domenica 25 giugno 2023

Lea Ypi, “Libera” ed. 2022

                                               Voci da mondi diversi. Albania

                                             romanzo autobiografico


Lea Ypi, “Libera”

Ed. Feltrinelli, trad. E. cantoni, pagg. 304, Euro 18,00

 

   All’inizio del libro, alla fine degli anni ‘80 in Albania, è ancora una bambina Lea, la scrittrice nonché voce narrante di “Libera”. È una voce incantevole che, con l’innocenza e l’ingenuità dei bambini, accetta quello che le viene detto sulla realtà che la circonda, sul socialismo, sulla grandezza e la magnanimità di ‘zio Enver’, come la maestra insegna ai bambini a chiamare Enver Hoxha, l’ultimo fedele stalinista d’Europa. Lea piange perché il padre non l’ha portata al funerale dello zio Enver nel 1985, continua a chiedere che venga appeso il suo ritratto in soggiorno, come nelle case dei suoi amici, e proprio non capisce perché sia necessario attendere di trovare una cornice giusta. Lea sorride e trova motivo di divertimento nelle code fuori dai negozi e negli stratagemmi per mantenere il posto assentandosi dalla coda. C’è un’ironia spontanea e inconsapevole nella maniera in cui la bambina riporta i discorsi dei grandi che le risultano noiosi. Non fanno che parlare di questo e di quello, di chi si è laureato e dove, di chi ha interrotto gli studi, delle materie che hanno studiato. Molto più tardi saprà che quello era una sorta di linguaggio cifrato, che ‘laurearsi’ significava essere usciti dalla prigione. Lea si arrabbia quando deve spiegare, in classe, che non è affatto parente di quel primo ministro sostenitore dei fascisti che aveva il suo stesso cognome (era il suo bisnonno, in realtà).

Enver Hoxha

     La famiglia di Lea è composta da padre, madre e dalla nonna paterna a cui lei è molto legata. C’è un’atmosfera strana, in casa, e noi lettori ci rendiamo conto di quello che la bambina non può capire. Vengono dette parole, frasi, che hanno un sottile significato nascosto- l’opposizione al regime non può manifestarsi apertamente, i muri hanno orecchie, i bambini non possono distinguere quello che si può raccontare fuori della porta di casa e quello che non si può.

    Tutto cambia dopo il 1990, quando, in dicembre, iniziano le manifestazioni studentesche che portano alla caduta del comunismo. C’è un’immagine che ben rappresenta questo stravolgimento: Lea, spaventata dai disordini, corre nel giardino, rifugiandosi dietro la grande statua di Stalin, stringendola in un abbraccio simbolico. Ma la statua è già stata decapitata dai manifestanti.

È iniziata la liberalizzazione tanto attesa del paese, ma il passaggio non è affatto facile e anche il tono del libro cambia, l’ironia si attenua, cresce la perplessità davanti a questa agognata libertà e alle sorprese che questa riserva. C’erano persone che Lea conosceva sulla nave Vlora che attraccò a Bari nel 1991, stracarica di ventimila passeggeri di cui i più furono rimandati indietro. L’amica di Lea ce l’aveva fatta, a emigrare. E poi? Erano giunte notizie di lei- si manteneva facendo la prostituta. L’Italia, come l’America sognata a suo tempo dagli emigranti italiani, non era il paradiso che avevano immaginato.


     Lea Ypi non è più la bambina dell’inizio del libro, è la giovane donna che si è laureata alla Sapienza di Roma (negli anni dell’infanzia seguiva un corso di lingue straniere trasmesso dalla televisione albanese) ed è professoressa di Filosofia Politica alla London School of Economics and Political Science, e il libro, da romanzo di formazione in un paese comunista, diventa, con l’evolversi dei tempi, una sorta di saggio in cui la madre, il padre e la nonna della protagonista rappresentano idee diverse di libertà e offrono altrettanti spunti di riflessione. Perché, in definitiva, neppure il sistema capitalistico offre la tanto vantata libertà- sì, c’è una libertà promessa a livello istituzionale ma che in realtà non si può realizzare, perché la ricerca del profitto di alcuni sopprime la libertà di altri.

  Un episodio del libro rappresenta molto bene il ‘prima’ e il ‘dopo’ in Albania. È un piccolo episodio buffo che ci fa sorridere e ci fa sentire in colpa nello stesso tempo. Una lattina vuota di Coca Cola è al centro del contendere tra la famiglia di Lea e i vicini di casa. Quanto era ambita una lattina rossa vuota! La madre di Lea l’aveva messa su un centrino di pizzo e ci aveva infilato una rosa- il simbolo di un mondo irraggiungibile che sembrava bellissimo. Poi la lattina era scomparsa. Quella che era apparsa in casa dei vicini era stata rubata a loro? Ne era seguito un litigio.

     Dopo, con l’arrivo del capitalismo in Albania, tutte le lattine erano finite in pattumiera.



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