domenica 11 dicembre 2016

Kunzang Choden, “Il viaggio di Tsomo” ed. 2016

                                                  Voci da mondi diversi. Asia
   romanzo di formazione
   FRESCO DI LETTURA

Kunzang Choden, “Il viaggio di Tsomo”
Ed. O Barra O, trad. L. Maconi, pagg. 379, Euro 15,30

      Per chiunque sia curioso di altre culture e di altri mondi, questo è il libro perfetto. Perché l’autrice, Kunzang Choden, è nata in Bhutan nel 1952 ed è la prima scrittrice bhutanese a scrivere un romanzo in inglese. A nove anni Kunzang Choden fu mandata dal padre, un ricco proprietario terriero, a studiare in India dove imparò l’inglese e dove completò gli studi prima di frequentare un’università americana. Ha lavorato nelle Nazioni Unite ad un programma per lo sviluppo del Bhutan ed attualmente vive a Thimphu, capitale del Bhutan, con il marito svizzero e i tre figli.
     “Il viaggio di Tsomo” è, come dice il titolo, la storia di un viaggio, in senso letterale e in senso metaforico. E’ il viaggio di Tsomo, dopo aver lasciato la sua casa in cui la situazione con il marito era diventata insostenibile ed è anche il percorso di crescita di Tsomo, attraverso difficoltà, solitudine, incontri più o meno felici nella continua ricerca della pace dell’anima offerta dal Budda.

    Tsomo appartiene ad una famiglia numerosa, il padre è un gomchen, un religioso laico, la madre è una donna dolcissima che muore nel tentativo di dare alla luce l’ennesimo figlio. A Tsomo sarebbe piaciuto studiare, diventare un’alunna del padre, ma lo studio è precluso alle donne. Tsomo si innamora, resta incinta, si sposa, il bambino nasce morto e da qui tutto cambia. Incomincia quella che sarà una malattia che Tsomo si trascinerà per quasi tutta la vita finché avrà il coraggio, spinta da un lama intelligente, di farsi operare in un ospedale americano in India. Il ventre di Tsomo rimane gonfio (una qualche forma di tumore benigno che va ingrossandosi?), lei è depressa e sformata, il marito cerca il letto della bella sorella di Tsomo. Nella cultura bhutanese è accettabile che un uomo abbia un’altra moglie, ma Tsomo non lo accetta e se ne va.

    Incomincia il viaggio di Tsomo, per la prima volta lontana da casa. E per noi è tutto nuovo e diverso dai viaggi dei protagonisti dei romanzi europei o americani per conoscere il mondo e affinare la cultura nell’ultima tappa prima di ‘diventare grandi’. Per un lungo periodo Tsomo lavora come spaccapietre, un lavoro duro che, però, le fa incontrare delle amiche. Sembra una foglia trascinata dal vento, Tsomo, nel suo viaggio. I suoi spostamenti a volte sono casuali, perché qualcuno parla della possibilità di lavoro in un certo luogo o perché- molto spesso- c’è l’attrattiva (irresistibile per lei) di un pellegrinaggio. In Nepal, in India, sulle tracce di famosi lama.
E intanto mille dettagli della vita minuscola e quotidiana di Tsomo ci parlano della condizione femminile, dei rapporti con gli uomini (non si parla di amore, piuttosto di un bisogno di compagnia, di calore del sesso), di donne che restano incinte e contraggono dei finti matrimoni con una statuetta di pane (un rito di purificazione), di lavoro al telaio per tessere le meravigliose stoffe colorate che servono per pagare le tasse e che sono ricercate dagli stranieri, di offerte votive con candele a burro, di cibo esotico (mai molto appetitoso, a dire il vero, sembra sia cucinato solo per sfamarsi), di infinite tazze di tè al burro, di liquore ara ottenuto facendo fermentare i cereali. Sono gli anni ‘50, pochissimi sono i riferimenti agli avvenimenti mondiali (e come potrebbe saperne qualcosa Tsomo o le persone che incontra che sembrano vivere in una realtà immutabile?), veniamo solo a sapere dei tibetani in fuga dai comunisti, della persecuzione dei monaci e null’altro.
    Si parla molto di karma. E’ il karma ad essere responsabile di quello che accade ad ognuno, sono le nostre vite precedenti che determinano la nostra sorte (“The circle of karma” è il titolo originale), il medico americano fatica a convincere Tsomo che può fare qualcosa per combattere il karma che è causa del suo male.
Ma è sempre il karma che, alla fine, spinge Tsomo ad indossare l’abito rosso delle monache. E sopravviene un senso di pace e di riconciliazione. Tsomo ha raggiunto quella spiritualità a cui ambiva fin da bambina, ha ritrovato la famiglia, un sentimento di amicizia la riavvicina all’ex marito che è ora è suo cognato: che altro può desiderare?



    

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