Mi era rimasto il desiderio di parlare con Ritanna Armeni fin da quando
avevo terminato la lettura di “Una donna può tutto”. Mi aveva colpito la sua
capacità di unire la Storia del tutto sconosciuta delle ‘streghe della notte’,
come i tedeschi avevano soprannominato le donne pilota dell’Armata Rossa, con
le loro piccole storie, con i ricordi della loro esperienza. Sono stata
ugualmente colpita da questa sua bravura nell’unire il pubblico con il privato
nel libro appena uscito, “Mara”- ancora il tempo di guerra, in Italia però, ancora
una storia di donne che cercano la loro strada verso l’emancipazione.
E ne parliamo con la scrittrice.
Avevo letto “Una donna può tutto” e mi era piaciuto moltissimo. In quel
libro si parlava di donne russe pilote di aereo, qui si parla di donne
italiane- eppure c’è un filo conduttore che va al di là di avere delle donne
come protagoniste. Ci vuol parlare di questo filo conduttore?
Il filo conduttore è la libertà femminile che, paradossalmente in due
paesi diversi come l’Unione Sovietica e l’Italia, cerca di esprimersi sotto due
regimi fortemente autoritari, il comunismo e il fascismo. Due regimi molto
differenti, perché il comunismo prevede l’emancipazione femminile mentre il
fascismo la nega. Entrambi, però, vogliono essere loro a modellare la donna
secondo una certa immagine. Il desiderio di libertà che le donne vogliono si
esprime in maniera diversa nei due libri: nell’Unione Sovietica con la
decisione delle donne di combattere il nemico- il loro desiderio di libertà si
unisce allo spirito patriottico; in “Mara” si manifesta in una donna che, pur
aderendo al fascismo che vuole che le donne siano mogli e madri sottomesse,
ambisce a raggiungere la sua emancipazione fatta di studio, seguendo un modello
femminile che non corrisponde a quello del regime.
Pensando a questo filo conduttore mi viene da chiederle se pensa di
scrivere altri libri seguendolo.
I miei libri hanno sempre riguardato
le donne- è l’argomento che conosco meglio e non penso che mi staccherò da
questo modello. Accade spesso agli scrittori di avere un tema dominante- per me
è il desiderio di libertà e di emancipazione femminile. E sì, può darsi che
questo sia ancora il soggetto di un altro mio libro.
È come se Mara e Nadia fossero dapprima la stessa persona che poi si
sdoppia, ognuna segue la sua strada, ma è la controparte dell’altra. Sono state
tante le donne che, come Nadia, hanno seguito il Duce fino alla fine?
Le volontarie nella repubblica di Salò sono
state 6000, donne che hanno portato all’estremo la loro adesione al fascismo.
L’adesione delle donne si rompe con la guerra, si esaurisce con la guerra. È il
momento di rottura ultima interiore con il regime. Le donne che hanno superato
mille difficoltà si trovano ad affrontare adesso la guerra, il lavoro- perché
ora, con gli uomini al fronte, anche le donne devono lavorare-, la protezione
dei loro cari, l’educazione dei figli, la lotta per la sopravvivenza. Tutto
questo fa scattare un sentimento di estraneità al regime. Nadia è un’eccezione.
Mara è la ragazza comune che ha aderito al fascismo e farà poi un percorso
all’interno della democrazia. Le donne come Nadia, le 6000 donne che seguirono
le sorti del Duce, erano in una fascia di età dai 18 ai 40 anni. Erano donne
convinte della loro fede politica, che si univano alle ausiliarie perché
risentite dell’onore tradito dagli uomini, ‘noi possiamo fare meglio di loro’ era
quello che volevano dimostrare, avevano voglia di combattere. Da sempre, nella
Storia, le donne approfittano delle occasioni, di un varco attraverso cui farsi
avanti: il fascismo ha bisogno di loro, del loro aiuto, e loro sono abituate al
sacrificio.
