mercoledì 4 febbraio 2015

Stefan Merrill Block, “La tempesta alla porta” ed. 2011

                                                Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                  il libro ritrovato


Stefan Merrill Block, “La tempesta alla porta”
Ed. Neri Pozza, trad. Stefano Bortolussi, pagg. 376, Euro 17,50
Titolo originale: The Storm at the Door  
 
  “Sapete che papà ha avuto un anno molto difficile. Sono sicura che vi siete rese conto che non era più lui. Tutte quelle sfuriate, tutte quelle notti fuori. Saremmo dovuti intervenire prima. La verità è che è semplicemente molto stanco, e così abbiamo deciso che la cosa migliore per lui sia il riposo. C’è un posto che ha suggerito lo zio George, si chiama Mayflower ed è vicino a Boston. Non sarà per molto, ma lì potrà riposare…”

         Una serata con gli amici. Un uomo ha bevuto troppo (gli succede spesso). Pensa di fare qualcosa di spiritoso, dopo tutto si erano divertiti quando aveva fatto una cosa simile ai tempi (lontani) dell’università. Si spoglia, indossa l’impermeabile di uno degli amici ed esce. Quando raggiunge una strada (non molto trafficata, a dire il vero) spalanca le falde dell’impermeabile ogni volta che vede sopraggiungere un’automobile. Arriva la polizia. I famigliari decidono che per lui sia meglio essere ricoverato in una casa di cura per malati mentali piuttosto che finire in prigione. Questo libro, “La tempesta alla porta”, è la sua storia. Storia, in parte vera e in parte ricreata con l’immaginazione, di Frederick Merrill, nonno del giovane scrittore che ci aveva anticipato qualcosa del romanzo, quando lo avevamo incontrato in occasione della pubblicazione di “Io non ricordo”.

    In un certo senso “La tempesta alla porta” completa la narrazione del libro precedente, pur non avendo nessun personaggio in comune. Tuttavia Stefan Merrill Block ci aveva detto come quel romanzo fosse nato dai ricordi della sua infanzia, dal trauma della morte della nonna ammalata d’Alzheimer. Anche ne “La tempesta alla porta” la nonna- qui chiamata con il suo vero nome, Katharine- muore cadendo dalle scale, di notte. E la storia raccontata è sia quella del nonno Frederick sia quella della donna al suo fianco, la nonna Katharine che, rimasta sola con quattro figlie, si era trovata ad affrontare prima la decisione difficile di far internare il marito, poi il senso di colpa, i dubbi sull’efficacia delle cure, i problemi economici e quelli famigliari. Non da ultimo, i sussurri di biasimo e i pettegolezzi dei benpensanti. Ma “La tempesta alla porta” è qualcos’altro ancora- e ci viene in mente “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, il romanzo di Ken Kesey del 1962 da cui è stato tratto il film con la strepitosa recitazione di Jack Nicholson nel 1975: è il racconto della vita all’interno di un manicomio o, se vogliamo essere politicamente corretti, di una casa di cura per malati mentali. Nel McLean Hospital, che è tuttora uno degli ospedali psichiatrici più importanti d’America e che nel libro viene chiamato Mayflower Home, fu ricoverato Frederick Merrill, afflitto da un disturbo bipolare, e la vita quotidiana dei pazienti- alla mercé delle teorie del direttore dell’istituto, istupiditi dalle medicine, sottoposti a terapie di elettroshock non sempre giustificati- è una discesa negli abissi di una doppia follia, tanto più vertiginosa e sofferta quanto più il paziente era ai margini, in bilico tra sanità e pazzia.

     Dall’”Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam a “Amleto” e “Re Lear”, dal bellissimo “Pazzia” del cinese Ha Jin a “Follia” di Patrick McGrath o, per restare in ‘casa nostra’, a “Le libere donne di Magliano” di Mario Tobino, il tema della follia ha sempre esercitato il suo fascino, ponendo il quesito se la pazzia sia una malattia o la manifestazione di un’altra realtà in cui le emozioni si esplicitano in una maniera diversa. I casi dei pazienti ricoverati alla Mayflower Home sono quanto mai varii: il famoso poeta Lowell che non sembra affatto ammalato e il veterano di guerra a cui è rimasto uno solo dei quattro arti (come si possono non capire certi suoi comportamenti?), l’ebreo che ha perso la moglie nell’Olocausto e che studia linguaggi che esistono solo per i suoi orecchi e il pazzo più famoso che può assumere quindici personalità diverse. Ma naturalmente è il nonno Frederick che interessa lo scrittore più di ogni altro e si avverte un’angoscia profonda nella ricostruzione della sua storia, nel cercare di capire. Questa è la storia del padre di sua madre ed è inevitabile che il giovane Stefan Merrill Block, guardandosi allo specchio e notando la sua somiglianza con il nonno che conosce dalle foto, si ponga domande sull’ereditarietà, sulla possibilità che le crisi di insonnia che ha avuto siano avvisaglie di una malattia bipolare che è nei geni famigliari. E allora il sorriso che può strappare, a tratti, questo romanzo, si spegne e la tempesta che rese più facile il suicidio del veterano di guerra sembra bussare alla porta anche adesso. Almeno negli incubi.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


    


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