mercoledì 13 aprile 2016

Anthony Marra, “La confessione di Roman Markin” ed. 2016

                            Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
         la Storia nel romanzo
          FRESCO DI LETTURA

Anthony Marra, “La confessione di Roman Markin”
Ed. Frassinelli, trad. Maria Luisa Cantarelli, pagg. 310, Euro 19,50

     Avete presente il gioco del domino? Ecco, la struttura del nuovo romanzo di Anthony Marra, “La confessione di Roman Markin”, assomiglia al modo in cui si compongono le tessere del domino: otto storie, più una in una sorta di ‘Intervallo’, che solo in apparenza sono racconti a sé, perché c’è in ognuna un personaggio che raccoglie la fiaccola, forse non è direttamente collegato con quello della storia precedente, ma in ogni caso lo riconosciamo, e quel personaggio segue il filo rosso che si snoda nel romanzo per quasi ottant’anni di Storia dell’Unione Sovietica ridiventata poi Russia, tra Leningrado, una Grozny che cerca di risorgere dalle macerie e Kirovsk, la città dalle dodici fonderie di nichel situate intorno ad un lago di scorie industriali, dove l’inquinamento si rapprende in un soffitto che non lascia vedere le stelle, la pioggia brucia la pelle e un uomo su due muore di tumore ai polmoni.

     E’ il 1937 all’inizio del libro. Roman Markin, studioso di arte e aspirante pittore, è un ‘censore di immagini’: dapprima erano poche le fotografie che gli venivano affidate perché le ritoccasse, cancellando volti ormai sgraditi a Stalin per sostituirli con altro, poi sono diventate cumuli. Markin è abilissimo, è nelle grazie di Stalin perché riesce nell’impresa di far sembrare lisce le sue guance butterate dal vaiolo e di non farlo invecchiare mai. Che cosa gli ha preso il giorno che, invece di eliminare del tutto la ballerina che si libra leggiadra sul palcoscenico del Mariinskj, lascia una sua mano sospesa nell’aria? Per questo errore Markin viene arrestato, torturato, accusato di essere una spia polacca. E in altre storie seguenti conosceremo la bella Galina, nipote della ballerina, Miss Siberia, l’attrice che sposa il quattordicesimo uomo più ricco della nuova Russia. Che compra per lei- a Grozny- un quadro del pittore ottocentesco Zacharov. Rappresenta un prato verde su una collina, con un muretto bianco e un pozzo (due ragazzi russi saranno tenuti prigionieri in fondo a quel pozzo, uno dei due era stato il primo amore di Galina ed era saltato in aria su una mina, proprio su quella collina). Roman Markin aveva dovuto mettere le mani su quel quadro, dipingendo in un angolo il capo del partito di Grozny. E non era stato l’unico a ritoccarlo- il curatore del Museo di Arte Locale di Grozny, quando aveva dovuto restaurare uno squarcio nel quadro dopo la prima guerra di Cecenia, aveva dipinto sul rappezzo due piccole figure che si inerpicavano sul prato, la moglie e il figlio che credeva di aver messo al sicuro ed erano morti per una mina.

     Ogni storia è un frammento di Storia, di tempi passati, lontani o più vicino a noi, di menzogne che ci vengono raccontate, di dolori, di guerre, di stratagemmi per sopravvivere, di sensi di colpa che ci perseguitano per tutta la vita (era responsabile della morte dei genitori la bambina che aveva detto che sua madre aveva rubato un quintale di farina? un quintale addirittura? o il bambino di quattro o cinque anni che aveva detto che suo zio- Roman Markin- era una spia?). I personaggi sono tanti, si impara a riconoscerli, a collocarli nella posizione giusta, aiutati dal filo rosso, dagli oggetti che riappaiono- la foto della ballerina, la cassetta di musica che il fratello ha dato a Kolja prima che partisse per la Cecenia, la fotografia di Kolja con il fratellino e la mamma che indossano assurdi costumi leopardati per fare il bagno nel lago inquinato, il quadro con la collina.
E- il dettaglio più angosciante e inquietante- il volto di Vaska, il fratello morto in una purga (chi lo ha denunciato?) che Roman Markin inserisce in tutte le fotografie che deve correggere. Per ricordarlo- come era e come sarebbe diventato-, per salvarlo dal nulla, per farlo vivere per sempre, per far tacere una voce che lo accusa. Ci riesce, Roman Markin. Una studiosa di Grozny (anche lei con la sua storia dietro) scrive una tesi su quel volto misterioso che appare in tutte quelle immagini dell’archivio. E un figlio ormai anziano conoscerà per la prima volta le fattezze del padre.

    Dopo “La fragile costellazione della vita”, Anthony Marra ci ha dato un altro bellissimo libro, insolito, indimenticabile.



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