venerdì 17 febbraio 2017

Riccardo Chiaberge, “Salvato dal nemico” ed. 2004

                                                                     Casa Nostra. Qui Italia
           seconda guerra mondiale
           il libro ritrovato

Riccardo Chiaberge, “Salvato dal nemico”
Ed. Longanesi, pagg. 304, Euro 14.00


    La vita riserva delle sorprese incredibili. Siamo soliti dire, “è stato un caso”, e poi chissà se è vero che è stato un caso, chissà se è vero che esistono le coincidenze. Per caso Ettore Monticone, il protagonista del romanzo “Salvato dal nemico” di Riccardo Chiaberge, incontra Brigitte durante un viaggio a Tokyo dove entrambi sono inviati dai loro giornali per il Vertice mondiale sul clima. Abbastanza prevedibile che ci sia una storia d’amore tra i due che proseguirà a distanza, lei in Germania, lui in Italia, tra telefonate e e-mail. Ma la storia di questo incontro fortuito del 1997 serve per raccontare quella di un altro evento che si potrebbe definire casuale per mancanza di una spiegazione, ma che non può affatto essere stato tale: il padre di Ettore era stato l’unico ostaggio a non essere fucilato dai nazisti nei giorni di Pasqua del 1944, a Cunassa, vicino a Torino. La narrazione procede su due piani, con la vicenda del presente, un poco più esile ma importante per la sorprendente soluzione finale, e quella del passato, ad iniziare dal 1885 con la storia dei nonni e poi della giovinezza dei genitori di Ettore, del loro incontro, dell’amore di Pietro Monticone per la giovanissima Alida. Ci sono anche le lettere che i due fidanzati si sono scambiati: sono datate 1938 e sono le pagine del libro che più di ogni altra ricreano un tempo che non esiste più, perché non ci si ama più come allora, non si usano più le stesse parole, non si affida più alla carta il sentimento, non ci si strugge più per una lontananza superata in un attimo da una chiamata col cellulare o da un SMS che giunge in una frazione di secondo e altrettanto velocemente scomparirà.
La guerra, i bombardamenti su Torino, le ansie di Pietro per la moglie e i bambini, il rifugio a Cunassa e poi l’8 settembre, l’esercito allo sbando, le bande dei partigiani, le rappresaglie dei tedeschi. I documenti della strage dimenticata di Cunassa vengono alla luce solo nel 1994, quando il procuratore militare di Roma apre “l’armadio della vergogna” con i settecento fascicoli occultati di crimini nazisti in Italia. Si chiamava Manfred Scheel il tenente delle Waffen-SS che aveva dato l’ordine di fucilare i 51 civili presi come ostaggi nel paese dopo l’assalto ad un camion da parte dei partigiani. Ed era stato lui che aveva anche dato l’ordine di risparmiare Pietro Monticone.
E il figlio Ettore fa ricerche negli archivi, interroga chi trova ancora in vita, e, come ci si può aspettare, la memoria individuale è diversa per ognuno, e la storia dei patteggiamenti con i partigiani, con ancora l’intervento del caso che fa forare una gomma, fa prendere la strada sbagliata all’auto degli intermediari facendoli arrivare quando l’ultimatum è già scaduto, non è la stessa secondo lo schieramento politico di chi la racconta. E sempre, dietro le domande, il dubbio che rode Ettore: suo padre è stato salvato perché era un collaborazionista? Da una parte della frontiera c’è un figlio che cerca la colpevolezza del padre e dall’altra quello che cerca di scagionare il suo- è colpevole chi esegue un ordine?    

la recensione è stata pubblicata su www.lettera.it






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