martedì 27 novembre 2018

Kawakami Hiromi, “I dieci amori di Nishino” ed. 2018


                                                           Voci da mondi diversi. Giappone


Kawakami Hiromi, “I dieci amori di Nishino”
Ed. Einaudi, trad. A. Pastore, pagg. 154, Euro 18,00

    Originale, l’idea di mettere un personaggio maschile al centro di un romanzo e circondarlo di donne, dieci per tutte quelle con cui lui sarà andato a letto. Dieci punti di vista per un personaggio sfuggente, che dà molto poco di sé, grande amatore che è incapace di amare. E’ vero che Yukihito Nishino colleziona donne, infilandole una dopo l’altra come se fossero perle su una collana. Ma è anche vero che sono sempre loro a troncare la relazione. Lo precedono? Avvertono che, in ogni caso, ognuna di loro è una delle tante (riceve telefonate da altre donne anche mentre si trova con l’amata del momento), sostituibile, oggetto di un innamoramento più che di amore.
    Dieci punti di vista su un uomo colto in varie epoche della sua vita, e non in ordine cronologico. Nell’ultima ‘storia’ Nishino ha appena diciott’anni mentre nella penultima ne ha cinquantaquattro ed è in compagnia di una ragazza di almeno vent’anni più giovane di lui che lo tratta con una certa aria di sufficienza. “Era un ragazzo strano”, è l’esordio dell’ultima storia, sappiamo della sua morte improvvisa nella penultima e lo vediamo apparire come spirito o fantasma nel primo di questi punti di vista, quello che è duplice in realtà- Nishino visto dalla madre, che non aveva neppure trent’anni all’epoca in cui era innamorata di lui (che ne aveva quaranta), e dalla figlia, bambina di sette anni che andava con loro in un dehors dove Nishino ordinava per lei un parfait alla fragola (che non piaceva alla piccola). L’interesse di Nishino per la bambina è un poco ambiguo, ma ancora più sconcertante è la storia raccontata da una compagna di scuola (all’epoca sia lei sia Nishino avevano quattordici anni) che non aveva saputo come interpretare la situazione in cui aveva sorpreso Nishino, finché lui le aveva spiegato che la donna che era con lui era sua sorella, che lei aveva perso da poco una bambina e lui cercava di alleviare il suo dolore.

     “Perché non sono capace di amare una donna?”, “Cosa c’è che non va in me?”, chiede Nishino. Che cosa ci sia che non vada in Nishino lo dice un’altra delle donne da lui amate- non si sentiva mai interamente tranquilla con lui, era come se un’aria gelida emanasse dalla sua persona.
     Le storie si rincorrono, si avvolgono su se stesse, si intrecciano, a volte si ripetono ma da un’altra visuale- quando è fidanzato con Manami escono a pranzo con la sua ex, Kanoko, e anche Kanoko, quando è lei a raccontare, parla dell’incontro con la fidanzata di Nishino, Manami. Sono donne di tutte le età che svolgono professioni diverse, una è parecchio più anziana e dice di averlo conosciuto ad un corso di cucina a risparmio energetico, un gatto galeotto di nome Mau è l’occasione per allacciare un nuovo legame, in un’altra storia finisce a letto con l’amica che condivide la mini-casa della ragazza del momento.
     Nishino è freddo, è egoista, è un narcisista. Eppure tutte hanno amato il suo fascino sfuggente. E lo ricordano. Non è difficile per noi interpretare le motivazioni del suo comportamento, non è necessario sapere molto di psicologia per individuare il trauma che lo ha segnato.

L’abilità della scrittrice, in cui riconosciamo lo stesso tratto leggero che abbiamo già ammirato ne “La cartella del professore” (premio Tanizaki) e ne “Le donne del signor Nakano”, è nel non dire nulla esplicitamente, nell’aggiungere dettaglio su dettaglio, sfumare colore su colore nel ritratto di questo tombeur de femmes, e lasciar trarre le conclusioni al lettore.

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