lunedì 7 giugno 2021

Stefania Auci, “L’inverno dei leoni” ed. 2021

                                                                       Casa Nostra. Qui Italia

                 saga

Stefania Auci, “L’inverno dei leoni”

Ed. Nord, pagg. 688, Euro 20,00

 

    Eccola Franca Florio, la leonessa di Sicilia, nel quadro di Boldini. Eccola, bellissima, con un misto di sensualità e tristezza, volutamente provocante quasi a rivaleggiare con le donne con cui il marito Ignazio la tradiva, con la collana di 349 perle che sarebbe stata poi venduta all’asta e la spilla di diamanti ad illuminare la scollatura. Suo marito si era infuriato per la gelosia, vedendola nel quadro- e pensare che ogni gioiello era seguito ad un tradimento, era stato regalato a Franca per acquietare la sua gelosia.

    E’ Franca Florio la vera protagonista de “L’inverno dei leoni”, il seguito della storia dei Florio che Stefania Auci aveva iniziato a raccontarci ne “I leoni di Sicilia”. O forse è tale soprattutto per le lettrici che si appassionano alla vicenda della sua vita accanto ad un uomo che diceva di amarla, che la ammirano e soffrono con lei, per la sua solitudine, per la perdita dei figli, per la perdita di tutto, alla fine- della vita scintillante, dei soldi, delle case, dei gioielli che erano ricordi di sofferenza ma che le davano un’aria da regina.


      In realtà è Ignazziddu al centro della narrazione di questo romanzo in cui il titolo, che allude alla stagione invernale, ci raggela- this is the Winter of our discontent, senza però nessuna luce a rallegrare perché nessun figlio maschio erediterà il nome dei Florio.

Nella prima parte del libro (quasi 700 pagine ma vorreste ce ne fossero di più) prosegue l’ascesa di Ignazio Florio, il suo arricchimento dovuto a grandi intuizioni e un’ottima capacità di gestire il patrimonio. Ignazio Florio è come re Mida- tutto fiorisce sotto il suo tocco. La tonnara di Favignana, il vino liquoroso di Marsala, la fonderia dell’Oretea, la compagnia navale. Anche se ormai le ville Florio (splendide per architettura e arredamento, l’Olivuzza, l’Arenella, la villa di Favignana) parlavano della ricchezza della famiglia, Ignazio Florio non aveva dimenticato la casa in via dei Materassai e il negozio di aromi da cui tutto era iniziato. Ignazio conosceva i suoi dipendenti per nome, cercava di mediare i contrasti, era generoso. La Sicilia si reggeva sull’impero dei Florio- dalle mense per i poveri ai centri di assistenza, dal Politeama al Teatro Massimo (il più grande d’Italia con una cupola bronzea di manifattura dell’Oretea), tutto parlava della munificenza dei Florio.


   Accanto a Ignazio una grande donna, la baronessa Giovanna. Lei innamoratissima di lui, lui l’aveva sposata per acquistare una parvenza di nobiltà. Il cuore di Ignazio era altrove, ma il suo comportamento era sempre stato ineccepibile e lei, Giovanna, si era accontentata, con grande dignità.

      Il giovane Ignazziddu non poteva competere con quel padre morto troppo presto. A differenza del padre, lui si era sposato per amore. A differenza del padre lui non si curava di essere sulla bocca di tutti per le sue storielle e per i regali favolosi che faceva alle varie amanti. Dall’esterno era facile vedere come tutto sarebbe precipitato, come la cattiva gestione unita a consigli sbagliati, l’arroganza di presumere di poter fare meglio del padre, la superficialità nel lanciarsi in imprese fallimentari, la leggerezza dei prestiti chiesti, e poi quello spendere, spendere, spendere per mantenere un tenore di vita uguale o superiore a quello di un re, avrebbero portato alla rovina. E quando si cade dall’alto, la caduta è tanto più rovinosa.


     Quella dei Florio è la caduta degli dei. Con loro cade tutta la Sicilia, cade un mondo. Resta il loro nome, resta la leggenda.

     Quando si inizia a leggere il seguito di un romanzo molto amato, si teme che questo non soddisfi le aspettative, si ha paura di restare delusi. E invece c’è magia nel libro di Stefania Auci, se possibile “L’inverno dei leoni” è ancora migliore del libro precedente. E’ più ricco, perché i tempi sono più ricchi di avvenimenti e di cambiamenti, più maturo. Con un dosaggio sapiente la scrittrice alterna pagine in cui viene analizzata l’economia dei Florio, della Sicilia e dell’Italia, in cui si soppesano i rischi e i vantaggi di certe imprese commerciali, si valuta come procurarsi il denaro o fare pressioni sugli interventi del governo, e pagine più intime, più mondane, sulle vicende famigliari, nascite dei bambini, morti strazianti, amori e tradimenti, ricevimenti, chiacchiere e consigli di donne, descrizioni di abiti, gioielli, menù per gli ospiti ma anche gare automobilistiche, soggiorni in città all’estero, visite di sovrani stranieri che riconoscevano la grandiosità di quello che i Florio avevano raggiunto, anche se non erano loro pari per grado.


    E poi ci sono gli squarci di Sicilia. Ha una qualità pittorica, la narrativa di Stefania Auci. Le sue parole descrivono, ricreano, ci fanno vedere e ‘odorare’ la Sicilia. Così quando le fiamme divorano l’Olivuzza, nel puzzo di bruciato, nel rossore dell’incendio, non vediamo solo la fine di una casa, ma di un mondo. ‘Noi fummo i Gattopardi, i Leoni’, diceva il Principe di Salina. Anche i Leoni sono scomparsi e le ceneri dell’Olivuzza sono come la polvere del manto del cane Bendicò scaraventato fuori dalla finestra che sembra danzare nell’aria muovendo le zampe rampanti come quelle del Gattopardo.


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La recensione sarà pubblicata su www.Stradanove.it



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