mercoledì 17 gennaio 2024

Ben Pastor, “La finestra sui tetti e altri racconti con Martin Bora” ed. 2023

                                                                      cento sfumature di giallo

                                                  seconda guerra mondiale


Ben Pastor, “La finestra sui tetti e altri racconti con Martin Bora

Ed. Sellerio, trad. Luigi Sanvito, pagg. 403, Euro 16,00

 

     Lo aspettavamo. È tornato Martin, a pochi giorni di distanza dalla festività di san Martino, che sarebbe anche stato il suo compleanno, 110 anni per la precisione, come ci ricorda la sua autobiografia fittizia a fine libro.

“La finestra sui tetti” non ci fa incontrare Martin riprendendo la storia della sua vita a Salò, dove lo abbiamo lasciato nel 1944. Non è un epilogo, purtroppo dovremo restare con il fiato in sospeso per sapere che ne sarà di lui, se riuscirà a sfuggire alla Gestapo, se riuscirà a sopravvivere alla guerra, quali decisioni dovrà prendere. Il titolo del libro appena pubblicato da Sellerio procede con ‘e altri racconti con Martin Bora’. È una raccolta di racconti, dunque, stralci di vita di Martin raggruppati in due gruppi per due tempi diversi. Il primo vede Martin sul fronte orientale, nel secondo Martin si è spostato in Italia. C’è un nodo centrale in ognuno dei due tempi, qualcosa che, in maniera diversa, ha cambiato radicalmente la vita di Martin Bora. Stalingrado nelle storie sul fronte orientale, l’agguato dei partigiani che ha lasciato Martin menomato in quelle sul fronte italiano.


    Gli amici di Martin, noi lettori, sappiamo che c’è sempre un filone ‘giallo’, un’indagine di cui Martin si incarica, in tutti i romanzi. C’è sempre un morto su cui si indaga, uno su migliaia di altri morti intorno a cui non c’è nessuna indagine da fare, uccisi dalla guerra. È come se si volesse mantenere un bagliore di giustizia in un mondo in cui la giustizia pare essere scomparsa.

Le indagini di Bora sono per lo più un filone esile- si tratti dell’omicidio di una strega-prostituta in Ucraina,


di due vecchietti a Praga che scavano una fossa nel buio (pochi giorni dopo ci sarà l’attentato a Heydrich, il boia di Praga, l’organizzatore della Soluzione Finale), del maestro che denuncia il figlio, del delitto passionale nel veronese, del gioielliere ucciso per una spilla ‘nodo d’amore’, dello strano vecchietto che passa le giornate sempre sullo stesso treno- e il nostro interesse non è rivolto alla loro soluzione, piuttosto alle riflessioni di Bora, ai cambiamenti che lui stesso rileva su se stesso e sui suoi ideali.
Heydrich

Martin non è più il ragazzo che è partito baldanzoso per prendere parte alla guerra in Spagna nel 1937. Della Spagna affiora il ricordo costante di Remedios, la donna che gli ha fatto scoprire l’amore, il nome femminile che ricorre più spesso, insieme a quello della moglie Benedikta, Remedios che gli ha insegnato ad amare Benedikta. Aveva ragione il suo patrigno, però, riguardo a Benedikta. Il ricordo da struggente di nostalgia nei primi quattro racconti diventa amaro negli ultimi quattro. Doveva forse aspettarsi quello che sarebbe accaduto tra di loro, dopo che lei lo aveva supplicato di non tornare a Stalingrado, dopo che aveva smesso di scrivergli quando lui aveva perso la mano nell’agguato e non era più ‘integro’. Racconto dopo racconto, è un Martin sempre più disilluso, sempre più triste quello che continua a compiere il suo dovere, ponendosi sempre più domande sul significato di quello che accade, su come si possa restare umani in un mondo disumano, come si possa restare vivi quando si è visto tanta morte. E poi il rovello, il tormento che non gli dà pace, la morte del fratello- ne è lui responsabile, in qualche misura?

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