mercoledì 1 marzo 2023

Uwe Timm, “Come mio fratello” ed. 20023

                                           Voci da mondi diversi. Germania

                                    seconda guerra mondiale

     La casa editrice Sellerio ha ristampato questo libro molto bello, già pubblicato una ventina di anni fa da Mondadori. Vale la pena di leggerlo e di rileggerlo. Pubblico qui la mia recensione del 2005, uscita a suo tempo sul sito www.stradanove.net

 

 


Uwe Timm, “Come mio fratello”

Ed. Sellerio, trad. M.Carbonaro, pagg 224, Euro 14,00

 

     Sembra quasi che ci sia un’urgenza di parlare, di ricordare, di mettere insieme i frammenti del passato prima che sia troppo tardi, perché, se è un passato di sessanta anni fa, sono scomparsi quasi tutti i suoi protagonisti e non manca molto tempo prima che scompaia anche chi è diventato erede delle loro storie. E’ per questo, forse, che c’è una fioritura di nuovi libri sulla seconda guerra mondiale, soprattutto illuminanti un’altra Germania, vedi “Dresda” di Edward Taylor (Mondadori) che ricostruisce i giorni del bombardamento che rase al suolo la “Firenze sull’Elba”, o “Il cospiratore” di Wibke Bruhns (Longanesi), che narra la storia di suo padre, condannato a morte per aver preso parte all’attentato contro Hitler del 20 luglio 1944.

     In “Come mio fratello” è la breve vita di suo fratello che Uwe Timm  esamina, rileggendo le sue lettere e il suo diario di guerra. Poche lettere al padre e alla madre, il diario brevissimo di un soldato bambino, dal 14 febbraio al 6 agosto 1943. Il 19 settembre Karl Heinz era stato ferito, gli avevano amputato entrambe le gambe, era morto un mese dopo. Aveva solo diciotto anni, Karl Heinz, quando si era arruolato nelle Waffen SS e Uwe era un bambino di tre anni. Come Wibke Bruhns ne “Il cospiratore”, anche Uwe Timm vuole cercare di capire perché sia successo quello che è successo, in Germania e nella sua famiglia.


E il procedimento è lo stesso: bisogna riandare alla prima guerra mondiale, per immedesimarsi nell’atmosfera degli anni ‘30, quando Hitler era salito al potere trascinando le folle dietro di sé. L’attenzione dello scrittore si sposta di continuo dal passato del padre e della madre a quello del fratello e della sorella (la primogenita, profondamente segnata dal disinteresse del padre nei suoi confronti, in quanto figlia femmina), e ritorna con insistenza alle pagine del diario, con un quesito assillante: a quali operazioni aveva preso parte Karl Heinz in Russia? Che cosa aveva visto e come lo aveva vissuto? Possibile che in quelle frasi smozzicate non ci fosse nessuna riflessione sulle imprese delle SS? Era una deformazione bellica vedere nel soldato russo solo “un boccone” per la sua mitragliatrice? Che diverso destino avrebbe avuto se si fosse arruolato nella Wehrmacht?

E poi, in un salto in avanti nel tempo, Uwe Timm ricorda gli anni dell’immediato dopoguerra, quando tutta la Germania era un cumulo di macerie, i discorsi degli adulti, il coro dei “non sapevamo niente”, l’antiamericanismo del padre. E di nuovo il diario: ci sono frasi che Uwe sa a memoria, come quella che suo fratello ha scritto nell’ultima pagina, “Qui chiudo il mio diario perché trovo assurdo fare un resoconto delle cose orribili che a volte succedono.”  E’ come se Uwe Timm volesse con tutte le sue forze credere in una reazione etica da parte del fratello- e ad un tratto si rende conto che il solo fatto di tenere un diario era stato un segnale di ribellione, perché severamente proibito. E anche l’ufficiale che aveva rimandato a casa gli effetti personali di Kark Heinz aveva infranto le regole, perché doveva ben saperlo. Piccoli indizi per “salvare” una parte della Germania.

     Un libro sofferto che scava nel senso di colpa di tutto un popolo.



Nessun commento:

Posta un commento