giovedì 15 febbraio 2018

Florina Ilis, “La crociata dei bambini” ed. 2011

                                                        Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
            il libro ritrovato

Florina Ilis, “La crociata dei bambini”
Ed. Isbn, trad. Mauro Barindi, pagg. 830, Euro 16,00

Titolo originale: Cruciada copiilor


Noi restiamo, professoressa! Il treno è dei bambini! Nel treno ci sono solo bambini? chiese totalmente sbalordita, Sì! E’ la crociata dei bambini! Così è stato detto al telegiornale! E’ scritto anche sui giornali! La nostra lotta non è ancora finita, i bambini di strada hanno bisogno di noi! Sono arrivati da tutto il paese! Come?! Sapeva lei, professoressa, che loro dormono nelle fogne e che mangiano quello che trovano nei rifiuti! Sono come noi, ma la gente li scaccia! Se lasciamo il treno, saranno loro a essere presi per essere portati in prigione o nei centri di accoglienza per l’infanzia!



   Capita di rado che, fin dalle prime pagine di un libro, si abbia la sensazione immediata che quello che stiamo leggendo è un gran bel libro, che è un libro importante, di quelli che lasciano un segno. Accade così per “La crociata dei bambini” di Florina Ilis.
Capita di rado che un romanzo di più di 800 pagine non abbia cedimenti, che tenga desta l’attenzione per tutta la sua lunghezza: non lasciatevi intimorire dalla mole del romanzo della Ilis, non si corre il rischio di annoiarsi, anzi, a tratti ci si diverte, per poi scoprire che, divertendoci, abbiamo letto qualcosa di tremendamente serio.
    C’è una stazione, quella di Cluj in Romania, e ci sono due treni su due binari affiancati: il rapido in partenza per Bucarest e l’accelerato speciale delle vacanze che porterà i bambini alla colonia estiva. Zoom dell’obiettivo della scrittrice sui personaggi, una ripresa breve su ognuno, giusto per introdurli. Ci ritornerà sopra, impareremo a conoscerli. Sul rapido c’è gente ben vestita che va a Bucarest per lavoro- il giornalista Pavel, un tal Alexandru Aldeman che è molto compreso di sé e della sua importanza- oppure per prendere un aereo (la donna con le unghie laccate di rosso che deve raggiungere il marito in America) o per inoltrare una richiesta di permesso per emigrare in Canada (la giovane Sabina). C’è anche una signora che era venuta a Cluj nella speranza di incontrare la sorella gemella, separata da lei durante un bombardamento più di mezzo secolo prima.
Più vivace, irrequieta e chiacchierina, la folla dei ragazzini accompagnati dai genitori che attende di salire sull’accelerato delle vacanze. Sul marciapiede del treno ci sono anche tre bambini di strada- orfani, ladruncoli. Due saliranno (abusivamente, s’intende) sul rapido e uno, Calman, sull’accelerato, spinto da un inconscio desiderio di essere come quei bambini spensierati che hanno una famiglia. Lo stile di Florina Ilis è veloce, impiega solo le virgole, niente punti ma la lettera maiuscola dopo una virgola ci suggerisce una breve pausa. E per collegare le scene inquadrate dall’obiettivo che si sposta, la Ilis usa una parola- meno spesso un’immagine-, come fosse l’anello di una catena che si aggancia ad un altro. Un esempio: la mamma del ragazzino Octavian pensa al suo matrimonio che annega nell’indifferenza, pensa che sotto le fattezze del marito che dorme accanto a lei potrebbe anche nascondersi un asino (come nella favola). “Che somaro sono!”, esordisce il padre di Alina nel flash seguente, quando si accorge che non ha più il portafoglio.
      I treni partono. Conversazioni educate sull’uno; musica, spensieratezza, ebbrezza di libertà sull’altro. Succederà, ad un certo punto, che i bambini, su suggerimento (istigazione?) di Calman, si impadroniranno del treno delle vacanze, forzando il macchinista a cambiare direzione puntando su Bucarest e bloccando dall’esterno le porte degli scompartimenti dei professori. Sembra un gioco, dapprima, uno di quei giochi simulati che questi bambini di oggi fanno sul computer. Il capo indiscusso, per la sua esperienza di lotta per la sopravvivenza, è Calman, che ha una nonna zingara, una sorellina rinchiusa in un centro per minori e ha perso la madre da poco. Calman che vuole arrivare a Bucarest per l’elezione del capo dell’imbocco principale delle fognature e ha una richiesta prioritaria da fare agli adulti: liberare i bambini di strada chiusi nei centri di assistenza. Accanto a Calman- biondo e lacero principe zingaro- il bambino Cazimir che sfoggia un completo da calciatore come quello del suo idolo David Beckham, uno dei tanti bambini privilegiati e viziati dalla famiglia, bambini con cellulare e computer, con falsi occhiali alla Harry Potter come Denis, che indossa anche una maglietta che crede gli garantisca l’invisibilità.

