mercoledì 16 marzo 2016

Colm Tóibín, "The Master" ed. 2004

                                   Voci da mondi diversi, Gran Bretagna e Irlanda
           biografia romanzata
           il libro ritrovato


Colm Tóibín, “The Master”
Ed. Fazi, pagg. 365, Euro 15,00

Un romanzo di Henry James era intitolato “The lesson of the Master” e poi il critico Simon Nowell- Smith aveva scritto un libro su di lui, “The legend of the Master”- e Henry James è rimasto per tutti, critici e lettori, “il Maestro” del romanzo del XX secolo. A lui è dedicata la biografia romanzata “The Master” dello scrittore irlandese Colm Tóibín, appena pubblicata dalla casa editrice Fazi (pagg. 365, Euro 15,00), un romanzo sulla vita di Henry James e un romanzo sui romanzi di Henry James con la tecnica del “punto di vista” resa famosa dal Maestro: tutto quello che apprendiamo dei quattro anni cruciali della vita dello scrittore, dal 1895 al 1899, è filtrato attraverso la mente dello stesso Henry James, è una visione soggettiva della realtà con gli occhi del protagonista. Il 1895 inizia con la prima dell’unico dramma di James, il Guy Domville : Henry è certo che sarà un successo e invece è un fiasco colossale. James è sempre stato un solitario, ma adesso si isola ancora di più, da Londra si trasferisce a Rye, nel Sussex, dove riceve pochissimi amici e il fratello William. E ogni giorno detta ad un segretario pagine di novelle, di romanzi, perché il male alla mano gli impedisce di scrivere a penna come una volta.
Henry James
Sono i quattro anni in cui scrive alcuni dei suoi romanzi più belli, ed è la sua vita quotidiana, gli incontri che fa, quello che gli raccontano, che la sua mente rielabora e trasforma nelle storie dei suoi libri. La sua memoria ritorna indietro nel tempo, all’infanzia segnata da un padre che voleva che i figli “fossero” piuttosto che “facessero” qualcosa, alla Guerra Civile a cui lui e William non avevano preso parte, alla sorella e all’amatissima cugina, alla scrittrice Constance Fenimore Woolson con cui aveva avuto una lunga relazione di amicizia affettuosa. Erano morte tutte, Alice e Minnie e Constance, e lui si sentiva in colpa per la morte di tutte e tre, e tutte e tre in qualche modo rivivevano nei suoi romanzi, nella zitella che custodisce le carte di uno scrittore famoso nei “Carteggi Aspern”, nell’incantevole Milly di “Le ali della colomba”, nell’altera Isabel Archer.
Isabel Archer interpretata da Nicole Kidman
Con la stessa finezza elusiva che James usa nei suoi romanzi Colm Tóibín introduce i personaggi maschili verso cui lo scrittore si sente attratto- il pittore francese, un servitore raffinato che legge i suoi libri, lo scultore incontrato a Roma, bello come una statua greca. Ma Henry James si tira sempre indietro, come se, per scrivere della vita, per lui fosse necessario guardarla e poi pensarla e poi esprimerla in parole, perché “la vita è un mistero e solo le frasi sono belle”. Stilos ha incontrato Colm Tóibín a Milano.

