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premio Strega 2024
Donatella Di Pietrantonio, “L’età fragile”
Ed.
Einaudi, pagg. 192, Euro 18,00
È
l’anno terribile in cui il mondo si è fermato per la pandemia. Amanda ha preso
uno degli ultimi treni in partenza da Milano per tornare a casa, nel paesino
degli Abruzzi vicino a Pescara. Non è più la ragazza che è partita baldanzosa,
il futuro che le illuminava gli occhi. Si chiude nella sua stanza, non mangia,
non parla. Lucia (la madre, voce narrante del romanzo) non sa come comportarsi-
dove ha sbagliato? Non ha capito quanto lo scippo subito l’avesse segnata?
Sarebbe dovuta partire subito per Milano, per esserle vicino? Sì, certamente
sì, senza accontentarsi della telefonata.
Per una delle coincidenze della vita, quello che è accaduto ad Amanda si allaccia a un episodio gravissimo che ha spaccato in due la giovinezza della stessa Lucia, perché si torna a parlare del Dente del Lupo, un terreno che appartiene a suo padre e che ora lui vuole diventi suo con una donazione. In realtà vuole togliersi dall’imbarazzo di dover decidere se accettare un’offerta di acquisto del terreno, la qual cosa coinvolgerebbe anche gli interessi dell’amico Osvaldo.
Il Dente del Lupo. Osvaldo. Il campeggio,
un’idea della moglie di Osvaldo, che doveva attirare i turisti e che adesso era
abbandonato e in rovina. Le tre ragazze scomparse, trent’anni prima. Una era la
figlia di Osvaldo, le altre due erano venute in vacanza, erano sorelle, il
giorno della scomparsa avevano già lo zaino pronto per ripartire. Adesso la
figlia di Osvaldo vive in Canada e torna raramente a casa, le due sorelle non
partiranno mai più per nessuna destinazione. Erano state trovate morte. Lucia
aveva partecipato alle battute di ricerca, con l’ansia e la paura che le
attanagliavano il cuore. Poteva esserci anche lei, tra le vittime. La sua
amica, la figlia di Osvaldo, le aveva chiesto di unirsi a loro in quella breve
gita, lei aveva preferito raggiungere le amiche al mare ed ora si sentiva in
colpa per non averla invitata- si vergognava del suo annaspare nell’acqua.
Donatella Di Pietrantonio ha preso spunto da un evento di cronaca nera di cui si possono leggere i dettagli su internet- il delitto del Morrone avvenuto il 20 agosto 1997 in un bosco nei pressi di passo san Leonardo sul monte Morrone. Fu un delitto particolarmente efferato che colpì l’opinione pubblica, che non poteva non avere un effetto traumatico sulle ragazze della zona che rivivevano dentro di sé la sorpresa, la ferocia, la paura, la fuga, quasi fossero esse stesse le fragili vittime nell’età fragile in cui si ha ancora fiducia nel prossimo, in cui neppure si immagina che qualcuno possa farci male.
E
allora il Dente del Lupo che attira l’attenzione di Amanda, che la spinge ad
unirsi ai pastori e ai contadini che protestano contro la vendita del terreno
per delle costruzioni che snatureranno quel luogo silvestre, diventa un doppio
simbolo, il simbolo di una doppia lotta con quel nome che convoca un’idea di
minaccia. Lotta contro il pericolo sempre in agguato per le donne e lotta in
difesa della natura, perché non venga violentata, perché la sua innocente
bellezza venga preservata.
Da un fatto di cronaca, dimenticato da
tutti tranne che da chi ne è stato ferito, Donatella Di Pietrantonio trae un
romanzo di realtà e sentimenti, di fatti crudi in una natura aspra e di legami
famigliari complessi, con un padre severo, una figlia silenziosa, un ex marito
i cui abiti sono ancora in casa di Lucia, un’amica che si è allontanata dopo il
trauma subito anni prima. E, anche se manca di originalità, il romanzo piace
per il linguaggio piano e pulito, per la semplicità che ben si addice al
paesaggio scabro in cui è ambientato.
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