giovedì 26 novembre 2020

Sergio Grea, “Saigon, addio”

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            cento sfumature di giallo

            guerra del Vietnam

Sergio Grea, “Saigon, addio”

Ed. AmazonEncore, pagg. 354, Euro 9,99 (4,99 formato kindle)

   Aprile 1975. Sono gli ultimi giorni di una guerra tremenda, sono gli ultimi giorni di Saigon, manca poco all’ingresso dei carri armati dei vietcong- un bagno di sangue annunciato. E Saigon cambierà nome, diventerà Ho Chi Min.

    Bob Matthews è un funzionario inglese, fa parte di una commissione formata da due vienamiti, un australiano, un canadese e un texano, per indagare su un traffico d’armi- qualcuno sta trafugando e vendendo all’esercito del Nord le armi americane. Bob sta completando le pratiche di adozione per una bimba di otto anni, salvata dopo il massacro della sua famiglia. Era stato un soldato di nome Daniel a trovare la piccola e a portarla in un ospedale- l’avevano chiamata Danielle in attesa che lei parlasse e dicesse il suo nome. E il nome Danielle le era rimasto, era guarita con le attenzioni che Bob le aveva prodigato. Una cosa è certa: adesso che Saigon sarà evacuata, Bob porterà Danielle in salvo con sé.

   Il destino deciderà altrimenti. O forse non si dovrebbe chiamare ‘destino’ chi ha interesse a togliere di mezzo Bob? Comunque una bimba disperata che stringe al petto una cartella con il suo orsetto sale sull’elicottero che la porta via da Saigon.

    Saltiamo alla parte finale di questo romanzo che si è aperto con pagine ricche di tensione e molto belle che descrivono la tragedia di un popolo spaccato e manipolato da forze diverse e ha poi seguito il fiorire di Danielle di cui si è preso cura l’amico australiano di Bob. Danielle, studentessa brillante, è ora una consulente finanziaria. E questa volta è proprio il destino che la riporta in Vietnam per un incarico di lavoro.

   

L’abilità dello scrittore è nello svelarci a poco a poco l’identità del ‘traditore’ che si è arricchito nel 1975 mentre, nello stesso tempo, ci illustra i cambiamenti (o piuttosto l’immobilità?) del Vietnam dopo le grandi speranze del dopo guerra per bocca di Danielle, che deve analizzare la situazione del paese per giudicare l’opportunità dei massicci investimenti programmati dal suo cliente giapponese. C’è un’atmosfera di un pericolo ben diverso da quello dell’inizio, quando si sapeva da dove veniva la minaccia e il rischio di morte. C’è la sensazione che si debba fronteggiare un Male contro cui sarà difficile combattere. Per scoprire anche che è un Male dai molti tentacoli e non è sufficiente troncarne uno.

    I nemici di Bob sarebbero stati rovinati, se lui avesse denunciato quello che sospettava. E, se la caduta di questi nemici avrebbe avuto gravi conseguenze ‘allora’, sarebbe peggio adesso, perché cadrebbero da molto più in alto. E nessuno può credere che Bob, consapevole del peso della sua scoperta, così preciso e determinato, non avesse messo per iscritto la sua denuncia. Ma dove erano queste carte, che non erano state trovate nella cartella che Bob aveva con sé quando cercava rifugio nell’ambasciata americana? Danielle deve sapere qualcosa, anche se nega. Danielle è in pericolo.


    Il colpo di scena che ci attende è magistrale. E ci fa perfino male. Perché il tradimento è la colpa peggiore- Dante riserba il IX e ultimo girone dell’Inferno per i traditori.

    Il romanzo ha, a tratti, una certa rigidità narrativa, un certo schematismo nella rappresentazione dei personaggi, ma è una lettura coinvolgente e appassionante. Il titolo, “Saigon, addio”, riecheggia nella nostra mente- è il saluto muto della bambina Danielle che parte verso l’ignoto, è l’addio di una città a se stessa che cambia nome e identità, è l’addio forse definitivo di Danielle adulta di nuovo in fuga, è l’addio, infine, a tutto il passato.



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