giovedì 11 agosto 2022

Selma Lagerlöf, “Bandito” ed. 2022

                                                              vento del Nord

                                              premio Nobel


Selma Lagerlöf, “Bandito”

Ed. Iperborea, trad.Luca Tapparo, pagg.314, Euro 19,00

 

      Isola di Grimo, arcipelago occidentale della Svezia. Una coppia non più giovane. I figli non vivono più con loro, sono soli. Un pensiero costante, un ricordo, forse un senso di colpa: quando il figlio minore, Sven, era bambino, lo avevano ‘ceduto’ ad una coppia inglese senza figli che gli avrebbe dato un futuro migliore di quello che loro potevano offrirgli. Non ne avevano saputo più nulla. Finché un giorno il padre aveva letto una notizia sul giornale e poco dopo il figlio, Sven Elversson, era ritornato a vivere sull’isola. Aveva preso parte ad una sfortunata spedizione inglese al polo Nord i cui partecipanti avevano dovuto svernare tra i ghiacci. E là, dopo aver finito le riserve, quasi impazziti per la fame, si erano macchiati di una colpa indicibile. I genitori adottivi di Sven lo avevano bandito dalla loro casa.

     “Bandito”, un titolo lapidario per un uomo che è stato bandito una prima volta quando era bambino- anche se nella prospettiva di un maggiore benessere-, una seconda volta adesso, da tutta la comunità e pubblicamente, quando il pastore, che dovrebbe accogliere tutti i fedeli, rivela dal pulpito il suo peccato, facendone oggetto di disprezzo e di disgusto.

    Eppure Sven Elversson è un brav’uomo. Di più. É generoso, pronto ad aiutare gli altri, a fare opere di bene, oltre ad essere istruito. Si presenta però con un atteggiamento umile, è come se avesse la sua colpa scritta in faccia, come se lui stesso non riuscisse a perdonarsi e non si aspettasse il perdono degli altri.


    Sven Elversson è il personaggio chiave del bel romanzo del premio Nobel Selma Lagerlöf, quello intorno a cui ruota tutta la trama e a cui si contrappongono gli altri personaggi. Perché questa è una storia che coinvolge un terzetto- due uomini rivali loro malgrado, Sven e il pastore Rhänge, e la donna che entrambi amano, la bella Sigrun, moglie del reverendo. E se Sven e la sua colpa sono un continuo elemento di confronto, è lei, Sigrun, la protagonista e la storia che la vede coinvolta è di una straordinaria attualità.

    Sigrun è innamorata del pastore, è lei stessa figlia di un uomo di chiesa e sa quale vita la aspetta. Non si aspetta però l’aspro paesaggio che circonda  la canonica in cui si trasferisce, soprattutto non si aspetta la gelosia ossessiva del marito e neppure la sua presenza incombente, i continui tentativi di soffocare la sua personalità che spengono la sua gioia di vivere. É come se proprio quegli aspetti di lei che lo avevano conquistato ora gli facessero paura perché  potrebbero attirare altre persone.

      I destini di questi tre personaggi si incrociano, ognuno di loro ha un percorso di crescita e di conoscenza di sé e il romanzo di Selma Lagerlöf  diventa un triplice romanzo di formazione in cui, però, sono soprattutto le scelte di vita del personaggio femminile a destare la nostra ammirazione, ricordandoci un poco quelle della Nora di Ibsen, altro grande scrittore nordico.


    E poi c’è una riflessione di fondo che percorre tutto il libro, quella della sacralità della vita e della morte. Se il romanzo inizia ombreggiando un doloroso episodio di morte per dare vita, termina con la buia realtà della prima guerra mondiale, con il mare che diventa una tomba a cielo aperto, disseminata dei cadaveri dei marinai delle navi affondate durante la battaglia dello Jutland e il quesito- chi o che cosa autorizza a dare la morte, a uccidere un altro uomo? Non è forse questa una colpa ben più grave di quella di cui è stato accusato Sven Elversson?

     Ammiriamo tutto del romanzo di Selma Lagerlof- lo stile narrativo, l’equilibrio della costruzione, la profondità e la leggerezza con cui tratteggia i personaggi, l’eticità dei temi trattati- e constatiamo quanto siano senza tempo gli argomenti e le problematiche che ci propone.

L’eternità della guerra e il perdurare della soggezione femminile (a distanza di più di un secolo) sono sconfortanti.

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