venerdì 6 gennaio 2023

Stefan Hertmans, “L’ascesa” ed. 2022

                                  Voci da mondi diversi. Area germanica

                                                              biografia romanzata

seconda guerra mondiale

Stefan Hertmans, “L’ascesa”

Ed. Marsilio, trad. Laura Pignatti, pagg. 374, Euro 19,00

 

      Le case parlano. Le case, come le persone, hanno storie da raccontare, basta saperle ascoltare. E sì, ci si può innamorare di una casa, proprio come ci si innamora di un uomo o di una donna con un ‘colpo di fulmine’, per un dettaglio, per un ‘qualcosa’ che ci fa tremare il cuore.

     È di una casa di Gand che lo scrittore Stefan Hertmans (nato a Gand, nelle Fiandre orientali nel 1951) si innamora, nel 1979. Un glicine che si arrampica sulla recinzione serve come la madeleine di Proust per riportare Hertmans alla sua infanzia e farlo decidere di acquistare quella casa, nonostante sia quasi fatiscente. E ci abiterà per vent’anni prima di scoprirne la storia, insieme a quella di chi l’aveva abitata. Niente meno che un collaborazionista del Terzo Reich, un membro del braccio fiammingo delle SS.

    Si chiamava Willem Verhulst quel vecchio proprietario della casa in cui ora abitava lo scrittore e, per una di quelle strane coincidenze del caso, lui aveva avuto il figlio di Willem, Adrian Verhulst, come professore all’università.


Uno strano personaggio, questo Willem Verhulst sulle cui tracce si mette Stefan Hertmans ricostruendone la vita, tra documentazioni, testimonianze delle figlie e di altri che lo avevano conosciuto, e invenzione letteraria. In seguito ad un attacco epilettico avuto da bambino Willem Verhulst aveva perso la vista da un occhio e portava degli occhiali con le lenti spesse. Doveva esercitare un certo fascino sulle donne perché ebbe tre mogli, dalla seconda delle quali, Mientje, erano nati tre figli. Un uomo inaffidabile come marito e come padre, verrebbe da dire che nascondesse la sua vera vita dietro quelle lenti opache. Perché era stato un acceso nazionalista, difensore della causa dell’indipendenza delle Fiandre, prima di collaborare con i nazisti. Per lui valeva il detto ‘il nemico del mio nemico è mio amico’, senza alcuna distinzione. A niente era valsa la resistenza fatta dalla dolce Mientje a tutta la prosopopea del nazismo che Willem portava in casa- l’odiata divisa, il saluto a braccio teso, il busto di gesso di Hitler. Mientje sapeva così poco di quello che lui faceva, di come o dove passava le notti quando non rientrava a casa. Poteva solo sospettare con orrore che cosa fossero quelle lunghe liste che il marito compilava o quale fosse la provenienza di tutti quei soldi che lui maneggiava con disinvoltura. Mientje andava in chiesa e pregava per lui, anche quando diventò chiaro che Willem aveva un’amante.


In città Willem era odiato e temuto. A guerra finita Willem Verhulst fu processato e condannato a carcere a vita, anche se poi la pena gli fu accorciata per buona condotta.

    Nel libro di Hertmans la seconda guerra mondiale è vista da una prospettiva diversa dal solito, da un piccolo stato fagocitato subito dalla grande Germania, già diviso internamente tra fiamminghi e valloni, tra chi si era illuso in un appoggio da parte del Reich e chi invece si schierava dalla parte del Belgio. E Willem Verhulst è un ometto preso in un grande ingranaggio. Dopo averlo conosciuto lo disprezziamo, sia per la sua posizione politica, sia per il suo comportamento come uomo, marito e padre. I suoi figli avevano molto sofferto, Adrian (il professore) aveva scritto un libro in cui parlava di lui, “Figlio di un fiammingo ‘sbagliato’”. Una delle due figlie, invece, aveva scritto un libro sulla madre, “Figlia di una madre fantastica”


Perché il personaggio veramente bello del libro è lei, la dolce Mientje, che continua ad essere fedele ad un uomo che non la merita, che si prende sulle spalle il fardello della famiglia, che, poco prima di morire, scrive una preghiera bellissima- Concedimi sufficiente misericordia per ascoltare le sofferenze degli altri./ Cucimi le labbra sulle mie sofferenze anche se il desiderio di elencarle diventa sempre più forte.- scrive, tra le altre suppliche, tutte espressione di un animo generoso.

    “L’ascesa” è il romanzo di un luogo della memoria, un frammento della sofferta storia d’Europa, una storia d’amore.   


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