    In apparenza, ma solo in apparenza, c’è qualcosa di simile tra “La crociata dei bambini” (il giornalista Pavel rievoca una vera crociata di bambini agli inizi del secolo XIII, un movimento che gli storici collegavano al culto degli innocenti) e “Il signore delle mosche” di William Golding, premio Nobel 1983. In entrambi i romanzi dei bambini si trovano a doversi gestire da soli, organizzando una mini-società che, fino ad un certo punto, segue la falsariga di quella degli adulti. In entrambi i romanzi il finale sarà drammatico, perché la violenza è inevitabile. Ci sono dei morti e dei feriti sia ne “La crociata dei bambini” sia ne “Il signore delle mosche”. Ma il contorno dei due libri è radicalmente diverso e diverso è pure il messaggio che contengono.
     Dietro “La crociata dei bambini” c’è la Romania liberata da Ceauşescu che tuttavia si aggira ancora per il paese, come un fantasma dell’orrore. “Molto meglio ai tempi di Ceauşescu”- dice un macchinista- “quando manco ti sognavi di fare quello che ti passava per la testa. Non è facile con tutta questa libertà. I rumeni non se la meritano, che ne sanno che cos’è? Non ne sanno un fico secco, a loro devi dire solo quello che devono fare e lo fanno!”, c’è la corruzione a tutti i livelli (una retata della polizia nei locali della prostituzione ha scarso effetto: il capo stesso della polizia ha messo sull’avviso ‘il Barone’), commercio di armi, di droga. Soprattutto commercio di bambini: adozioni illegali, bambini venduti per il mercato del sesso, bambini comprati per filmini porno, bambini costretti a rubare.
Chiedono “il diritto di non rubare più” i bambini cenciosi che da tutto il paese convergono verso il treno dell’innocenza. Chiedono il diritto all’innocenza. Perché è poi questo, la crociata dei bambini: l’adesione spontanea ad un movimento che rivolge una supplica al mondo degli adulti- che i bambini possano essere bambini. E gli adulti non capiscono, suppongono che il treno sia nelle mani dei terroristi, arrivano in forze per combattere, mandano elicotteri. Poi si indagano (ma sono una minoranza) sulle loro responsabilità verso questi bambini che tutto sommato conoscono poco, presi come sono da affari e interessi. Il grido di questi bambini travalica i confini della Romania, arriva fino a noi che mai ci siamo chiesti il perché di questa marmaglia lacera che ‘infesta’ pure le nostre strade, che ci attende ai semafori rossi: sono gli orfani delle carceri di Ceasuşescu, dei ‘desaparecidos’ rumeni, i figli non abortiti (quando l’aborto era severamente punito in Romania), abbandonati sulle soglie degli orfanotrofi (luoghi quasi peggio dei carceri).

     C’è un viaggio (con tutti i significati metaforici che ha un viaggio), c’è un treno (anzi, ricordiamo che ce ne sono due, perché seguiamo le vicende anche dei viaggiatori adulti del rapido, fermo per lasciar passare l’accelerato) che ha una direzione e una meta (qual è la meta delle nostre vite?), c’è un percorso di crescita per tutti personaggi, adulti e bambini (tantissimi). Per Pavel che, ricordando uno stupro di gruppo a cui ha preso parte a sedici anni, si chiede davanti a quale tribunale si debba dichiarare il furto della propria anima. Per Sonia, la bimba bionda che, alla partenza, ha affidato alla nonna il coniglietto di pezza con le orecchie rosa e che vede nella toilette del treno il primo sangue sulle mutandine. Per la signora Cristea che ha la tentazione di tradire il marito e per il ragazzino Tiberiu che si rifiuta di tradire i compagni con il padre, agente dei servizi segreti.
    Ci sarebbe ancora molto da dire sul romanzo di Florina Ilis, ma lascio a voi scoprire la ricchezza di questo libro che pare una favola, il racconto di un’avventura da ragazzi, e poi si rivela essere qualcosa di molto più profondo, a tratti comico, e poi drammatico, grottesco, tenero- bellissimo.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



      

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