mercoledì 1 febbraio 2017

Silvia Bonucci, “Distanza di fuga” ed. 2011

                                                                   Casa Nostra. Qui Italia
           la Storia nel romanzo
           il libro ritrovato

  Silvia Bonucci, “Distanza di fuga”
Ed. Sironi, pagg. 221, Euro 16,50

  Sì…mi scusi…ma non ho capito la domanda…”
  “Secondo lei, perché la bambina non ha detto niente?”.
 [Porta la mano sinistra alla tempia, guardando un punto indefinito davanti a sé]”…e perché una bambina di otto anni dovrebbe voler ricordare di aver guardato negli occhi l’assassino di suo padre?”.  

      Zoe: significa ‘vita’ in greco. Zoe Vinci: com’è che una giovane donna con un nome così fortemente positivo (il suo vero cognome, di cui Vinci è un’abbreviazione, lo è ancora di più,  lo scopriremo in seguito) ha un atteggiamento rinunciatario verso la vita? Come se si lasciasse vivere, schermandosi da ogni possibile conflitto o coinvolgimento.
“Distanza di fuga”, il nuovo romanzo di Silvia Bonucci pubblicato da Sironi, è la storia di Zoe, fisioterapista a Genova e, insieme, è la storia della sua famiglia che si inserisce nella storia d’Italia- con un accenno a quella più lontana (il nonno partigiano) e con un forte, dolorosissimo aggancio a quella (neppur tanto recente, ormai, ma non ancora assimilata) degli anni di piombo.

Sembra che Zoe, sui trentacinque anni, stia sempre fuggendo, sempre di fretta sul vecchio motorino, tra un appuntamento e l’altro nelle case dei pazienti che ha in cura. E’ vero che Zoe fugge da qualcosa- dai ricordi. Fugge soprattutto da tutto ciò che può innestare i meccanismi della memoria: giornali, televisione, manifestazioni politiche. E’ l’esatto contrario del nonno, sordo per l’esplosione di una granata, che è, invece, il cultore della memoria. Che archivia incessantemente articoli, foto, ogni genere di documentazione riguardo a quel passato che ha segnato per sempre la famiglia: suo figlio, il padre di Zoe, è stato una vittima delle Brigate Rosse. Zoe aveva otto anni, era con lui. Zoe ha visto, Zoe ha sentito, Zoe ha rimosso.

     Silvia Bonucci ci guida con cautela dentro il dolore della perdita, lungo il sentiero della rinascita e della riconciliazione, inserendo, una dopo l’altra, tessere diverse e in apparenza incongruenti di un puzzle che finisce per formare un quadro. I ricordi di Zoe affiorano a poco a poco, mentre inizia una relazione (con diffidenza e timore, tra l’avvicinamento e la fuga) con un uomo che ha conosciuto per caso- c’è di mezzo un cane galeotto. Ma, nel frattempo, il lettore è aiutato nella ricostruzione da stralci del diario di Zoe bambina (vocetta che ci trapassa il cuore), dalla registrazione di un interrogatorio con l’uomo che ha ucciso suo padre (solo alla fine Zoe avrà la forza di guardare il video), da uno scambio di lettere di due padri affranti (è il padre del brigatista che contatta per primo nonno Fabrizio), da frasi dette dalla coppia di amici di Zoe, da sua sorella (era molto piccola all’epoca dei fatti, ha sofferto di meno), da sua madre (che ha trovato la pace in un convento). E intanto, lungo tutta la narrazione e sullo sfondo di una Genova congestionata, scorrono altri due filoni- uno che è una sorta di leit motiv e l’altro che è come un coro di voci di altre sofferenze. E’ il padre che ha insegnato a Zoe la passione per l’etologia ed è affascinante seguire- nei passaggi che si riferiscono ai comportamenti animali- quanto siano istintive e ‘animali’ le reazioni di Zoe. Compresa quella distanza di fuga del titolo, con cui Zoe tiene a bada chiunque voglia stringere un rapporto con lei.
Ci sono poi i bozzetti dei pazienti di Zoe, ognuno con il suo dolore fisico accompagnato spesso da altre afflizioni. Non tutti i clienti sono simpatici a Zoe. C’è una bimba, però, che strappa il cuore a lei e a noi. In un certo senso la piccola Sofia, che ha un tumore inguaribile, la dolcissima bambina che, fragile fantasma nel lettino d’ospedale, dice a Zoe che le ha fatto il più bel regalo della sua vita (quanto breve è stata- è una pugnalata per Zoe e per il lettore) portandole dei pesci in un acquario, è un alter ego della stessa Zoe, che tuttavia non è morta, per quanto colpita nel profondo, all’età di Sofia.
      “Distanza di fuga” è un bel romanzo, con un’insolita prospettiva sulla nostra storia tormentata.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



     

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