lunedì 17 agosto 2015

M.M. Kaye, “Padiglioni lontani” ed. 2015

                                Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
             FRESCO DI LETTURA


M.M. Kaye, “Padiglioni lontani”
Ed. e/o, trad. Mariagrazia Bianchi, pagg. 1118, Euro 22,00

      Soltanto qualcuno che fosse vissuto a lungo in India poteva scrivere un romanzo come “Padiglioni lontani”. Soltanto qualcuno che amasse profondamente l’India poteva scrivere un romanzo come “Padiglioni lontani”. Soltanto qualcuno che avesse conosciuto in qualche misura la morsa di un cuore diviso tra due identità poteva creare un personaggio come Ashton Pelham-Martyn, cresciuto con la convinzione di essere un indù per apprendere poi che la donna che considerava sua madre era solo una serva che lo aveva salvato durante la rivolta dei sepoy del 1857 e che i suoi genitori, entrambi morti, erano in realtà britannici. Soltanto qualcuno che sapesse parlare l’hindi come l’inglese poteva sentirsi vicino a tutti i personaggi indiani del romanzo. E infine soltanto qualcuno che avesse una conoscenza di prima mano dell’esercito britannico in India (il padre di Mary Margaret Kaye era figlio di un ufficiale e crittografo dell’esercito, suo marito era generale del corpo scelto delle Guide a cui appartiene, nella finzione, Ashton) poteva scriverne con tanta perizia.
"Padiglioni lontani", film del 1984
    Ci vollero quindici anni a Mary Margaret Kaye per terminare “Padiglioni lontani”, pubblicato per la prima volta nel 1978. Fu subito successo, quindici milioni di copie vendute. Se ne capisce il perché. “Padiglioni lontani” è un romanzo fiume che ha molto del feuilleton, compresa la magia che irretisce, ma che è in grado di soddisfare le richieste diverse di lettori diversi.
    E’ una storia d’amore, di quell’amore romantico voluto dalle stelle e a cui non ci si può sottrarre: Ashton bambino (tutti lo chiamano ancora Ashok) è amico fraterno della piccola Anjuli, principessina bistrattata perché figlia del Raja di Gulkote e di una feringhi a sua volta figlia di un russo, infinite peripezie li separeranno prima di un nuovo incontro. E’ chiaro però che il loro è un amore impossibile, non solo per le differenze di casta, per il fatto che ormai Ashok è dichiaratamente un inglese e un ufficiale del corpo delle Guide, ma anche perché Ashton deve scortare Anjuli e la sorella Shushila fino al regno di Bhitor dove andranno entrambe spose al sovrano.

    E’ una storia di intrighi e di morte- morte per una delle tante malattie in un clima estremo, morte per rappresaglie degli indiani sui colonizzatori britannici, per gelosie e vendette all’interno delle corti dei Raja, per punizioni selvagge. Una storia anche di amicizie e di lealtà fin oltre alla morte: l’amicizia è una cosa da uomini e l’amore è per le donne.
     E’ una storia dell’India nella seconda metà dell’800 vista da chi- come la scrittrice o il suo personaggio- considerano gli inglesi come degli invasori che reclamano diritti su di un paese che non è il loro con l’arroganza della loro presunta superiorità come giustificazione. E’ anche, nella parte finale, quasi una storia profetica di quanto accadrà un secolo dopo, mentre inglesi e russi si contendono- disastrosamente- l’Afghanistan.

      Sono pagine che traboccano di passione e di colore, quelle di “Padiglioni lontani”. Passione d’amore, certo, ma soprattutto passione per un paese che affascina e cattura il cuore con le sue mille diversità. Pagine indimenticabili che dipingono la natura, le fortezze gigantesche in cui riconosciamo quelle del Rajasthan, i tramonti, il deserto, le montagne- le vette del Dur Khaima, i Padiglioni Lontani, diventano un simbolo di una meta agognata di pace e serenità e uguaglianza. Pagine di usanze e costumi esotici- il muro con l’impronta delle mani delle spose vanno ad immolarsi sulla pira funebre del marito-, cortei di elefanti e cammelli, sari che scintillano con le trame di fili d’oro e d’argento, barbaglio di pietre preziose.


    “Padiglioni lontani” è un libro ‘intramontabile’- e indimenticabile- come lo è “Via col vento”. Se rivela qualche segno di invecchiamento è perché anche noi siamo invecchiati dopo la prima travolgente lettura del 1978, perché il passo del nostro tempo è troppo veloce per l’avanzare cadenzato degli elefanti. Ora però comprendiamo più che mai perché la scrittrice, morta nel 2004, abbia voluto che le sue ceneri fossero sparse nel lago Pichola, vicino a Udaipur nel Rajasthan.
Perché lei apparteneva a quel luogo, come Ashton ridiventato Ashok dopo aver smesso per sempre la divisa. Perché, anche se la vita l’aveva portata lontano, il suo cuore non si era mai mosso dall’India.



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