giovedì 8 ottobre 2015

Yan Lianke, “Servire il popolo” ed. 2006

                                                     Voci da mondi diversi. Cina
                                                              il libro ritrovato



Yan Lianke, “Servire il popolo”
Ed. Einaudi, trad. Patrizia Liberati, pagg. 139, Euro 10,00


     L’ironia, sia intesa come capovolgimento di quanto si vuole dire, sia come esagerazione al limite del paradosso, è l’arma migliore in letteratura per smontare una tesi o per distruggere un’idea ritenuta falsa o assurda, o comunque sbagliata. Si veda Voltaire o Swift, per ricordare due esempi. E l’ironia è la chiave di lettura di questo gustoso e divertente romanzo breve dello scrittore cinese Yan Lianke, “Servire il popolo”.
    Il titolo è chiaramente una citazione di uno dei famosi slogan del Presidente Mao e verrà ripetuto di continuo nel corso del romanzo, perché è intorno a questo ordine che si svolge la trama della commedia. Che sarebbe poi una trama banale da commedia amorosa, con un marito importante e cornuto, una moglie giovane e vogliosa e un attendente fin troppo servizievole. Se non ci fosse l’ambientazione- la Cina della Repubblica Popolare- che fa sì che il balletto degli amanti volteggi troppo pericolosamente sul bordo del palcoscenico.

   Il soldato Wu Dawang ha il compito esclusivo di preparare i pranzi in casa del Comandante di divisione e si è guadagnato il posto perché ha saputo recitare a memoria le 286 citazioni dalle opere del Presidente e i suoi tre discorsi, uno dei quali è “Servire il popolo”, per l’appunto: Ricordare sempre che servire in casa dei superiori vuol dire servire il popolo. Parole splendide per tenere ognuno al proprio posto e una tavoletta in legno con questa scritta in rosso è in bella vista nel soggiorno della casa del Comandante, a memento silente. Che fare quando il Comandante si assenta e la moglie richiede da Wu Dawang dei servizi diversi? C’è qualche altra frase di Mao che possa venire in aiuto? Wu Dawang vorrebbe essere fedele alla moglie, pensa al figlio neonato, ma è giovane, la moglie del Comandante è molto bella e invitante, un altro suo superiore gli fa capire che il popolo va servito ad ogni costo. Anche entrando nel letto del Comandante.

     Inizia così una storia di amore e di sesso rovente, goduta appieno proprio perché proibita, perché è chiaro che la moglie non è soddisfatta del marito anziano (circolano voci sulle cause dei suoi precedenti divorzi), perché il tempo a disposizione è breve. E, come tutte le storie d’amore, segue una parabola ascendente, raggiunge il culmine, discende alterandosi, perché subentra la stanchezza. Grandiosa la scena in cui nessuno dei due vuole essere da meno dell’altro e, in una prova d’amore, vengono infranti e calpestati quadri con citazioni e sacre immagini di Mao: non è solo un atto blasfemo ma anche pericoloso.
E mai ci viene permesso di dimenticare che questa non è una storia d’amore come le altre, qui si tratta di servire il popolo- quando crolla la resistenza interiore di Wu Dawang è come se crollasse la Grande Muraglia, frasi di Mao vengono pronunciate in un contesto che le rende ridicole (“Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo…Forza cuciniamo, vediamo chi è più bravo”), i protagonisti sembrano muoversi animati da un burattinaio. Quanto poi il burattinaio abbia effettivamente tirato i fili, lo scopriremo alla fine.


la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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