giovedì 13 giugno 2024

Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena ed. 2024

                                                                          Casa Nostra. Qui Italia

   seconda guerra mondiale

Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena

Ed. Neri Pozza, pagg. 224, Euro 18,05

 

    Singapore, Singapura, ‘la città del leone’ in malese, situata sull’estrema punta della penisola malese, su una delle 58 isole che formano un arcipelago.

   Singapore oggi, città stato, quarto principale centro finanziario del mondo, città cosmopolita, secondo paese più densamente popolato del mondo, con un porto che è tra i primi cinque per attività e traffico mondiale.

   Singapore nel passato. Città contesa dalle potenze europee per la sua strategica posizione geografica, passata e ripassata di mano dagli olandesi agli inglesi finché nel 1824 il trattato anglo-olandese accordava ai britannici il controllo di Malacca e Singapore e in cambio gli olandesi ottennevano l’evacuazione britannica di Sumatra, Giava e isole vicine. La Compagnia inglese delle Indie Orientali assumeva dunque il controllo amministrativo di Singapore. Alla fine della prima guerra mondiale gli inglesi realizzarono la grande base navale di Singapore- doveva essere il baluardo contro una possibile invasione giapponese. Singapore sarebbe stata imprendibile.


    E invece Gianni Dubbini Venier, nel suo libro scritto con Giovanni Fantoni Modena, ci racconta quello che accadde alla città imprendibile in cui, nel febbraio del 1942, entrò vittorioso l’esercito giapponese, arrivato da terra e non dal mare verso cui era puntata tutta la difesa- sei giorni di combattimento e poi la resa. Winston Churchill l’avrebbe definita come ‘il peggior disastro e la più grande capitolazione della storia inglese’.

  “Fuga dalla fortezza celeste” ha il fascino del romanzo che è una storia vera, una storia personale con un protagonista ‘vero’ che si muove nella grande Storia e ne porta le cicatrici nel corpo e nell’anima, che è, nello stesso tempo, un grande romanzo di avventura con qualcosa di salgariano nelle descrizioni dello stentato avanzare del gruppo di soldati fuggiaschi nella giungla.


    Si chiama Charles McCormac l’eroe del romanzo e definirlo ‘eroe’ non è solo perché ricopre il ruolo di protagonista delle vicenda, ma perché lo fu veramente- gli fu conferita una medaglia al valore alla fine della guerra. McCormac era un ufficiale della RAF, era già scampato una volta alla morte quando il biplano sul quale volava era precipitato in mare per un guasto, a Singapore aveva sposato una ragazza euroasiatica che era in attesa del loro primo figlio quando i giapponesi conquistarono la città. Lui fece a tempo a farla imbarcare in fretta e furia su una nave affollata di civili in fuga prima che succedesse il peggio. Perché sappiamo la violenza e l’indiscriminata crudeltà dei soldati nipponici che facevano rotolare teste per terra con le loro katane. Charles fu preso prigioniero e internato nel campo di Pasir Pajang dove capì presto che sarebbe morto se non avesse tentato la fuga. Meglio morire fuggendo che sotto le indescrivibili torture che aveva assaggiato. Furono in diciassette a tentare la fuga e solo due di loro dovevano farcela in quei disperati cinque mesi attraverso la giungla indonesiana e poi l’ancora più disperato tentativo di raggiungere l’Australia in una imbarcazione di fortuna.

le singolari case di Minangkabau in cui si imbatterono i fuggitivi

Furono aiutati, a rischio della vita, da indigeni locali ma non furono risparmiati da fame, sete, febbri, malaria, punture di insetti. In realtà un altro di loro sopravvisse e la sua è una piccola storia insolita dentro quella principale- era un donnaiolo, si era innamorato di una ragazza del villaggio che aveva offerto loro ospitalità e non era voluto ripartire. Anni più tardi, a guerra terminata da un pezzo, Charles avrà notizie di lui…
Giovanni Fantoni Modena

   Leilani McCormac Stafford, una delle figlie di Charles McCormac, ha messo l’archivio di famiglia a disposizione degli autori per questo romanzo che termina con un’interessante e intrigante considerazione sulla Singapore di oggi, vista come un ‘assaggio del nostro futuro’, perché ‘un processo di singaporizzazione è in atto in tutti i continenti’. Con questo termine coniato apposta, Gianni Dubbini Venier intende quella morte dello spirito ‘in favore del Leviatano tecnologico’ profetizzata da Spengler. La caduta di Singapore non è stata soltanto l’inizio della fine del colonialismo ma anche la morte del mondo di ieri che ormai non esiste più. “A Singapore abbiamo smarrito la nostra identità”, dice lo scrittore. Ci siamo omologati, grazie alle, o a causa delle, nuove tecnologie.

    Interessante, appassionante, documentato, coinvolgente. Da leggere.



   

 

Nessun commento:

Posta un commento