mercoledì 17 dicembre 2014

Bi Feiyu, “I maestri di tuina” ed. 2013

                                                            Voci da mondi diversi. Cina
                                                             il libro ritrovato


Bi Feiyu, “I maestri di tuina”
Ed. Sellerio, trad. Maria Gottardo e Monica Morzenti, pagg. 395, Euro 16,00
Titolo originale: Tui Na


   Le maestre di tuina passarono la serata a mandare agli amici lontani dei brevi messaggi nervosi, quasi apprensivi: Lo sai? Nel nostro centro c’è una certa Du Hong, è così bella che non te la immagini neanche! Non c’era la minima invidia in loro, come avrebbero potuto invidiare una bellezza che era arrivata a colpire un vero regista? Descriverla non potevano, non erano in grado, ma questo non importava. Potevano ingigantirla o per lo meno metterci dentro un bel po’ di emozioni. Perché “bellezza”, in fondo, non è altro che un suono che descrive stupore. Non è una parola, è un’aria, un canto.

     Il tuina è una tecnica di massaggio corporeo che fa parte della medicina cinese- anzi, è uno dei quattro ‘rami’ della medicina cinese insieme alle terapie sorelle che sono l’agopuntura, il qigong e la medicina a base di erbe. Impariamo tante cose leggendo “I maestri di tuina” dello scrittore cinese Bi Feiyu, non soltanto su questa tecnica che ha il fascino misterioso dei rimedi orientali per la salute, ma soprattutto sui ‘maestri’ che lo praticano e che sono per lo più ciechi. E questo è un altro dettaglio intrigante per le associazioni di idee che implica. Se finora il pensiero di un cieco ci richiamava alla mente la figura di un poeta che crea con le parole il mondo che non vede, o quella di un indovino dal potere visionario, adesso immaginiamo delle mani che hanno bisogno di sensibilità e forza- e non di occhi che le dirigano- per manipolare un corpo dando sollievo al dolore, rilassando la muscolatura, assorbendo esse stesse il male del paziente. Senza che questi provi il disagio di mostrare la sua nudità che viene tuttavia indovinata dal tocco esperto.

     Il Centro Maestri Nonvedenti di Tuina Sha Zongqi, a Nanchino, è la cornice in cui Bi Feiyu colloca le storie dei suoi personaggi- Sha Fuming e Zhang Zongqi (i due amici che hanno aperto il centro in società finché un giorno decidono di dividersi), il dottor Wang che sognava di dirigere un centro tutto suo e invece deve accontentarsi di lavorare presso Sha Fuming, Xiao Kong che si innamora di Wang, Xiao Ma che si innamora della già impegnata Xiao Kong, la bellissima Du Hong che era una dotata pianista prima di diventare massaggiatrice, il ragazzo complessato per il forte accento campagnolo e la ragazza che si innamora di lui dopo aver sentito parlare della sua infelice storia d’amore. Bi Feiyu non ci racconta dell’uno e dell’altro isolandoli in cammei. I maestri di tuina condividono un dormitorio, è difficile che non sappiano tutto o quasi di ognuno. I ciechi hanno più di un senso extra a sostituire quello mancante, hanno le antenne per sentire quello che non vedono, devono affidarsi alla voce per comunicare ciò che i ‘normodotati’ comunicano con uno sguardo.
Quando Xiao Kong si chiude con Wang per far l’amore in fretta e furia, si dispera perché si sono spogliati di volata, lanciando gli indumenti per terra: è qualcosa da non fare mai, perché, come riusciranno a rivestirsi, se devono farlo velocemente? Quando di sera Xiao Kong si reca in visita al promesso sposo, per l’imbarazzo parla a lui stuzzicando in sua vece Xiao Ma. E così Xiao Ma si innamora di lei. Nel frattempo noi siamo venuti a conoscere la storia di Xiao Ma e di quanto sia differente nascere ciechi o perdere la vista, come è successo a lui quando aveva nove anni.  Quando Du Hong (che ha alle spalle la storia della sua rinuncia a suonare perché rifiutava applausi immeritati e dettati dalla compassione) si rompe il pollice, abbiamo subito chiara la portata del dramma: come fa ad esercitare la pressione durante il massaggio? Sha Fuming, però, la utilizzerà per il massaggio dei piedi per cui il pollice non è essenziale. Le riflessioni di Sha Fuming, che si è innamorato di Du Hong sentendone decantare la bellezza, ci fanno soffermare su qualcosa di meno ovvio delle difficoltà quotidiane dei maestri ciechi. Sha Fuming si pone delle domande a cui un cieco non sarà mai in grado di dare risposta- che cosa è la bellezza? E il sublime? E i colori, il rosso, il verde, come sono i colori? O qualunque altra cosa non tangibile?
      Ogni personaggio ha la sua storia in cui entrano frammenti di cultura, di costumi, di vita cinesi, dalla legge del figlio unico (ma Wang era nato cieco e perciò i suoi genitori furono autorizzati ad avere un secondo figlio) alla mafia cinese, dalle usanze sulla cerimonia nuziale (una ragazza sogna l’abito bianco, addirittura la cerimonia in chiesa come in Occidente) alle ambizioni dei genitori per avere un genero vedente, all’imperversare dei telefoni cellulari.

   Un romanzo insolito, ricco di un umorismo che stempera il dramma e di una poesia dolce e amara.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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