Uno scrittore irlandese che scrive di uno scrittore americano che ha vissuto in Inghilterra: come mai questa scelta? Com’è nato il romanzo “The Master”?
    Era l’estate del 1974, avevo diciannove anni e un lavoro temporaneo in un ufficio quando ho letto per la prima volta “Ritratto di signora”. Era un libro che non aveva nessun legame con me e con quello che ero, non sapevo niente di quell’ambiente, non ero mai stato fuori dell’Irlanda, eppure ebbe un effetto enorme su di me. Pensavo che fosse un esercizio di stile e poi mi sono reso conto che aveva una trama incentrata sulla duplicità, e io venivo da un luogo in cui non esisteva la duplicità, uno era quello che era e basta. L’anno dopo andai all’università e gli altri studenti odiavano James, perché scriveva di gente ricca e aristocratica, e amavano Joyce, perché scriveva della vita vera, quella che avviene in strada. Sembra incredibile, avevamo vent’anni, ed eravamo lì a discutere su chi fosse meglio, Joyce o James, stavamo a parlare di questo americano grasso che scriveva frasi difficili. In poco tempo lessi almeno cinque romanzi di Henry James e fu un’esperienza splendida. Ma non avevo mai pensato a lui come ad una persona che avesse una vita. Pensavo che quello che scriveva gli venisse da dentro, che inventasse dal nulla. Poi, molto tempo dopo, quando scrivevo articoli per i giornali, mi capitò di dover scrivere di James e incominciai a documentarmi sulla sua vita e capii come questa entrasse nei suoi romanzi. Mi resi conto che usava luoghi che aveva visto e persone che aveva incontrato per scriverne nei romanzi. In uno di quei momenti al mattino in cui si indugia ancora a letto con pensieri vaghi, ebbi l’idea di James come personaggio di un libro e di come avrei potuto cercare di descrivere la sua vita intima. A questo punto dovevo cercare un editore che mi finanziasse perché potessi avere un periodo di tre anni per fare ricerche e scrivere. E trovai un editore che mi disse, “mi pare un’idea tremenda, ma fai pure!”.

 Scrivere una biografia romanzata deve essere più difficile che scrivere una biografia.
     No, in realtà non penso che sia più difficile. In una biografia bisogna inserire ogni dettaglio, non si può decidere che cosa inserire e che cosa tralasciare. Da questo punto di vista il mio lavoro è stato più facile, perché ho selezionato gli aspetti della vita di James che mi interessavano. Certo, ho dovuto lavorare sul lato emotivo dello scrittore, cercando di immaginare i suoi pensieri e le sue emozioni piuttosto che elaborare semplicemente le informazioni.

Pensa che “il Maestro” fosse anche maestro della sua vita, che piegasse la sua vita agli intenti della letteratura?
James Joyce
     Penso che Henry James avesse molti desideri non realizzati nella sua vita e che altri scrittori, James Joyce ad esempio, abbiano sacrificato di più la vita privata alla letteratura di quanto abbia fatto James. Joyce organizzava tutta la sua vita famigliare intorno ai suoi libri. Tutto sommato James dedicò molto del suo tempo a prendere parte alla vita sociale di Londra, anche se era un grande lavoratore e scriveva con disciplina ogni giorno.

 Nel suo libro ci sono due paralleli tra Henry James e altri due scrittori, Oscar Wilde e Nathaniel Hawthorne, entrambi lontanissimi da James, come tipo di scrittura. Quali erano i suoi rapporti con loro?
A Henry James non piaceva Oscar Wilde, erano troppo diversi. James era un lavoratore, gentilissimo, con maniere impeccabili. Oscar Wilde scrisse pochissimo, un romanzo, quattro drammi, un poema lungo. Quando James lo conobbe, Wilde non aveva scritto niente e faceva un tour negli Stati Uniti tenendo conferenze. Wilde si vantava di essere irlandese, James teneva nascoste le sue origini irlandesi; Wilde era sposato ma amava lasciar capire che era omosessuale, James non era sposato ma non voleva assolutamente che pensassero che fosse omosessuale; le commedie di Wilde ebbero un successo enorme, l’unico dramma di James fu un fiasco e dopo la prima rappresentazione fu sostituito con un’altra commedia di Wilde, “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, così si davano contemporaneamente due commedie di Wilde a Londra.
Oscar Wilde
I due si muovevano nello stesso mondo, ma uno era reticente, timido, industrioso e gentile, l’altro era il suo opposto.  Hawthorne era, per così dire, un vicino di casa di James, le loro famiglie si conoscevano, ma era uno scrittore della generazione precedente. Per Henry James la lettura de “La lettera scarlatta” fu una grande scoperta, ma anche se James era affascinato da lui e scrisse un libro su di lui, Hawthorne era uno scrittore rurale, il tipo di scrittore che James non voleva essere. Henry James era immerso nella lettura di Flaubert, di Balzac e quelli erano i suoi esempi: non voleva scrivere degli intensi romanzi religiosi in cui non c’era nessuna vita sociale.
  
