mercoledì 9 giugno 2021

Han Shaogong, “Il dizionario di Maqiao” ed. 2021

                                                   Voci da mondi diversi. Cina



Han Shaogong, “Il dizionario di Maqiao”

Ed. Einaudi, trad. P. Liberati e M. R. Masci, pagg. 392, Euro 22,00

 

     La lingua è una sorta di incantesimo, e un dizionario è una scatola che può liberare migliaia di demoni.

     Ci sono due parole contrapposte, una positiva e una negativa, in questa frase dello straordinario romanzo di Han Shaogong, “Il dizionario di Maqiao”: ‘incantesimo’ e ‘demoni’. Se l’incantesimo suggerisce un pizzico di magia (non può essere un caso che il nome del villaggio, Maqiao, riecheggi il famoso Macondo), i demoni richiamano invece alla mente sofferenze e paure.

    L’esperienza di Maqiao è stata entrambe le cose, magia e sofferenza, per lo scrittore che passò sei anni a Maqiao, con i giovani istruiti che dovevano essere ‘rieducati’ lavorando la terra insieme ai contadini. Un paese ‘accoccolato fra due risaie in una valle lunga e stretta’, abitato da una quarantina di famiglie, decine di mucche, maiali, cani, galline e anatre.

Per ricordare quegli anni, per ricostruire la vita quotidiana del villaggio, Han Shaogong sceglie la forma narrativa di un dizionario che riporti il significato di parole di uso comune e a questo agganci i ritratti dei suoi personaggi, gli abitanti di Maqiao. Perché- riflette lo scrittore- la vita non è un’unica linea di cause ed effetti, la realtà è sfaccettata e un romanzo non può ridursi ad un unico discorso.


  La lingua di Maqiao è singolare- prima di tutto perché molte parole vengono usate in modo da significare il loro opposto (e siamo liberi di pensare che venga in gioco l’ironia come strumento politico) e ‘chi arriva a Maqiao doveva abituarsi a questo genere di frasi contraddittorie, vaghe, ambigue, elusive, incerte, che volevano dire una cosa e il suo contrario’, così ‘sveglio’ vuol dire ‘sciocco’, ‘addormentato’ significa ‘intelligente’, ‘piccolo fratello maggiore’ vuol dire in realtà ‘sorella maggiore’ perché mancano gli appellativi femminili. Alcune di queste parole sono bellissime, come ‘disperso’ che significa ‘morto’ (e naturalmente, come per ogni voce, lo scrittore commenta, spiega, esemplifica con casi di abitanti ‘dispersi’), o ‘drago’ che è il membro maschile (la storia che segue è di Wan Yu che aveva la fama di donnaiolo e invece si scopre, alla sua morte, che non aveva il ‘drago’ e quindi neppure il suo unico figlio era ‘suo’), Ligelang che ha un suono onomatopeico e si usa per gli amori giocosi e poco regolari.


      “Il dizionario di Maqiao”, a differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, non è un libro che implica un giudizio su quella terribile epoca della Rivoluzione Culturale, ma è tante altre cose insieme- una galleria di personaggi visti con lo sguardo affettuoso di chi ha lavorato spalla a spalla con loro, ha patito la fame con loro, ha partecipato alle chiacchiere sull’uno e sull’altro, ha condiviso il dolore dell’uomo che ha perso il figlio che giocava con una bomba giapponese inesplosa; una riflessione sul linguaggio e sul significato diverso che una parola può avere a seconda delle esperienze personali di ognuno, sulla ricchezza e l’ambiguità dei caratteri cinesi per cui lo stesso carattere può voler dire cose differenti a seconda di come è pronunciato (un annunciatore della radio fu condannato a 15 anni di carcere perché aveva sbagliato a leggere un carattere).

La soggettività della lingua è quanto mai evidente nel confronto che Han Shaogong ebbe, anni dopo, con un americano che lo lasciò sconvolto. Il dizionario dell’americano era del tutto diverso, per lui le sofferenze dei cinesi di cui chiedeva erano materiale di cui scrivere e parlare. Più amare erano e più brillavano di luce ‘fantastica’, quello che era dolore vissuto dagli uni era fonte di contentezza per gli altri. C’è allora più di una verità?


     Ed infine, last but not least, il romanzo di Shaogong è una meditazione sul tempo, partendo dall’osservazione che gli abitanti di Maqiao sono privi del senso del tempo perché la grammatica non fa differenza tra passato, presente e futuro. Il tempo non scorre in modo costante e lineare e quello che più conta per l’uomo è il tempo interiore e questo tempo diventa sempre più veloce, sempre più breve, ‘fino a trasformarsi in uno zero, fino a scomparire in un battito di ciglia, senza lasciare traccia’. Quanta saggezza in queste parole, come nella divisione dei periodi di vita che si fa a Maqiao, dove la vita pregiata è quella prima dei 18 anni, la vita piena è prima dei 36 e quella dozzinale, senza valore, è quella che segue. Sarà sempre più dozzinale tanto più si allunga, meglio morire giovani, allora.

      Un libro molto bello, da centellinare per coglierne le sfumature, l’umorismo, la profondità, la ricchezza nella povertà.

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