domenica 4 febbraio 2018

Max Blecher, “Cuori cicatrizzati” ed. 2018

                                                 Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
          autobiografia
         romanzo di formazione
        FRESCO DI LETTURA

Max Blecher, “Cuori cicatrizzati”
Ed. Keller, trad. B. Mazzoni, pagg. 240, Euro 13,17
    
   Come tutti i libri che nascono dall’esperienza personale, “Cuori cicatrizzati” ha un’urgenza e un pathos speciali. C’è la voce di Max Blecher, scrittore rumeno morto  a soli ventinove anni di tubercolosi spinale, in quella del suo protagonista Emauel, studente di chimica a cui viene diagnosticata la stessa malattia con la prescrizione di recarsi per una cura in un sanatorio sul mare del Nord. E il lettore non riesce mai a dimenticare l’autenticità dell’esperienza che sta leggendo.
    La diagnosi era arrivata come un fulmine a ciel sereno. D’altra parte è proprio dei giovani credersi immortali come gli dei greci, esenti dal rischio di malattie. Se accadono, accadono agli altri. Emanuel parte per Berck e si rende subito conto che la sua visione del mondo cambierà del tutto, semplicemente perché anche lui, come gli altri pazienti, verrà ingessato e si sposterà su un lettino, restando sempre sdraiato.

Cambia la prospettiva da cui guarda quello che lo circonda e cambia anche quella della sua vita. Impossibile non porsi domande su quale sarà il decorso della malattia, se mai si tornerà a camminare eretti, se mai si riprenderà a camminare affatto. Ad Emanuel sembra di vivere in un altro mondo che nulla ha a che fare con quello di prima. E, con una tristezza infinita, si rende conto anche di come potrebbero apparire ridicole certe scene a degli estranei- tutti loro, pazienti del sanatorio, sembrano antichi romani che pranzano sdraiati sul triclinio o che praticano sport audaci quando corrono sulle dune della spiaggia con i mezzi specialmente adattati per loro.
   Emanuel diventa un esperto della tubercolosi- sono tutti degli esperti. Ogni paziente ha da raccontare una sua storia di sofferenza e di speranza. Perché la speranza è l’ultima a morire, anche se, per sperare, c’è chi beve troppo e chi si illude. C’è chi ricorda ‘come era’ guardando fotografie che sono testimonianze di forza, bellezza e virilità, ci sono giovani donne che, pur sdraiate e ingessate, ci tengono a essere vestite e truccate, fioriscono e sfioriscono di continuo gli amori tra i pazienti. Ci sono poi coloro che, come accade al protagonista de “La montagna incantata”, sono guariti ma non riescono ad allontanarsi- sono rimasti prigionieri, sono incapaci di riprendere in mano le fila della quotidianità.
dal film tratto dal libro
   Amicizie ed amori permettono agli ammalati di combattere la depressione della loro condizione. E anche Emanuel si innamora. Di una donna che ci ricorda volutamente il fascino di Madame Chauchat nel romanzo di Mann per gli zigomi alti e lo sguardo leggermente mongolo che attirano l’attenzione. Amore, desiderio e poi abitudine e voglia di solitudine e che tutto finisca. Ma dopo- sembra facile, dopotutto è quello che si sperava- si sarà capaci di riprendere a camminare eretti, di ricominciare a vivere?
   C’è aria col sapore di sale, in “Cuori cicatrizzati”, e non quella frizzante di e cristallina di Davos. C’è spesso foschia e grigiore di pioggia, come una cortina di lacrime sulla sorte dei ricoverati nel sanatorio. Quando Emanuel, dimesso, parte, guardando fuori dal finestrino vede “in lontananza, la città, simile a un vaporetto che affonda, scompariva nell’oscurità.”. Affondano tutte le brutture, il buio inghiotte i ricordi di quello che è stato, il treno della vita è ripartito.

    Il romanzo di Max Blecher è un Bildungsroman autobiografico nel microcosmo di un sanatorio- una sorta di limbo, terra di confine tra la vita e la morte dove l’inerzia obbligata porta alla riflessione. Non ha la grandiosità del capolavoro di Thomas Mann e neppure la ricchezza di approfondite disquisizioni che troviamo ne “La montagna incantata”, e però l’immediatezza della voce di Emanuel, dietro cui si nasconde lo stesso autore, con gli angoscianti quesiti repressi sull’equità della sorte, gli conferisce una qualità più umana e toccante.


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