venerdì 11 marzo 2016

Mo Yan, “Il paese dell’alcol” ed. 2016

                                                    Voci da mondi diversi. Cina
         premio Nobel
         noir
         FRESCO DI LETTURA

Mo Yan, “Il paese dell’alcol”
Ed. Einaudi, trad. M.R. Masci, pagg. 363, Euro 17,85



    L’ispettore Ding viene mandato a Jiuguo per appurare la verità su certe voci che circolano: sembra che a Jiuguo, il paese famoso per la produzione dell’alcol, ci sia un commercio di bambini per scopi alimentari. I bambini dalla carne tenera sono un piatto prelibato, insomma. L’ispettore Ding parte, compreso del suo dovere, scandalizzato e indignato- è possibile che si possa giungere a tanto? Il viaggio di Ding avrà però un esito sorprendente, il tema del viaggio come mezzo di scoperta e miglioramento di sé sarà completamente capovolto. Scoprirà molte cose, Ding, (sarebbe stato meglio che non le scoprisse), ne uscirà cambiato…in peggio da questo viaggio di formazione al negativo.
      Tanto per incominciare, nonostante le sue proteste, Ding non riesce a sottrarsi alle libagioni
- si usa così, nel paese dell’alcol, poche storie, non può rifiutare, si offendono, porta male…Ovvio che a Ding giri presto la testa, abbia i sensi offuscati, finisca sotto il tavolo, e peggio ancora. Come fa a capire se quello che viene portato in tavola, un piatto con sopra un bambino seduto, adorabile e grassottello, è quello che sembra- proprio un bambino- oppure, come gli dicono, è una specialità locale che ha l’aspetto, sì, di un bambino, ma è ‘costruito’ per apparire tale, con pezzi di carne, fiori di loto, verdure varie?
    Le avventure di Ding nel paese delle meraviglie non è, tuttavia, l’unico filone del romanzo di Mo Yan, pubblicato in Cina nel 1992 e solo ora tradotto in italiano e Ding non è l’unico protagonista. Lo stesso Mo Yan, infatti, appare in quanto personaggio (andrà anche lui nel paese dell’alcol, finirà anche lui sotto il tavolo- chi è il doppio di chi? Ding o Mo Yan?), come il se stesso scrittore che riceve una lettera da un dottorando in distillazione e aspirante scrittore di Jiuguo che chiede la sua opinione su un racconto che ha scritto. Nascerà una corrispondenza (secondo filone) che è un piccolo trattato di scrittura- Mo Yan legge e commenta i racconti che, uno dopo l’altro, gli invia il dottorando, suggerisce cambiamenti, loda ed esprime perplessità.
E infine ci sono i racconti del dottorando (terzo filone) su una serie di soggetti che hanno a che fare con il paese dell’alcol e la pietanza speciale di carne di bambino- la lezione di cucina tenuta dalla suocera del dottorando è raggricciante, ma anche altri racconti imperniati su piatti tipici sono altrettanto- a dir poco- sconcertanti. Le tre tracce del romanzo si riuniscono nel finale che ha qualcosa di pirandelliano, con i personaggi veri che si confrontano con quelli creati dalla mente del dottorando e rimaneggiati da Mo Yan.

    In uno dei racconti si dice che gli aerei che sorvolano la zona di Jiuguo ondeggino come ubriachi per i vapori che salgono verso il cielo- ecco, anche a noi lettori gira la testa in uno stupore alcolico, dopo aver terminato la lettura de “Il paese dell’alcol”. Il tema dei bambini ingrassati e venduti per cibo non è certo nuovo- Jonathan Swift ha fatto scuola. Ma il tono di Swift era di ironia selvaggia, diverso da quello di Mo Yan. L’ironia di Swift voleva dire l’opposto di quello che suggeriva, mentre Mo Yan insinua il dubbio di una possibile verità (una denuncia simile era pure nel libro di Ma Jian, “La via oscura”, dello scorso anno), attenuandola in una nebbia di ubriachezza che rende tutto incerto.
     Non è un romanzo di facile lettura, “Il paese dell’alcol”. A tratti è addirittura sgradevole, per il tema trattato, per l’atmosfera che avvolge tutte le narrazioni e per i personaggi di cui nessuno riesce a suscitare la nostra simpatia.



    

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