martedì 12 maggio 2020

Graham Greene, “The human factor”


                              Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                                                              spy-story


Graham Greene, “The human factor”
Ed. New Ed., pagg. 290, Euro 12,63, formato Kindle 8,49

       Una spy-story scritta da Graham Greene non è una banale spy-story. Non c’è niente dell’atmosfera seduttiva e affascinante delle imprese di 007 o dei libri di Le Carré. Già il titolo, “The human factor”, lascia intuire qualcosa di diverso, quel fattore umano di cui la ‘vera’ spia non dovrebbe curarsi- e infatti più di un personaggio del romanzo non se ne cura affatto e considera la morte come un danno collaterale, un incidente di percorso se qualcuno muore per sbaglio. Ma c’è Maurice Castle, il protagonista del romanzo. E Maurice Castle è diverso.
     La trama prende avvio piuttosto lentamente ed è anche abbastanza prevedibile, ma Greene sa come tenere il lettore incollato alle sue pagine, l’atmosfera di dubbio e di incertezza finisce per avvolgerlo e il dialogo è superbo.
    C’è una fuoriuscita di notizie dal settore dei Servizi in cui lavora Maurice Castle con il collega più giovane, Davis. Siamo in piena Guerra Fredda, il mondo è diviso in due blocchi, il Comunismo è il nemico numero Uno e l’ambito di cui si occupano Castle e Davis è l’Africa. Maurice ha vissuto in Sud Africa, ne odiava l’apartheid, è riuscito ad andarsene di là in maniera avventurosa portando con sé la donna di colore che amava e il figlio di lei a cui vuole bene come fosse suo.
Maurice si reca spesso a comprare dei libri in una piccola libreria, acquista sempre due copie dello stesso volume- gli piace discutere delle sue letture con un amico, ma chiunque abbia letto dei libri di spionaggio pensa a messaggi in codice.
     Oltre a Maurice, che ha superato l’età del pensionamento e che pensa prima di tutto alla sicurezza della moglie e del figlio, e a Davis, giovane, sventato e innamorato della segretaria (ma forse anche qualunque altra donna gli andrebbe bene), c’è tutta una galleria di personaggi che hanno ben poco delle spie dell’immaginario- Dinfrey, un animo tormentato quanto Castle, che vorrebbe dare le dimissioni ma non riesce a decidersi, un capo che è incapace di prendersi la responsabilità di decisioni estreme, l’odioso dottor Percival che ‘non si aspettava’ che delle gocce da lui sciolte in un bicchiere d’alcol avessero un effetto così prontamente letale.

    È un mondo di uomini soli, quello che ci dipinge Graham Greene. Un mondo fatto di silenzi perché i mariti non possono tornare a casa alla sera e parlare con le mogli del loro lavoro, un mondo senza amici in cui anche i valori più importanti sono ambigui. La gratitudine: fino a che punto ci si deve spingere per gratitudine? Deve durare in eterno, la gratitudine? Che onere possiamo e dobbiamo accettare per gratitudine? E la parola ‘tradimento’: non si finisce forse per tradire sempre qualcuno o qualcosa? Tradire non è necessariamente il contrario di essere leali. E poi c’è il fattore umano, l’elemento imponderabile, quello che si tralascia di mettere in conto quando si programma una strategia. Che peso ha, il fattore umano? Non lo stesso per tutti, purtroppo, in qualunque circostanza.
     Sono questi interrogativi che rendono sempre speciali, sempre validi, sempre spunto di riflessioni tutti i romanzi di Graham Greene.
Ho trovato in casa una vecchia copia in inglese (ereditata da una zia). Di certo è uno dei romanzi di Greene che la casa editrice Sellerio riproporrà.

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