simbolo gallese, significa “La verità contro il mondo”-. Alzò lo sguardo verso di lei. –Vivere per ciò che è vero e bello non sarà un giochetto da ragazzi, lo so. Conosco un sacco di gente che si metterebbe a ridere se mi sentisse parlare così. Ma è tutto ciò che desidero in questo momento.-

    “Mio amato Frank”, Loving Frank in originale- e, come già ci è capitato, non possiamo non osservare la duttilità dell’inglese con l’uso del verbo “amare” al gerundio che può essere inteso come aggettivo, a significare una ricchezza di sentimenti del soggetto, oppure dare una visione più ampia, che include tutto quello che avvenne nel tempo in cui la protagonista fu legata da un sentimento d’amore per Frank.
Frank Loyd Wright, il genio innovatore dell’architettura organica, l’uomo al cui nome sono legati edifici mitici ed esemplari, come il Museo Guggenheim di New York- con quelle linee curve senza interruzione a suggerire la continuità dell’arte-, oppure la Casa sulla Cascata, il gioiello immerso nella natura, l’abitazione perfettamente armonizzata con l’ambiente, costruita per il magnate Kaufmann. Lei, Mamah Borthwick, sposata Cheney, lo aveva conosciuto nel 1903, quando Wright aveva progettato la casa di Oak Park su commissione sua e del marito. Per un certo periodo le due coppie si erano frequentate come amici- Frank Wright, la moglie e i sei figli, e i Cheney con i due bambini loro e la nipotina di Mamah. Poi l’amore. La passione. Travolgente. Di quelle che fanno ammalare. Che fanno sembrare il mondo buio e insignificante senza la presenza dell’altro. Che fanno credere di poter fare a meno di tutto pur di avere l’amato bene. Che giustificano tutto, anche l’abbandono della famiglia, in nome di questo amore. Confidando che gli altri capiranno, che una moglie gelosa perdonerà, che un marito tradito acconsentirà al divorzio, che i figli si riavvicineranno. E invece non è quasi mai così.

    In “Mio amato Frank” Nancy Horan ricostruisce la storia di questo amore, basandosi sulle molte biografie dell’architetto e sulle poche informazioni riguardo alla vita di Mamah, circondandoli di personaggi veramente esistiti e di altri in parte immaginari. La narrazione è in terza persona, eppure il punto di vista risulta essere quello di Mamah- un’intellettuale, una donna che si sarebbe trovata più a suo agio in un’epoca a venire, traduttrice dei saggi della femminista svedese Ellen Key, lei stessa una femminista. E tuttavia una donna che, nonostante tutte le idee, nonostante le belle parole, si sarebbe sempre sentita lacerata dentro, incapace di vivere senza l’uomo che amava e tuttavia con il pensiero rivolto ai figli che aveva lasciato.
     La storia d’amore tra Frank Wright e Mamah Cheney si legge con l’intensità e il coinvolgimento con cui si divorano i romanzi del genere, e però c’è qualcosa in più, la consapevolezza che, per quanto trasformata dalla finzione narrativa, quella che leggiamo è una storia vera. Restiamo anche noi irretiti dal fascino della personalità di un grande uomo, con tutte le sue debolezze e mancanze- un’invincibile tendenza a non saldare i conti, dando per scontato che un’opera d’arte si paga da sé-; viviamo gli alti e i bassi di una passione che suscitò uno scandalo nonché una curiosità morbosa da parte dei giornalisti (ricordiamo, in epoca ormai lontana ma molto più recente, l’ostracismo messo dall’America su Ingrid Bergman, quando l’attrice seguì Rossellini in Italia?); seguiamo il costruire di grandi case le cui fotografie sono sui manuali di storia dell’arte.
Taliesin
Di Taliesin, soprattutto, la dimora che Frank fece costruire per loro due dandole il nome di un bardo gallese (la sua famiglia era originaria del Galles), la “casa della prateria” che doveva essere lo scenario del dramma finale, della distruzione nel fuoco e nel sangue. Perché mai come nella storia tra Frank e Mamah la parola amore si è coniugata con la parola morte: un servitore licenziato diede fuoco alla casa e massacrò 
ben sette persone che si trovavano a Taliesin in quel momento. La stampa rincarò la dose, con articoli che suggerivano una punizione divina per Mamah e per i suoi figli, morti in maniera atroce.
     Come avviene per il balcone di Romeo e Giulietta a Verona, visitato da turisti che ancora si commuovono per la loro tragica morte, il lettore di Nancy Horan si ritroverà a cercare su Internet le foto di Taliesin, ricostruita da Frank Wright. In memoria di Mamah. Amata Mamah.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



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