sabato 14 maggio 2022

Grete Bøe, “Mayday” ed. 2022

                                                                     vento del Nord

           thriller politico

Grete Bøe, “Mayday”

Ed. Longanesi, trad. , pagg. 360, Euro 19,90

 

    L’inizio del romanzo di Grethe Bøe è folgorante. E raggelante, anche letteralmente. Una giovane donna giace nella tundra ghiacciata, forse è ferita e comunque incapace di alzarsi in piedi, e una gigantesca aquila reale volteggia su di lei, cala sul suo corpo, la morde con il becco tagliente. Poi il racconto torna indietro e riprende dall’inizio.

     Bødo. Norvegia. Ylva Nordhal è una delle pochissime donne pilota di aerei da caccia F16. Sarà accompagnata da un copilota americano, John Evans, in una esercitazione orchestrata dalla NATO. Si tratta di una sorta di esame per Ylva, una donna molto sicura delle sue capacità ma in soggezione davanti al burbero americano che è molto più vecchio di lei e ha anche molta più esperienza. Di lui si sa che ha combattuto in tutte le guerre americane degli ultimi anni, che è stato fatto prigioniero in Libia, che non è crollato sotto le torture. È crollato dopo. Il che ha significato la fine del suo matrimonio.


   Da sempre i rapporti tra Russia e Norvegia sono tesi, il confine tra i due stati (lungo 196 km.) è sorvegliato, il filo spinato lo costeggia e la terra di nessuno è un campo minato. La Russia teme quello che pare un assedio da parte delle forze della NATO, è pronta a reagire alla prima mossa sospetta, una terza guerra mondiale è una minaccia continua. E durante il tranquillo volo di Ylva succede un incidente. Casuale o provocato? Un aereo da caccia russo tallona un elicottero di rifornimento norvegese, a Ylva viene ordinato di scortare l’elicottero e a questo punto sembra che il caccia russo ce l’abbia con lei. Un’ala dell’aereo russo sfiora la parte inferiore dell’ala dell’aereo di Ylva (in questo momento è Evans ad aver preso il comando), l’avionica dell’aereo va in tilt, è impossibile guidarlo, impossibile sapere dove si sta dirigendo, impossibile sapere che ha sconfinato…


     Questo è solo il preambolo di una trama gelida e serratissima in cui i due piloti (uno di loro, Evans, è ferito) si trovano a dover fuggire per cercare di raggiungere la Norvegia, inseguiti dagli specnaz (le forze speciali russe) e ad un certo punto anche dai Titani (forze militari private americane). Gli uomini sono i nemici più pericolosi, ma la natura non scherza. Anche se Ylva, la cui madre era sami, si trova a suo agio nella distesa di neve e ghiaccio, è innegabile che le temperature che arrivano a 20 sotto zero, le tempeste di neve, perfino i lupi che fiutano il sangue, siano ostili ai due piloti. E l’americano supponente, che aveva guardato con lieve disprezzo quella che sembrava una ragazzetta, deve ricredersi. I ruoli vengono scambiati. Ylva è la più forte, e non solo perché Evans lotta contro la cancrena, il dolore, la febbre. Ylva è la più forte perché ha la sapienza dei sami, è capace di scavare una truna per ripararsi, sa quello che deve fare per scongiurare un congelamento, ricorre a cantare un joik per calmare Evans, quella nenia sami che la faceva addormentare da piccola.


     Restiamo con il fiato sospeso fino all’ultimo, ancora di più quando sappiamo che da entrambe le parti si vuole che Ylva scompaia dalla circolazione e che Ylva aveva avuto ragione quando, era solo una bambina, diceva che aveva visto un’ombra uscire di casa, la notte che suo padre (pure lui un pilota) era morto. Embolia cerebrale. Avevano detto. Si salveranno i due piloti? Qualcuno schiaccerà il pulsante che farà scoppiare la terza guerra mondiale?

     L’amarezza non è del lettore, perché questo è un ottimo thriller politico. È l’amarezza del cittadino del mondo nel rendersi conto- d’accordo, questo è solo un romanzo, ma i libri servono anche per porre domande e seminare dubbi- di quanto siamo manovrati, di quanto le guerre non siano casuali, di quante persone senza scrupoli siano pronte a scatenare conflitti per proprio interesse. E allora quel titolo, “Mayday”, non è la richiesta di salvataggio lanciata solo dall’F16, ma anche la nostra.

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