sabato 24 dicembre 2016

Ada Murolo, “Si può tornare indietro?” ed. 2016

                                                                          Casa Nostra. Qui Italia
                                                                          la Storia nel romanzo
       seconda guerra mondiale
       FRESCO DI LETTURA

Ada Murolo, “Si può tornare indietro?”
Ed. Astoria, pagg. 205, Euro 13,60


    Tutta la vita in un giorno. Sono tanti i romanzi che hanno condensato tutta la vita in un giorno. Citiamo i più famosi, l’”Ulisse” di Joyce, o “Mrs. Dalloway” di Virginia Woolf. Oppure “Una giornata perfetta” della nostra Melania Mazzucco da cui il regista Ozpetek ha tratto un film. Sul grande schermo anche “Una giornata particolare” con Marcello Mastroianni e Sophia Loren mette a fuoco la vita dei due protagonisti in una sola giornata, quella del 6 maggio 1938, quando Hitler è in visita a Roma.
   Un’altra giornata eccezionale in “Si può tornare indietro” di Ada Murolo- il 4 novembre 1954, data che segna l’annessione di Trieste all’Italia. Tripudio della gente in piazza Unità d’Italia. Il tricolore che sventola ovunque, che occhieggia nelle vetrine negli accostamenti più insoliti- tre ombrelli, bianco, rosso e verde, tre paia di guanti, ci si può sbizzarrire. La guerra è finita da nove anni. Sono pochi, sono tanti. Pochi per essere usciti dalla miseria e per avere dimenticato. Tanti per essere cambiati, perché il tempo segna inesorabilmente le persone. Due donne sono le protagoniste di questa giorno, si conoscevano molto bene, erano amiche, tanto amiche che una, Alina, era stata l’unica a sapere della gravidanza non voluta dell’altra, Berta. La aveva perfino accompagnata, in gran segreto, da una di quelle donne che facevano abortire- se ne erano venute via senza fare nulla. E, al rientro a casa, Alina non aveva più trovato la madre, il suo mondo si era capovolto. Era il 1943.

     Oggi, 4 novembre 1954, Berta e Alina sono entrambe nella folla in festa, senza sapere nulla l’una dell’altra. Berta è tornata a vivere a Trieste da pochi mesi dopo aver seguito in Romagna l’uomo che l’aveva messa incinta e poi sposata. Un matrimonio infelice da cui erano nate due bambine. Non è felice neppure a Trieste, Berta, assediata dal cognato che era stato fascista ed era uno dei due militi che avevano portato via la madre di Alina.
Alina è internata nel manicomio di San Giovanni e questa mattina è scappata fuori. E’ spaesata, sente gridare, non sa distinguere il vociare di esultanza da quello pauroso che le rintrona nella mente. Quando le chiedono il nome, Alina mostra il numero sul braccio. In mezzo alla gente vede una testa di donna che le pare di riconoscere, ma sì, è sua madre, deve essere sua madre perché ne riconosce gli orecchini di brillanti.

     Presente e passato si alternano nelle pagine del romanzo di Ada Murolo che non fa l’errore di ‘immaginare’ o riportare testimonianze dei campi di concentramento. I ricordi dell’orrore sono quelli annebbiati nella mente di Alina traumatizzata e segnata per sempre dalla tragedia e i giorni della discesa agli inferi di Alina, i momenti bui della storia d’Italia che nessuno vuole ricordare o anche solo ammettere che ci siano stati- le delazioni per un po’ di soldi, le retate, la Risiera di San Sabba che fu usata dapprima come campo di prigionia e di smistamento ma che poi ‘si arricchì’ di un forno crematorio, i treni piombati- si alternano con le vicende di Berta, sposa infelice insidiata dal suocero in “Italia” mentre si strugge di nostalgia per la sua Trieste, per poi passare al presente, alle ore in piazza, a quel rincorrersi inconsapevole di Berta e Alina. Si incontreranno? Si riconosceranno? Soprattutto, si può tornare indietro?
Risiera di san Sabba
  Il finale di “Si può tornare indietro?” è aperto. Se tornare indietro significa cancellare il passato, questo è indelebile come i numeri tatuati sul braccio di Alina. Non si può dimenticare, come non si possono eliminare le due bambine di Berta.
Se invece significa accettare quello che è stato, riconoscere le colpe e gli errori, tornare indietro per poi andare avanti nella luce, ricucendo gli strappi della vita, allora forse sì. Forse è questo quello che ci vuol dire questo libro che si apre mettendo a fuoco l’immagine di un bacio immortalato dalla macchina fotografica- la ragazza che saluta il soldato americano che lascia Trieste, sospesa in aria tra le braccia di lui che si affaccia dal finestrino del treno. Le truppe straniere lasciano Trieste. C’è stato il Male, c’è stato anche il Bene, se guardiamo la ragazza innamorata. Prendiamo entrambi.

   







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