sabato 27 dicembre 2014

Amos Oz, “Giuda” ed. 2014

                                                        Voci da mondi diversi. Medio Oriente
       FRESCO DI LETTURA


Amos Oz, “Giuda”
Ed. Feltrinelli, trad. Elena Loewenthal, pagg. 329, Euro 15,30

    Giuda. Il nome più evitato da sempre. Quello che nessun genitore penserebbe mai di dare al proprio bambino. Il traditore per eccellenza, l’uomo- non un uomo qualunque, ma uno degli apostoli, un seguace, un amico, dunque- che vendette Gesù per trenta denari. Che, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio, lo identificò consegnandolo ai suoi nemici.
   Questa è la storia tramandata da due millenni nella tradizione cristiana. Ma andarono veramente così le cose? Amos Oz, nel suo ultimo romanzo intitolato, per l’appunto, “Giuda”, mette in discussione la figura dell’apostolo, smentisce i dettagli che sono rimasti incollati al personaggio di Giuda- trenta denari era una somma ridicola e Giuda apparteneva ad una famiglia benestante, venderlo per così poco? E poi: tutti conoscevano Gesù, che bisogno c’era di individuarlo con un bacio?-, capovolge interamente il significato del suo gesto. Giuda vende Gesù perché crede in lui più di quanto Gesù creda in se stesso, perché crede veramente che facendosi crocifiggere possa redimere l’umanità. E poi è certo che Gesù non morirà. Sarà lui, Giuda, a morire, disperato. E’ l’idea stessa del tradimento che Amos Oz capovolge, insieme a quella del traditore. Colui che è un traditore per gli uni, è un rivoluzionario che non accetta le convenzioni per gli altri. Avviene per il traditore quello che avviene per i partigiani, considerati terroristi dall’altra parte del fronte.
     “Giuda” non è un romanzo semplice, perché Amos Oz ricama una serie di storie intorno a quella del personaggio dei Vangeli per approfondire il tema, per chiarirlo ad altri livelli e in contesti diversi. Il protagonista- lo strumento che serve ad Oz per trattare del ‘tradimento’- è il giovane Shemuel Asch, studente universitario impegnato a scrivere una tesi su Gesù visto dagli ebrei. Shemuel attraversa un momento di crisi e decide di interrompere gli studi ed abbandonare Gerusalemme- suo padre non può più mantenerlo, la sua ragazza lo ha lasciato. Un annuncio visto in caffetteria gli offre una soluzione. Shemuel dovrà intrattenere un anziano parzialmente invalido dal tardo pomeriggio fino alle undici di sera. La ricompensa non sarà alta, ma comprende l’alloggio e un pasto.

   La casa in cui Shemuel si trasferisce è avvolta nel mistero, ad iniziare dalla scritta sulla porta- a chi apparteneva? Ora ci abita il colto settantenne Gershom Wald e una donna sensuale che nulla dice di sé, Atalia Abrabanel. Qual è il rapporto tra i due? A mano a mano che la storia si dipana, si allarga anche il tema del tradimento- i figli possono tradire le aspettative dei genitori, i genitori possono tradire i figli consegnando loro ideali sbagliati, un intero paese può tradire il suo popolo. E un personaggio assente giganteggia sulla scena. E’ Shaltiel Abrabanel, il padre di Atalia, morto da tempo, considerato un traditore perché contrario alla fondazione di qualunque Stato. O non era forse un visionario utopista che credeva nell’amore universale, pur essendo incapace di amare la propria figlia? Shaltiel Abrabanel non è l’unico grande personaggio presente anche se assente. Senza contare Gesù e Giuda (Shemuel è affascinato dalla figura di Gesù, un traditore anche in questo, oltre che nei confronti dei genitori?), il figlio di Gershom Wald, morto nei primi giorni di guerra del ‘48, si aggira come un fantasma tra le mura della casa. Perché si era arruolato, nonostante non fosse stato dichiarato abile? Qual è la responsabilità dei genitori verso i figli? Chi tradisce chi?
    Qualche sprazzo di leggerezza allevia questo romanzo profondamente impegnato di Amos Oz. Shemuel Asch, goffo, innamorato senza speranza, possibile figlio ‘adottivo’, che inciampa nel falso scalino ed è costretto suo malgrado a farsi accudire da Atalia, ci diverte e ci fa tenerezza, controparte dell’altro ragazzo morto troppo presto a cui non possiamo fare a meno di pensare di continuo, insieme a tutti i figli di Israele che hanno perso la vita in una guerra senza fine.

E ci chiediamo se il ‘traditore’ Shaltiel Abrabanel non avesse dopotutto ragione. E se i traditori non siano ‘gli altri’. Un libro che farà discutere.


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