giovedì 5 febbraio 2015

Miranda Richmond Mouillot, “Qualunque cosa accada” ed. 2015

                                                                      Diaspora ebraica
       FRESCO DI LETTURA


Miranda Richmond Mouillot, “Qualunque cosa accada”
Ed. Rizzoli, trad. Chicca Galli, pagg. 332, Euro 19,00
Titolo originale: A Fifty-Year Silence

Nella prima foto, il nonno era in posa dietro la nonna, con la mano appoggiata sulla sua spalla. Lei aveva i capelli corvini pettinati all’indietro e raccolti in un ordinato chignon e indossava una camicetta aderente e una gonna nera. Fissava sorridendo l’obiettivo. Lui, in camicia e cravatta, guardava serio in alto. La foto mi sorprese, non perché li ritraeva insieme ma piuttosto perché non avevo mai visto i miei nonni così normali.

   “A fifty-year silence”. Il titolo originale del libro di Miranda Richmond Mouillot dice già tanto: non si parlavano da cinquant’anni, i suoi nonni. Lui, Armand Jacoubovitch, viveva in Svizzera, dove aveva trovato rifugio durante la seconda guerra mondiale, scappando da Strasburgo. Lei, Anna, aveva scelto gli Stati Uniti. Lui aveva lavorato come interprete al processo di Norimberga contro i crimini nazisti. Lei era medico specializzato in malattie polmonari. Parlare della nonna, anche solo menzionarla di sfuggita in presenza del nonno, significava suscitare la sua ira. Armand aveva parole durissime nei confronti della donna che aveva sposato nel 1942. Perché? Che cosa era successo?
     “Qualunque cosa accada” è un libro dedicato a loro e alla loro storia. Una storia di guerra e di fuga, di pericoli e di paura, di generosità e di gelosie, di amore e di un sentimento che non è l’opposto dell’amore- che è indifferenza- ma di odio. Per Miranda, che vuol molto bene alla nonna ed impara a voler molto bene a quel nonno burbero e scontroso, maniaco e irascibile, diventa importantissimo ricostruire il loro passato perché quel passato appartiene anche a lei e forse appartiene a tutti, intrecciato com’è con la storia d’Europa. Miranda inizia la sua ricerca, fissa una cronologia di date collegate ai luoghi dove Armand ed Anna si trovavano nello scorrere degli anni, prima di tutto risale a dove e come si siano conosciuti- deve essere stato un incontro di quelli che lasciano il segno, se Armand si era portato via un piattino del caffè e lo aveva regalato come pegno alla nonna che lo teneva sempre con sé. A guardare quelle date, sembrava che le loro strade si fossero incrociate solo per brevi periodi. Ma allora? Che tipo di amore era?

     Quello di Miranda è un lungo e paziente lavoro di ricerca. Parla con la nonna, ancora molto vivace anche se parecchio sorda, le scrive, ne riceve delle lettere. Parla con il nonno- era una ragazzina quando la nonna le aveva suggerito di andare a stare da lui a Ginevra, e da allora Miranda vi era tornata spesso, aveva finito per diventare il suo angelo custode quando i segni del morbo di Alzheimer si erano evidenziati e lui, ormai ricoverato, gridava e insultava le infermiere che chiedevano a Miranda se fosse un sopravvissuto dell’Olocausto. Ci vuole una pazienza da certosino per mettere insieme i pezzi delle due vite- saltano fuori fotografie in cui Miranda ‘legge’ gli sguardi e l’atteggiamento, domandandosi che cosa provassero i nonni nell’attimo dello scatto, si fanno dei nomi di amici, di persone che li hanno aiutati mentre fuggivano, per lo più ognuno per proprio conto, verso il sud della Francia, poi, con l’aiuto di un passeur, in Svizzera, l’esperienza dei campi di rifugiati, la fame (sono entrambi magrissimi nelle fotografie), la fine della guerra e la consapevolezza dell’enormità di quanto era successo, il lavoro costante della nonna e, infine, quello di traduttore del nonno a Norimberga, qualcosa di cui lui non aveva mai voluto parlare. La nonna si era inoltrata nella guerra con la sua baldanza e il suo inguaribile ottimismo, la sua certezza che tutto accade per un motivo. Il nonno aveva reagito in maniera opposta, il tarlo delle parole udite a Norimberga- solo parole finché la sua attenzione era impegnata a tradurre- aveva lavorato in profondità nel suo animo, corrodendolo. La ‘sua’ guerra non era la guerra di Anna. Non potevano più capirsi.


    Miranda Richmond Mouillot deve aver ereditato il carattere della nonna eccezionale, perché fa di questo libro di ricordi una straordinaria storia di quattro amori: quello difficile e tormentato di Anna e Armand, il suo, di Miranda, verso entrambi i nonni, verso il ragazzo francese che diventerà suo marito e verso una casa nei pressi di Alba, nel sud della Francia, che aveva visto la fine del matrimonio dei nonni. La casa di La Roche è quasi diroccata adesso, Miranda e Julien cercano di renderla di nuovo abitabile: c’è una storia segreta nascosta fra quelle mura e l’istinto di Miranda le dice che lei ne fa parte, che lei appartiene a quel luogo. La vita prevale sulla morte in questo bel libro che ci fa conoscere l’Olocausto da un’angolazione diversa.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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