Mi ha colpito che si sia verificato lo stesso fenomeno di fascinazione in
Italia e in Germania, questa adorazione per il leader forte al di là di tutto.
Considerando che- inutile negarlo- Hitler ha impersonificato il Male ancora più
di Mussolini- è paradossale che le donne innamorate di Hitler siano state
ancora più fanatiche: valga l’esempio di Unity Mitford. Come si può spiegare?
La fascinazione è tuttora molto viva, ha un’origine antica ed è la
fascinazione nei confronti dell’eroe o di chi si presume essere un eroe. Per
questo, all’origine di una vera cultura antifascista ci deve essere la lotta
contro l’eroe. L’eroe è colui che risolve le difficoltà- se non si va alla
radice di questo, si riprodurrà sempre lo stesso meccanismo, che si presenta
anche nei regimi democratici. Appena c’è un movimento, ecco che spunta un
leader. Solo il movimento delle donne è esente da questo. È una fascinazione
che colpisce di più nelle donne perché è ammantato dal sentimento: le donne
esprimono il loro sentimento, è questo che rende la fascinazione che le donne
provano verso il leader diversa dalla stessa fascinazione che provano gli
uomini.
Nel suo libro Lei dice che elevando la donna a figura di moglie e madre,
Mussolini la nobilitava rispetto alla donna-ombra dell’800. A me pare un
piccolissimo passo avanti, le donne sono pur sempre sottomesse all’uomo.
È una contraddizione del regime. In passato la donna con tanti figli
veniva considerata poco più di una vacca, invece con il fascismo viene premiata
per avere una famiglia numerosa, intravvede di sé la figura pubblica che
corrisponde all’idea di donna che ha il fascismo e non a un’idea di
emancipazione. Il fascismo soffoca la forza femminile ma non la uccide: è un
regime che si muove tra contrapposizioni. Vengono dati assegni famigliari, c’è
una tassa da pagare per chi non si sposa, premi per le madri. Eppure nei primi
dieci anni del fascismo la natalità crolla. Gli esseri umani fanno come
vogliono. Il tutto si incrocia con la condizione sociale, culturale, geografica
di un paese. A me interessa guardare che cosa c’è dentro il buio, mi interessa
guardare dentro le contraddizioni, le cose sono sempre più complicate di come
appaiono. “Mara” è un inno alla complessità- è più stimolante.
Mi sembra che la maturazione di Mara, come donna della sua epoca, abbia
due momenti importanti- sono la decisione di iscriversi all’università e il
mettere l’amore in stand-by i cambiamenti cruciali?
Sì, il controllo dei propri sentimenti è non lasciarsi andare alla
subordinazione. L’amore per un uomo può esprimersi in modi diversi. Mara arriva
a pensarlo senza farsi condizionare. Se la motivazione principale nella vita
non è sposarsi, ci sono altre priorità. Noi ci siamo arrivate con la
scolarizzazione degli anni ‘60 ma già in Alba de Céspedes il sentimento d’amore
non fa diventare il matrimonio la cosa più importante che soffoca tutto il
resto della propria persona.
Nel libro ci sono due narrative: come ha proceduto nella stesura per far
sì che l’una fosse il commento dell’altra?
È stato difficile, anzi è stata la cosa più difficile. Ho sempre fatto
la giornalista e pensavo che le parti in corsivo sarebbero state facili e
invece è stato l’opposto. Ogni capitolo di Mara mi dava un’ispirazione. Ma
succedeva anche il contrario: leggendo per documentarmi mi capitava di trovare
cose che illuminavano di più la narrazione. Non è stato automatico. Nei corsivi
non volevo essere una storica, piuttosto volevo affiancare la voce di Mara alla
voce di una donna antifascista che raccontava sapendo quello che sarebbe
successo, con piccole luci che illuminavano l’ambiente in cui si muove Mara.
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