sabato 5 novembre 2022

Håkan Nesser, “Partita a scacchi sotto il vulcano” ed. 2022

                                                                     vento del Nord

      cento sfumature di giallo

Håkan Nesser, “Partita a scacchi sotto il vulcano”

Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 392, Euro 19,00

 

     Punti a favore di Gunnar Barbarotti, l’ispettore svedese di origini italiane protagonista dei romanzi di Håkan Nesser:

     -il suo umorismo, prima di tutto. Barbarotti sdrammatizza ogni situazione con le sue battute ricche di humour e- questo ci piace molto- è anche spesso autoironico.

     - non è un uomo depresso e non beve come invece fanno spesso altri ispettori della scena nordica della letteratura poliziesca. Può essere intristito, preoccupato (in questo romanzo sta passando un periodo di crisi con la compagna Eva Backman), ma sono quelle emozioni o stati d’animo che fanno parte della vita di ognuno.

     - il suo interlocutore, quasi l’amico invisibile che è il compagno di molti bambini. Nel caso di Barbarotti questo ‘amico’ a cui si rivolge in tono confidenziale è Dio- ci siamo abituati fin da quando lo abbiamo conosciuto nei primi romanzi, è forse un retaggio delle sue origini italiane? E comunque le preghiere che Barbarotti rivolge a Dio non sono mai per richieste miracolose e hanno sempre un tono scherzoso, pronto ad accettare il silenzio come risposta.

    - la sua grande famiglia, con i figli suoi, quelli della moglie che è morta troppo presto e quelli della nuova compagna.

   - Villa Pickford, la casa gioiosa che accoglie tutti quelli che vogliono soggiornarci.

    Sono tutte queste cose che fanno di Gunnar Barbarotti un ispettore diverso dal solito e molto simpatico.

immagine dalla serie televisiva

     Gunnar Barbarotti non entra subito in scena in questo nuovo romanzo, “Partita a scacchi sotto il vulcano”. Le prime 50 pagine, con gli avvenimenti di ottobre e novembre 2019, potrebbero avere per titolo “Ultimi giorni e morte di uno scrittore”, proprio lo stesso titolo del romanzo breve che Franz J. Lunde sta scrivendo e che noi leggiamo alternandone le pagine a quelle intitolate “Realtà”. In “Realtà” è Franz J. Lunde il protagonista che racconta l’inquietudine per qualcosa che gli è accaduto e di cui risentiamo parlare dal suo alter ego, lo scrittore John Leander Franzén che è il personaggio del suo manoscritto. Entrambi parlano di uno stalker, di un uomo (ma potrebbe essere una donna travestita da uomo) che, alla fine di una presentazione, si è avvicinato allo scrittore bisbigliandogli una frase che contiene un’accusa e una minaccia. Fatto sta che lo scrittore scompare dal suo albergo dopo aver consegnato quelle che sono le pagine iniziali del nuovo romanzo breve.

     Forse la misteriosa scomparsa di Franzén verrebbe presto accantonata se non fosse che è seguita da quella di una poetessa. C’è una coincidenza strana: anche la poetessa, in un suo scritto, parla di un messaggio accusatorio che ha ricevuto dopo un paio di presentazioni. Che collegamento c’è tra i due scrittori’? Pagine di brevi capitoli in corsivo potrebbero darci qualche indizio, peccato (oppure per fortuna) che li comprendiamo solo alla fine.


   È a questo punto che interviene Gunnar Barbarotti, perché le scomparse sono avvenute nei dintorni di Kymlinge, la cittadina immaginaria dove lavora. Non si approda a niente per mesi e mesi, con le indagini. Dall’inverno del 2019 si arriverà a giugno del 2020 prima di capire che cosa sia successo, prima di trovare una traccia concreta. È come se i due scrittori si fossero volatizzati (se ne è aggiunto un terzo, un critico letterario spietato). Sullo sfondo la pandemia del coronavirus e quasi un quadro di Bosch al contrario si delinea davanti a noi- strade deserte, negozi chiusi, saluti con il gomito, i morti che aumentano in mezzo alle polemiche sulla politica adottata in Svezia dal Ministero della Salute. Il tutto non è molto diverso da quello che abbiamo vissuto noi e spiega anche il titolo- la gente muore come mosche e ci si occupa di tre scrittori che forse sono morti? È un poco come- immaginiamo Pompei- dilettarsi a giocare a scacchi mentre il vulcano sta eruttando lava di fuoco.

    C’è un ultimo punto a favore del nostro Barbarotti: c’è poco sangue nei casi di cui si occupa, non ci sono scene cruente di delitti efferati e neppure serial killer patologicamente disturbati. Non sono romanzi ‘gialli’ che ci fanno sobbalzare al minimo rumore nel buio. Ma sono altamente piacevoli.

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