lunedì 28 gennaio 2019

Sébastien Spitzer, “I sogni calpestati” ed. 2019


                                                          Voci da mondi diversi. Francia
             biografia romanzata
             Shoah

Sébastien Spitzer, “I sogni calpestati”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. F.Bruno, pagg. 308, Euro 15,30

        Ho pensato al film del 2004 “La caduta”, con la regia di Oliver Hirschbiegel, Bruno Ganz nella parte di Hitler e Corinna Harfopuch in quella di Magda Goebbels, leggendo il romanzo di Sébastien Spitzer che mescola realtà storica e finzione narrativa. Due filoni nel libro: uno (quello che mi ha ricordato il film) sotto terra, nel bunker del Führer nel cuore di Berlino, e l’altro all’aperto in una Germania devastata. Magda Goebbels, moglie del Ministro della Propaganda, personaggio centrale del primo filone a fianco del marito e dei suoi sei bambini, di Hitler, di Eva Braun, di Speer e dei cani del Führer, e- nel secondo filone- i prigionieri fuggiaschi, scampati all’incendio appiccato ad un fienile in cui erano stati rinchiusi insieme ad altri deportati ebrei- il quindicenne Judah, Fela (la giovane donna che zoppica), la sua bambina Ava che porta il nome della levatrice che le ha permesso di vivere, di non finire annegata come un gattino.
Magda Goebbels
La claustrofobia del bunker, la minaccia incombente dell’Armata Rossa che avanza, con i flashback che ricostruiscono la vita della quarantacinquenne Magda nella prima narrativa e l’aria aperta, i pericoli in agguato ad ogni passo, nascosti in ogni casolare, con i ricordi neri di quello che hanno passato nella seconda. C’è anche una terza narrativa- le testimonianze degli internati dei campi, le lettere e i disegni racchiusi in un cilindro di vecchio cuoio, portati in salvo come materiale prezioso. Perché nessuno possa dire che si è trattato di pura invenzione, che non è successo nulla.
     La storia di Magda Goebbels ha un fascino morboso, pari alla sua fascinazione per il Führer che fu il motivo, forse, per cui lei, che era stata già sposata ed aveva un figlio, si lasciò conquistare da Joseph Goebbels, l’intelligente ministro di Hitler, ottimo oratore, ma piccolo di statura e zoppo nonché impenitente donnaiolo. Di Magda tutti conoscono la fine, tutti sanno della sua incomprensibile e cieca lealtà verso l’uomo in onore del quale aveva scelto nomi che iniziassero per H per tutti i suoi figli, di quella vocazione al suicidio trascinando con sé nella morte, uccidendo lei stessa i sei bambini, dopo aver rifiutato la proposta di Speer di portarli via in salvo.
Pochi sanno invece della sua infanzia che ci aiuta a capire il suo arrivismo e l’ansia di emergere- il fatto stesso che Magda avesse più di un padre è indice dell’incertezza sull’identità del suo vero progenitore: era forse l’ebreo Friedländer che morì in un campo di concentramento senza che lei alzasse un dito per salvarlo? E nel contenitore di cuoio che passa dalle mani di Judah a quelle di Fela e poi a quelle della piccola Ava ci sono anche le disperate lettere di Friedländer a una figlia che non vuole saperne di lui.
      La storia delle vittime, contrapposta a quella dei carnefici, è contenuta in questi preziosi documenti, ci viene raccontata da Fela che era internata nel blocco 24-A, da Judah che è stato strappato alla sua famiglia senza poter dare un bacio d’addio a sua madre, dai ricordi confusi della piccola Ava, la bambina miracolata. E poi la sorte si capovolge, la fine degli uni è la salvezza degli altri.

     Il libro di Sébastien Spitzer, reporter di guerra che ha vinto il Prix Stanislas 2017 con questo suo primo romanzo, non aggiunge molto di nuovo a quanto già sappiamo, ma piacciono lo stile terso e le frasi brevi, piace la contrapposizione tra buio e luce, tra carnefici e vittime con un finale che vede una giustizia ristabilita- a quale caro prezzo, però.

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