mercoledì 15 ottobre 2014

Roberto Ampuero, "El ultimo tango de Salvador Allende" ed. 2014

                                                  Voci da mondi diversi. America Latina
                                                         Cento sfumature di giallo

fresco di lettura

Robero Ampuero, “El Ultimo tango de Salvador Allende”
Ed. Sudamericana, pagg. 384
Edizione italiana: “L’ultimo tango di Salvador Allende”, Mondadori, Euro 13,60

    Ci sono date impossibili da dimenticare. Date che ricorrono nella Storia del mondo per averla segnata con un cambiamento epocale, o con qualche evento drammatico o rivoluzionario. Penso al 9 di novembre, particolarmente significativo in Germania (proclamazione della Repubblica nel 1918, la Notte dei cristalli nel 1938, la caduta del Muro nel 1989). Penso all’11 di settembre che i più ricordano per l’attacco terroristico alle Torri Gemelle nel 2001, ma che è legato anche al colpo di stato militare del 1973 in Cile e alla fine dell’utopia di Salvador Allende. Ed è verso l’11 settembre 1973 che si srotola inesorabilmente il nuovo romanzo di Roberto Ampuero, “L’ultimo tango di Salvador Allende”- un titolo che ci incuriosisce, suggerendo un aspetto privato di quell’uomo a cui gli occhiali dalla pesante montatura nera davano un’ aria severa, e nello stesso tempo c’è un’anticipazione di tragedia nell’aggettivo ‘ultimo’ che annulla qualsiasi immagine di futilità.
    In questo romanzo non appare Cayetano Brulé, il detective degli altri libri di Roberto Ampuero. Un poco mi è spiaciuto, ma è un punto a merito dello scrittore, quello di non sfruttare un personaggio già creato, a cui si farebbe poca fatica aggiungere qualche ritocco. Non è questa l’unica novità, nel romanzo di Ampuero. Perché ci sono due narratori e due narrative, una nel presente e una nel passato, e la storia che leggiamo finisce per ruotare intorno a Salvador Allende, ma non solo. Diventa la storia di un paese, di un’utopia, di persone che si pensa di conoscere perché ci stanno vicino e invece si scopre che non sapevamo nulla di loro. Perché ognuno di noi è uno, nessuno e centomila, ognuno ha il suo doppio, o una maschera (tema caro a Roberto Ampuero, come già abbiamo visto ne “Il caso Neruda”).
Salvador Allende
    Il presente è il 2008. Victoria, la figlia di David Kurtz, è morta. Ha espresso un desiderio: che le sue ceneri siano consegnate a Héctor Aníbal, in Cile. I Kurtz avevano vissuto a Santiago del Cile, negli anni della presidenza di Allende. David si spacciava per fotografo, una copertura a cui pochi credevano. Che ci faceva un gringo nel Cile disastrato, a meno che non fosse un agente della CIA? Victoria si era iscritta all’Università a Santiago, David e la moglie non avevano mai capito come potesse interessarsi alle popolazioni indigene di un tempo remoto. Poi, però, erano tornati negli Stati Uniti, Victoria si era sposata: Héctor Aníbal era stato il suo grande amore mai dimenticato? Nel baule che Victoria gli ha indicato, David Kurtz trova anche un quaderno. Incomincia a leggerne il contenuto, anzi a tradurlo con fatica. Ed è questa la seconda narrativa del romanzo. E’ Rufino a raccontare, un uomo che faceva il panettiere- aveva conosciuto Salvador Allende quando entrambi frequentavano un circolo di anarchici, ora deve chiudere il negozio perché non si trova più farina, come non si trova più quasi niente da mangiare se non al mercato nero, e Allende gli offre un lavoro come cuoco e suo assistente a La Moneda.
    David Kurtz ritorna in Cile dopo trentacinque anni, con l’urna delle ceneri e il quaderno, alla ricerca di Héctor Aníbal ma, proseguendo la lettura dello scritto di Rufino, la ricerca (quale paradossale ironia, un agente della CIA che indaga sulla propria figlia) diventa anche un esame dei motivi che hanno condotto alla fine di Allende, e poi una ricerca di David dentro se stesso, una forzata revisione delle sue azioni e del paese per cui agiva (non credo che sia un caso che il cognome Kurtz sia lo stesso di quello del protagonista di “Cuore di tenebra” di Conrad le cui ultime parole prima di morire erano state, ‘l’orrore, l’orrore’), con la consapevolezza che il passato ci insegue.
il bombardamento del palazzo de La Moneda 1973
Intanto dal quaderno di Rufino esce fuori un inedito Salvador Allende. Rufino sottolinea la somiglianza fisica tra lui e il presidente- una volta Allende era potuto uscire dalla Moneda vestito nei panni di Rufino. Rufino è il doppio di Allende. Rufino è l’uomo della strada che vede che manca il pane da mangiare, Allende è l’uomo che viene dalla borghesia, che vola alto, che crede nel socialismo e confida che le durezze del presente siano necessarie per il benessere di tutti nel futuro.   
    C’è un finale che posso rivelare, la morte solitaria di Allende, abbandonato dalla Russia e da Cuba, attaccato da un generale sostenuto dagli americani, e uno- altrettanto tragico- che riguarda la ricerca di David Kurtz su cui non dirò nulla.
Ancora una volta Roberto Ampuero non ci ha deluso, anzi, ci lascia con l’impressione che, romanzo dopo romanzo, aggiunga una tessera ad un vasto puzzle che rappresenta il ‘Cono del Sud’, aggiustando il tocco, rifinendo il disegno, consegnandoci un messaggio.




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