mercoledì 25 marzo 2020

Giorgio Fontana, “Prima di noi” ed. 2020



                                                                     Casa Nostra. Qui Italia
             storia di famiglia

Giorgio Fontana, “Prima di noi”
Ed. Sellerio, pagg. 882, Euro 22,00

     24 ottobre 1917. Dopo i pesanti bombardamenti e la caduta di Caporetto, l’esercito italiano si ritira dalla riva sinistra dell’Isonzo. Una ritirata disordinata e disperata, senza coordinamento, senza ordini superiori. Il giovane fante Maurizio Sartori diserta- non è certo l’unico. Trova rifugio in un casolare della pianura friulana- se può restare è perché la figlia del fattore, Nadia, riesce in qualche modo a persuadere suo padre ad ospitarlo. Maurizio dà una mano nei lavori dei campi, mangia poco per non essere di peso. MA seduce la sedicenne Nadia, la mette incinta e fugge tornando al suo paese. Finché il padre di lei lo viene a riprendere, obbligandolo a fare il suo dovere.
      Non ha un inizio romantico, la storia di famiglia del nuovo romanzo di Giorgio Fontana. Maurizio Sartori, fondamentalmente un vigliacco, doppiamente traditore, non è un personaggio simpatico. Ci riesce anche difficile da capire come abbia potuto innamorarsene Nadia, che gli ripeterà per tutta la vita, come un mantra,  ‘troviamo un modo di volerci bene, biondino?’, e che lo puntellerà con la sua forza fino alla fine.
Dalla campagna a Udine, con altri due bambini dopo il primo, Gabriele, il figlio che aveva messo in fuga il padre. E la storia si dipana negli anni, attraverso 4 generazioni, per quasi un secolo, mentre l’orizzonte della famiglia si allarga- da Udine a Milano, no, gli affitti a Milano sono improponibili, allora ci si accontenta di Sesto san Giovanni, per poi spaziare in Europa nei tempi più vicini ai nostri con i nipoti e bisnipoti di Maurizio Sartori. Dei tre figli del contadino senza nessuna cultura, Gabriele diventerà professore di lettere e scriverà poesie, sarà uno studioso tutta la vita, Renzo farà l’operaio e Domenico, il mite, il buono, la figura Dostojevskiana dell’idiota, morirà in un campo di prigionia in Africa. Inclinazioni diverse e diverse affiliazioni politiche, per Gabriele e per Renzo e poi per i loro figli. Viviamo con loro gli anni delle proteste operaie, delle lotte sindacali e poi, più tardi, quelli del terrorismo e dell’impronta berlusconiana. Amori e tradimenti, delusioni e gioie, morti e malattie. Solo i lettori più anziani ricordano la paura dei genitori all’epoca dell’epidemia di poliomelite che colpiva soprattutto i bambini- il figlio di Gabriele si riprende miracolosamente dopo essere stato lì lì per morire. E la riflessione del vecchio Gabriele che piange la morte della moglie (come si erano sentiti in colpa per essersi innamorati mentre il fidanzato di lei combatteva sul fronte russo!) diventa quella di chi ama e non è mai stato sfiorato dal pensiero di restare solo- ‘il più osceno dei destini è sopravvivere a coloro che il tuo cuore fu così stupido da scegliere e ritenere immortali’. Parole bellissime.

      Ogni capitolo del romanzo inizia con la breve descrizione di un paesaggio o di un’atmosfera, come per sgombrarci la mente da quanto abbiamo finito di leggere nel capitolo precedente, per farci riprendere il passo e affrontare nuove storie. Sono i personaggi a dominare la scena, in questo ampio romanzo. Lo sfondo, la Storia, le azioni degli squadristi, l’avvento di Mussolini, la seconda guerra mondiale (vista soprattutto attraverso l’esperienza di Domenico in Africa), il miracolo economico, gli scioperi e poi il diffuso benessere, il diritto allo studio e le rivolte studentesche, fino alle nuove possibilità dei bisnipoti di Maurizio Sartori di studiare all’estero- tutto questo, scritto con una penna leggera, scorre come le immagini di un cinegiornale e sono i personaggi a renderlo vivo perché ci vivono dentro. Sono tutti personaggi inquieti. Sembrano tutti dover espiare la colpa di un peccato originale, il marchio del vigliacco impresso sulla fronte del padre o del nonno o del bisnonno.
Tocca a Letizia, bisnipote di Maurizio, una delle molte e belle figure femminili del romanzo, esternare il pensiero che, se ai loro nonni e padri era toccato in sorte di sopportare il dolore fisico, la fame e la povertà, alla loro generazione spettava un altro tipo di dolore, un ‘destino di ferite interiori’. La loro non era una di quelle guerre che finiscono sulle pagine di un libro. Era la costante paura del futuro, ‘e forse un altrettanto grande timore di voltarsi’: avrebbero potuto pietrificarsi ‘sotto il peso di quanto accaduto prima di loro, un cumulo insostenibile di morte e di vita, ricchezza e spreco.’
      Mi è capitato spesso di ripensare a queste parole in questi giorni di pandemia da coronavirus.

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a breve l'intervista con lo scrittore
recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it


      

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