sabato 19 gennaio 2019

Leif GW Persson, “La donna che morì due volte” ed. 2018


                                                                   vento del Nord
                                                            cento sfumature di giallo


Leif GW Persson, “La donna che morì due volte”
Ed. Marsilio, trad. Katia De Marco, pagg. 478, Euro18,00

     Un film di Alfred Hitchcock era intitolato “La donna che visse due volte”, un intrigo con due donne che in realtà sono la stessa persona, un finale tragico di giustizia poetica. Leif GW Persson, criminologo e scrittore, ha scritto una storia che in qualche maniera mi ha fatto pensare al film del 1958 nel suo nuovo romanzo “La donna che morì due volte” in cui il commissario protagonista non è più lo stimato Johansson (il commissario che vedeva dietro gli angoli) ma Evert Bäckstrom che abbiamo già definito il più antipatico investigatore sulla scena letteraria del genere. Rozzo, volgare, maschilista, razzista, corrotto- altri aggettivi negativi? Aggiungete a caso, andrà bene di certo. Dimenticavo: scansafatiche, propenso a far lavorare gli altri al suo posto.
Claes Malmberg: perfetto per Bäckstrom sullo schermo
     Un ragazzino scout di undici anni, Edvin, vicino di casa di Bäckstrom (e suo ammiratore, ahimé), trova un teschio su un’isola dell’arcipelago di Stoccolma durante un campo estivo. E lo porta di filato da Bäckstrom. Sono pagine ilari e ironiche, quelle all’inizio del libro. Non sappiamo se prevale l’ironia nei confronti del movimento scout che ha per motto ‘sempre pronti’ o quella verso le lezioni che Bäckstrom ha impartito ad Edvin che ha seguito la corretta procedura nel macabro ritrovamento, quasi fosse un giovane investigatore invece di un giovane esploratore. Edvin azzarda anche l’ipotesi (si rivelerà corretta) che si tratti del teschio di una donna. A noi non resta che sperare che non diventi un clone di Evert Bäckstrom.
Comunque non è facile attribuire un’identità al teschio, neppure quando si ritrova lo scheletro. Un sacchetto del Lidl aiuta a collocare l’omicidio nel tempo. Perché di certo si tratta di omicidio, un colpo di carabina alla tempia. Il problema sorge quando la donna, identificata come la tailandese Jaidée (sposata con uno svedese), risulta già morta dodici anni prima, nello tsunami che sconvolse la costa della Thailandia. Nessuna possibilità di errore, la madre e il marito avevano identificato il cadavere, il corpo era stato cremato, le ceneri disperse nell’aria. Oppure sì, c’è stato un errore? E se sì, come è stato possibile?
tsunami del 2004
     Leif GW Persson è abilissimo. Perché la tensione del romanzo si regge non tanto sulla ricerca del colpevole, quanto sull’inchiesta per capire che cosa sia successo, come sia potuto succedere e, visto che non si può morire due volte, chi sono le due donne morte? E’ abilissimo perché il ritmo della narrazione è veloce anche se non ci sono inseguimenti e manca il brivido della paura- non avrebbe senso che ci fosse un altro omicidio. E poi “La donna che morì due volte” è un romanzo che si legge sorridendo- e non è da poco per un ‘giallo’. Sorridiamo del comportamento di Bäckstrom (disprezzandolo), scopriamo che Bäckstrom non è l’unico poliziotto ‘non eccellente’, ci divertiamo con il comportamento fuori dalle righe di Annika, la poliziotta culturista, e abbiamo l’impressione che il ritratto del piccolo Edvin sia quello di un Bäckstrom in miniatura.
     Leif WG Persson è il migliore scrittore svedese di ‘gialli’ dopo la morte degli amati Stieg Larsson e Henning Mankell.

Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook


   


Nessun commento:

Posta un commento