Henry James non è un personaggio simpatico- la malattia dietro cui si schermò tutta la vita, era vera o falsa?
    Falsa, assolutamente falsa. Ed è falsa anche la prova riportata dal suo biografo Edel, secondo cui James subì un danno alla schiena durante un incendio: ci sono delle prove che l’incendio ebbe luogo molto più tardi. Era una forma di ipocondria supportata da sua madre, qualcosa di simile alla sindrome di Munchhausen-  a lei piaceva tenerlo riparato dalla vita, confinato a letto.

Quindi fu per vigliaccheria che né Henry né suo fratello William presero parte alla guerra civile?
     Esattamente. Henry stava meglio a letto. E certo si sentiva in colpa nei confronti dei due fratelli minori, Wilky e Bob, che erano anche rimasti feriti nella guerra e per questo tenne sempre Bob a distanza- si sentiva imbarazzato da Bob, che oltre tutto era un bevitore.

Quali furono i rapporti di Henry con il fratello filosofo, William?
William James
      C’era molta rivalità, c’erano solo diciotto mesi di differenza fra loro due e William tendeva  a tiranneggiare il fratello, William era molto mascolino, sportivo, molto americano; Henry era più delicato e femmineo e sedentario. Fu anche per fuggire alla sua famiglia che Henry andò a vivere a Londra, i rapporti erano migliori da lontano. William pensava che i romanzi di Henry non fossero abbastanza americani, non fossero democratici perché erano ambientati in un ambiente così “altolocato”. E poi gli rimproverava di essere oscuro e illeggibile. E’ strano come i geni vengano a due a due nelle famiglie- pensiamo a Virginia Woolf e alla sorella Vanessa Bell, ai due Mann, a Yeats poeta e al fratello pittore, e a come sempre, in tutte queste famiglie ci sia stata qualche tragedia, il suicidio di Virginia, la malattia di Alice James, i due fratelli di Henry feriti in guerra…

C’è sempre stata molta ambiguità riguardo all’omosessualità di Henry James.
    La domanda sull’omosessualità di Henry James è una domanda difficile e non si può rispondere in maniera anacronistica. James ha vissuto prima di Freud, prima che Freud diventasse un’idea pubblica di cui tutti parlavano. Quando negli anni 1870 James era a Parigi, si sapeva che era omosessuale, era una società più libera e si sapeva che lui si vedeva con il pittore Joukowsky.
Joukowsky
Poi, quando James era sulla cinquantina e viveva a Londra, si interessava a dei giovani, ma non fece mai niente di concreto, ci sono solo delle lettere di lui, piene di un desiderio quasi esplicito. E’ possibile che James, da quando aveva trent’anni alla sua morte, non abbia avuto alcuna esperienza sessuale. Per noi è inconcepibile. Ma allora era normale essere uno scapolo o una zitella, tutti avevano uno zia o una zia non sposati. Sarebbe anacronistico dire che fosse “gay”. E io nel mio libro volevo avere la libertà di non descrivere il sesso, con tanti libri che lo fanno. Per me la scena più erotica del libro è quella in cui lo scultore Andersen dorme in casa di James, lui ascolta tutti i rumori che provengono dalla sua stanza, sente il pavimento di legno scricchiolare, lo immagina andare a letto, ma non lo raggiunge.


Gli ultimi romanzi di James sono scritti in uno stile molto oscuro, con frasi troppo lunghe- a che cosa è dovuto questo cambiamento?
     C’è una specie di scherzo riguardo alla trasformazione dello stile di James: si parla di un primo James e di un secondo James e del “Grande Pretendente”, con riferimento ai re scozzesi James I e James II. Il suo stile diventò più complesso perché voleva dare ancora più sfumature ai suoi romanzi e alle sue storie, suggerire i motivi duplici e triplici dietro i comportamenti dei personaggi, riflettere la complessità della vita.

la recensione e l'intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos



                                                      

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