martedì 1 aprile 2014

Kader Abdolah, "Il corvo" ed. 2013

                                                     eventi
                                                     incroci di civiltà
                                                     Voci da mondi diversi. Asia

Kader Abdolah, “Il corvo”
Ed. Iperborea, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, pagg. 107, Euro 9,50
Titolo originale: De Kraai

Non è che proprio tutti siano diventati tassisti o fruttivendoli, naturalmente. Molti hanno proseguito gli studi e trovato un buon lavoro. Le donne in particolare hanno approfittato del nuovo stato di cose per conquistarsi una condizione dignitosa. Eppure è come se quella prima generazione di profughi avesse messo da parte i suoi sogni per offrire migliori opportunità ai figli. Sono come gli atleti di una staffetta che passano il testimone al gruppo successivo.

    Questa è la storia di Refid Foaq, iraniano immigrato in Olanda, sensale di caffè, scrittore per vocazione.
    Questa è la storia di Kader Abdolah, nato in Iran nel 1954 e rifugiato politico in Olanda dal 1988, che è riuscito a far sua la lingua del paese che lo ha accolto, tanto da aver l’onore della richiesta di scrivere il ‘libricino’, il libro-omaggio della Settimana del Libro Nederlandese. Il ‘libricino’ che deve rispettare una lunghezza prestabilita e che è, appunto, “Il corvo”.
    Il titolo scelto da Abdolah è suggestivo: il corvo appare spesso nei racconti della tradizione persiana, è un testimone che osserva tutto dall’alto, è un custode della cultura, è un messaggero alato che valica i confini. Come il corvo, anche il protagonista del racconto di Abdolah, così come altri personaggi che vi appaiono, ha superato confini, ha portato la sua cultura e il suo passato in altri paesi, cancellando le frontiere.
    “Voglio raccontarvi quello che è successo e come sono finito in Lauriergracht n.37”- e quello che è successo ha radici lontane, nel tempo e nello spazio. Inizia in un paese che si chiamava Persia finché, nel 1959, fu stabilito che entrambi i nomi, Persia e Iran, potevano essere usati. Regnava ancora lo scià che, però, accettando l’aiuto americano, segnava viepiù l’americanizzazione del paese. Inizia con un padre falegname e con un ragazzo che ama leggere e che, per amore della lettura, affronta anche libri americani, con l’aiuto di un dizionario: è il segno di una curiosità intellettuale che lo accompagnerà sempre, che sarà uno stimolo fortissimo, quando le vicende della Storia lo obbligheranno a lasciare l’Iran.

    C’è il tono distaccato della lontananza, nel racconto di Kader Abdolah. La pacatezza di chi ha accettato la durezza della sorte ed è grato del destino che gli è toccato, paragonandolo a quello di altri meno fortunati di lui. L’intelligenza e l’apertura mentale di chi ha saputo non restare prigioniero della sua identità e dei suoi ricordi. A tratti veloci, nello spazio del centinaio di pagine che gli sono concesse, Abdolah, sotto lo pseudonimo di un amico conosciuto all’università, un medico del Kurdistan arrestato e ucciso durante la rivoluzione, traccia la storia della sua vita, le letture e i primi scritti, la rivoluzione, l’attentato all’ambasciata americana e l’incontro con la ragazza che avrebbe sposato. E poi l’esilio, la fuga attraverso la Turchia, l’attesa estenuante per i documenti, i soldi sufficienti soltanto per una destinazione “minore”, per un piccolo paese grigio e piatto nel nord dell’Europa. Dall’Iran all’Olanda è un capovolgimento radicale, un ripartire da zero, un gettarsi alle spalle tutto ciò che si era. Ma Refid Foaq è caparbio, ha i piedi saldi sulla terra e sa che solo un lavoro manuale- anche se non gli si confà- può permettergli di vivere, che è necessario imparare la lingua del posto. Sogna altro, però. Sogna di diventare quello che sperava di diventare prima che la sua vita si spezzasse. Come tanti altri iraniani in esilio, diseredati del loro futuro. Capisce anche che deve far incrociare i due mondi, filtrare la cultura dei suoi antenati dentro quella dell’Occidente.
   E’ una splendida e intrigante sorpresa, per il lettore, trovare accostate opere poetiche persiane e testi fondamentali della letteratura olandese. Soprattutto lo scrittore si appropria del romanzo ottocentesco “Max Havelaar” con i suoi riferimenti alla politica coloniale olandese e al commercio del caffè: sembra un dettaglio irrilevante e, invece, c’è poco che renda l’idea del cambiamento radicale subito da un uomo che viene dal paese in cui il tè offerto nei bicchieri di vetro è la bevanda nazionale e che finisce a vendere caffè. Così come il paesaggio che lo circonda è esattamente l’opposto di quello che ha lasciato- la piattezza grigia dell’Olanda è illuminata dal ricordo azzurro della magica Isfahan.


   “Il corvo” non è solo la storia di Rafid Foaq alias Kader Abdolah. Ogni pagina del suo travagliato viaggio verso una destinazione ignota ci fa pensare alle tragedie dei barconi carichi di migranti di cui abbiamo letto di recente, a vite di cui non sappiamo nulla, ad ambizioni stroncate, ad umiliazioni inghiottite, ad una volontà di andare avanti ad ogni costo e nonostante tutto.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

lo scrittore Kader Abdolah

Nessun commento:

Posta un commento