domenica 8 febbraio 2015

Nancy Horan, “Sotto un immenso cielo di stelle” ed. 2014

                                              Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
            FRESCO DI LETTURA


Nancy Horan, “Sotto un immenso cielo di stelle”
Ed. Einaudi, trad. Carla Palmieri, pagg. 524, Euro 21,00
Titolo originale: Under the Wide and Starry Sky


    Nel corso del tempo si sarebbe ritrovata più volte a domandarsi: “Chi mi ha fatto credere di poter mettere su casa in un luogo tanto selvaggio?”, ma la risposta gliel’avrebbe data il ricordo di ciò che aveva visto il primo giorno: un’orchidea cresciuta sul ramo di un albero. Un bianco luminoso e delicato, screziato di rosa e di verde, una forma perfetta, sana e vigorosa, una macchia di bellezza segretamente intrecciata a una corteccia marrone qualsiasi. Vailima sarebbe diventata così: un gioiello inatteso, nascosto nella foresta samoana.

    Si incontrarono a Grez-sur-Loing, il ritrovo degli artisti a 70 Km. da Parigi. Erano gli anni ‘70 dell’800. Lei, Fanny, era americana, aveva dieci anni più di lui, un marito da cui era scappata portandosi dietro i tre figli, il più piccolo era morto un paio di mesi prima, la più grande sembrava sua sorella. Lui, Louis, era scozzese, suo padre lo aveva destinato all’avvocatura. Non faceva per lui che invece voleva scrivere. Lui si era seccato, quando aveva appreso dal cugino e dagli amici che c’erano degli intrusi americani nel ‘loro’ luogo sperduto. Poi era successo l’imprevedibile. Si erano innamorati, nonostante tutto, nonostante avessero contro i genitori di Louis e il marito di Fanny, nonostante i problemi della salute di Louis e quelli economici. Sarebbero rimasti insieme tutta la vita. Il primo ad andarsene sarebbe stato il più giovane, proprio Louis, che già aveva scelto dove desiderava essere sepolto, ‘sotto un immenso cielo di stelle/ scava la fossa e fammi riposare/ qui riposa nel luogo che gli è caro’/. Lei lo avrebbe seguito anni dopo e le sue ceneri sarebbero state trasportate sulla montagna dell’isola delle Samoa dove già era la tomba dell’uomo che era diventato suo marito dopo tante difficoltà e di cui lei era stata ‘maestra, custode, amica, moglie, /compagna di viaggio per tutta la vita’.

     Dopo “Mio amato Frank”, in cui Nancy Horan ha ricostruito la vita e la storia d’amore tra il famoso architetto Wright e Mamah, la coppia che aveva distrutto due famiglie per stare insieme, arriva ora “Sotto un immenso cielo di stelle” con un’altra storia di un grande amore- quello tra lo scrittore Robert Louis Stevenson e Fanny Van de Graft Osbourne. Una storia avventurosa quanto quelle dei libri dello scrittore scozzese, un inseguirsi e viaggiare insieme per mezzo mondo alla ricerca di un luogo salubre dove Louis Stevenson potesse riprendersi, guarire dall’insidia della tubercolosi. Francia e Inghilterra, California e poi ancora Europa, Davos e il suo sanatorio in Svizzera e poi Bournemouth e qualche puntata in Scozia (terribile per lui il clima freddo e piovoso della natia Edimburgo), la scoperta del mare e di come a Louis giovasse l’aria marina. Fanny diventava verde per la nausea, ma Louis rifioriva. Le isole della Polinesia e poi le isole Marchesi dove si fermarono definitivamente. E intanto Louis scrutava persone e paesaggi, tutto diventava per lui fonte di ispirazione. Scriveva, scriveva. Avevano bisogno di soldi. Fanny sempre al suo fianco, un angelo custode attivo e intelligente che leggeva i suoi scritti, approvava, criticava- anche spietatamente. A volte Louis rifiutava quelle critiche, ma poi ci ripensava, quasi sempre la ascoltava. Come accadde per “Dottor Jekyll e Mr. Hyde”, la cui prima stesura non piacque affatto a Fanny che suggerì un approfondimento della storia. Louis si infuriò. Poi la riscrisse e il libro ebbe un successo enorme.

      Quella raccontata da Nancy Horan, con la sua immaginazione che colma gli spazi vuoti di testimonianze, è una storia di viaggi e di scritture ma anche una storia di rapporti personali, con la figlia di Fanny (che riteneva Louis responsabile del divorzio tra i genitori e si allontanò da loro) e il figlio, che aveva solo sette anni quando Louis entrò nella vita della madre e che diventò pure lui scrittore, con i genitori di Louis Stevenson (il padre e lo zio avevano progettato e costruito i più famosi fari lungo la costa britannica) che si riconciliarono con la nuora, con gli amici che erano gelosi di Fanny e dell’ascendente che aveva su di Louis, con Henry James che incontrarono a Bournemouth e divenne un loro caro amico, con gli indigeni che abitavano sulle isole dove loro approdavano.

     In “Mio amato Frank” era Frank Wright al centro del palcoscenico, in questo nuovo libro Robert Louis Stevenson- di certo il più famoso- è tuttavia sempre affiancato da Fanny, donna straordinaria, una delle tante donne che veniamo ora a conoscere e che hanno reso possibile la grandezza dei loro uomini. Il marito stesso lo aveva riconosciuto, nei versi che le aveva dedicato e che la descrivevano bene: Onore, collera, coraggio, fiamma/ tanto amore da resistere alla vita,/ contrastare la morte e il caos del male,/ il signore possente/ le diede in dono.
Vailima, la casa di Louis e Fanny nelle Samoa
Se Louis era diventato un grande scrittore, lo doveva in parte a lei, oltre che al suo genio. Se Louis era in vita, lo doveva a lei che gli era restata accanto con abnegazione e rinuncia di sé. Tanto da aver sfiorato la follia. Per lui l’arte della scrittura, per lei l’arte del suo modo di vivere. Per lui la creazione di opere indimenticabili, per lei la creazione di se stessa.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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