sabato 25 maggio 2024

Anita Likmeta, “Le favole del comunismo” ed. 2024

                                    Voci da mondi diversi. Albania

romanzo autobiografico
romanzo di formazione

Anita Likmeta, “Le favole del comunismo”

Ed. Marsilio, pagg.160, Euro 15,20

 

    Il Paese delle Aquile è il più felice che ci sia- è quello che viene detto di continuo agli albanesi, è come un mantra che, se continui a ripetertelo, ti incanta, agisce come una sorta di ipnosi e finisci per credere in quello che dici, vero o falso che sia. Manca l’acqua corrente, mancano le infrastrutture, mancano i soldi per comperare le scarpe per i piedini dei bambini che crescono in fretta, nelle case non c’è riscaldamento e ci si mette un maglione sopra l’altro, nessuno possiede un televisore e, quando la mamma ne manda uno in regalo dall’Italia, resta lì come un mobile perché non c’è l’elettricità. Ma che cosa importa se si vive nel paese più felice del mondo?


    Ari ha cinque anni e vive con i nonni, la mamma è andata in Italia con altri due bambini, tornerà poi a prenderla. I nonni sono affettuosi, ma Ari non fa che ripetere la domanda- quando verrà a prenderla la mamma?

Il libro autobiografico di Anita Likmeta, nata a Durazzo nel 1985 e arrivata in Italia nel 1997 per ricongiungersi con la madre che era giunta a Bari nel 1991 sulla nave Vlora, è diviso in due parti inframmezzate da ‘favole’.

Nella prima parte- la più lunga- la scrittrice rievoca la se stessa bambina e la vita quotidiana di uno squallore e una miseria che trovano un paragone in una Italia di mezzo secolo prima degli anni in cui cresce Ari. Non per niente l’Italia, dirimpettaia dell’Albania, appare come un paese mitico, il paese di Bengodi. È solo il nonno che non crede affatto che tutto sia così roseo in Italia, che, quando tutti incominciano ad andarsene, dice che lui resterà.

750.000 bunker in Albania

   Ari va con l’asino e le taniche a prendere l’acqua, Ari va a scuola (e la fanno sentire inferiore perché non ha i genitori), Ari deve bere l’uovo crudo che la fa vomitare perché sa di merda di gallina, Ari e i compagni di scuola rispondono alle domande dei giornalisti italiani, Ari difende l’amichetta a cui il maestro dà brutti voti perché è rom, Ari picchiata dal maestro, Ari che ascolta le storie di quando c’erano italiani e nazisti in Albania…fino all’entusiasmo per la caduta del muro di Berlino.

    Alternate a questa narrativa, che è sempre definita nel tempo con una data, ci sono- in corsivo- le favole in cui riappaiono personaggi che abbiamo già conosciuto nelle pagine precedenti, uguali eppure diversi. È come girare una medaglia, come sbirciare nel lato nascosto del felice Paese delle Aquile. Leggiamo della fine della ragazzina rom, del pittore che non voleva sposarsi e arrestato perché gay, del programma spaziale albanese che ti fa volare nello spazio vuotando una bottiglia di rakija, leggiamo perfino della nascita di Ariela, rifiutata dal padre ingegnere (se fosse stata un maschietto ‘se ne sarebbe potuto parlare’). Il tono è favolistico, ironico, mordace, quasi swiftiano, l’effetto che si ottiene calcando sull’esaltare la bontà delle scelte di partito è esattamente il contrario. Da una parte la narrazione disincantata e venata di tristezza della bambina lasciata indietro dalla mamma, dall’altra il racconto di una realtà camuffata da favola per rispondere a quello che si vuol fare credere, che il Paese delle Aquile è il più felice del mondo.


    Poi Ari raggiunge la mamma in Italia, l’inizio non è facile, anzi tutto è difficile. Difficile imparare a conoscere la mamma, imparare una nuova lingua, inserirsi in un altro mondo che ha il gusto squisito della cioccolata. Poi…Ari frequenta il liceo classico, si laurea, diventa imprenditrice nel ramo digital tramite le start up. Ma questa è storia nota, è una favola dei nostri tempi. A questa Cenerentola, che nel libro ha un nome doppiamente significativo, Ariela, che significa ‘Leone di Dio’ (e il leone, anzi, la leonessa in questo caso, è un animale battagliero), ed è anche lo spiritello che Prospero libera dagli incantesimi di una strega nella ‘Tempesta’ di Shakespeare, va il nostro rispetto.



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